Madrid, 21 August, 2017 / 10:00 AM
“La verità è che mai, Gesù, mi sono visto tanto vicino alla tua figura. Siamo così vicini che mi è venuto in mente che i fori delle tue mani sono buone lenti, le migliori, per vedere e certificare la realtà del mondo”. Sono parole della “Preghiera di fronte a una mano forata”, di Manuel Lozano Garrido. È un articolo di giornale. Il primo ad essere entrato nell’Ufficio delle Letture.
Perché Manuel Lozano è beato. Il primo beato giornalista, il primo su una sedia a rotelle, dove fu costretto per metà della sua esistenza dalla spondilite, una malattia dolorosa e degenerativa che lo portò alla cecità e alla morte. Eppure, nonostante le punture di spillo che sentiva in ogni parte del corpo, Lozano, detto Lolo, visse la vita in pienezza. E lo fece da giornalista.
L’articolo “Preghiera di fronte a una Mano forata” è forse il capolavoro di fede di quest'uomo nato nel 1920, attivo nell’Azione Cattolica, coraggioso al punto da portare l’eucarestia tra le linee nemiche durante la guerra civil spagnola che ha provocato tanti martiri cristiani, incarcerato per 18 anni perché troppo cristiano eppure in grado di portare con sé l’Eucarestia davanti alla quale trascorrerà la notte di un Giovedì Santo in adorazione.
Ma Lolo aveva soprattutto bisogno di scrivere, di raccontare. E i suoi racconti erano presi dal fervore evangelico. Quando perse l’uso della mano destra, imparò a scrivere con la sinistra, e quando la malattia gli fece perdere anche l’uso della mano sinistra, registrò i suoi articoli. Cieco negli ultimi anni di vita (morirà nel 1971), detterà gli articoli a sua sorella.
La vita di Lolo racconta di come il giornalismo può davvero rappresentare una forma di evangelizzazione. Tanto che la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha stabilito che il 3 novembre, giorno della memoria liturgica del beato Manuel Lozano Garrido, si potrà leggere durante la preghiera dell’Ufficio delle Letture un articolo del primo giornalista laico che ha raggiunto gli onori degli altari.
È un articolo dell’8 aprile 1963, e pubblicato sull’agenzia Prensa Asociada. “Ciò che si vede – scriveva Lolo - è un mondo come in bilico, e visto che lo stiamo guardando da una finestra tonda si nota subito la verità della tua offerta nei confronti degli uomini, quella sensazione di un cielo con gradini in cui tutti salgono dando la mano a un fratello maggiore’.
A lui si deve anche il decalogo del giornalista: dieci comandamenti tutti da leggere, per comprendere come la fede possa permeare la professione del giornalista.
A partire dal primo: "Ringrazia l’angelo che sulla tua fronte segnò la stella della Verità e che la fa brillare ogni momento”. E poi: ogni giorno partorirai il tuo messaggio con dolore, perché la verità è una brace che si toglie dal cielo e brucia il nostro cuore per illuminare. Tu fai in modo di portarla dolcemente fino ai cuori dei tuoi fratelli.
E ancora: “Tu, quando scriverai, lo dovrai fare in ginocchio per amare; seduto per giudicare, in piedi e con forza per combattere e seminare”; “Apri con stupore gli occhi a ciò che vedrai, e lascia le tue mani riempirsi della freschezza della linfa, in modo che gli altri, quando ti leggeranno, toccheranno con mano il miracolo palpitante della vita;” “Il buon pellegrino della parola pagherà con la moneta della franchezza nella porta aperta della locanda che è ogni cuore”; “Lavora il pane dell’informazione pulita con il sale del buon stile e il lievito dell’eterno. Poi offrilo affettato per avvivare l’interesse, ma non togliere a ciascuno la gioia di assaporare, giudicare ed assimilare”; “Albero di Dio, chiedi di diventare una rovere dura ed impenetrabile all’ascia della lusinga e della corruzione, ma con la tua fronte nel fogliame al momento della raccolta”; “Se chiamano fallimento il tuo silenzio perché la luce manca all’appello, accetta e taci. Guai al povero idolo con i piedi fatti con il fango della bugia. Ma attento anche alla vanagloria del martire quando le parole non si fanno sentire a causa della codardia”; “Taglia la mano che vuole imbrattare, perché le macchie nei cervelli sono come quelle ferite che non guariscono mai”; “Ricorda che non sei nato per la stampa a colori (gialla, nera, rossa..). Né confetteria, né piatti forti. Meglio servire il buon boccone della vita pulita e speranzosa, così come è”.
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