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Un servizio di EWTN News

Giovanni Paolo II, il Papa del perdono

San Giovanni Paolo II è ricordato per migliaia di gesti, azioni, parole, segni che hanno reso così intenso e luminoso il suo lungo pontificato. Ma sicuramente un appellativo può essere assegnato al predecessore di Benedetto XVI: quello di Papa del perdono. Come dimenticare, infatti, le richieste di perdono avanzate a nome della Chiesa con straordinario coraggio da Karol Wojtyla?

Nel corso del Grande Giubileo del 2000, ad esempio, Giovanni Paolo II così parlava in occasione della Giornata del perdono: “Come Successore di Pietro, ho chiesto che "in questo anno di misericordia la Chiesa, forte della santità che riceve dal suo Signore, si inginocchi dinanzi a Dio ed implori il perdono per i peccati passati e presenti dei suoi figli”. 

“Riconoscere le deviazioni del passato - aggiungeva Papa Wojtyla - serve a risvegliare le nostre coscienze di fronte ai compromessi del presente, aprendo a ciascuno la strada della conversione. Perdoniamo e chiediamo perdono! Mentre lodiamo Dio che, nel suo amore misericordioso, ha suscitato nella Chiesa una messe meravigliosa di santità, di ardore missionario, di totale dedizione a Cristo ed al prossimo, non possiamo non riconoscere le infedeltà al Vangelo in cui sono incorsi certi nostri fratelli, specialmente durante il secondo millennio. Chiediamo perdono per le divisioni che sono intervenute tra i cristiani, per l'uso della violenza che alcuni di essi hanno fatto nel servizio alla verità, e per gli atteggiamenti di diffidenza e di ostilità assunti talora nei confronti dei seguaci di altre religioni. Confessiamo, a maggior ragione, le nostre responsabilità di cristiani per i mali di oggi. Dinanzi all'ateismo, all'indifferenza religiosa, al secolarismo, al relativismo etico, alle violazioni del diritto alla vita, al disinteresse verso la povertà di molti Paesi, non possiamo non chiederci quali sono le nostre responsabilità.”

Giovanni Paolo II rimanda al Documento Memoria e Riconciliazione, redatto dalla Commissione Teologica Internazionale, allora presieduta dal Cardinale Joseph Ratzinger.  “Purificare la memoria - si legge nel documento - significa eliminare dalla coscienza personale e collettiva tutte le forme di risentimento o di violenza che l'eredità del passato vi avesse lasciato, sulla base di un nuovo e rigoroso giudizio storico-teologico, che fonda un conseguente, rinnovato comportamento morale”. 

“L'intero processo della purificazione della memoria, - prosegue il testo - in quanto richiede la corretta combinazione di valutazione storica e di sguardo teologico va vissuto da parte dei figli della Chiesa non solo con il rigore, che tenga conto precisamente dei criteri e dei principi indicati, ma anche nella continua invocazione dell'assistenza dello Spirito Santo, affinché non si cada nel risentimento o nell'auto-flagellazione e si pervenga invece alla confessione del Dio la cui misericordia è di generazione in generazione, che vuole la vita e non la morte, il perdono e non la condanna, l'amore e non il timore. Va qui evidenziato anche il carattere di esemplarità che l'onesta ammissione delle colpe passate può esercitare sulle mentalità nella Chiesa e nella società civile, sollecitando un rinnovato impegno di obbedienza alla Verità e di conseguente rispetto per la dignità ed i diritti degli altri, soprattutto più deboli. In tal senso, le numerose richieste di perdono formulate da Giovanni Paolo II costituiscono un esempio, che mette in evidenza un bene e ne stimola l'imitazione, richiamando i singoli e i popoli a un esame di coscienza onesto e fruttuoso in vista di cammini di riconciliazione”.

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