Roma, 27 July, 2017 / 4:00 PM
Da alcuni anni in Rwanda si assiste ad una ‘primavera vocazionale’ con giovani rwandesi che numerose chiedono di accedere alla clausura, come è avvenuto al monastero delle clarisse di Kamonyi, a pochi kilometri da Kigali, fondato agli inizi degli anni ’80 da due suore italiane, suor Giuseppina e suor Miriam, inviate in terra rwandese dalla comunità delle clarisse di Assisi.
Ora sono ben 45 le suore presenti in convento, anche se non sono le uniche vocazioni nate in questi anni, perché man mano che la comunità cresceva, veniva data vita ad un’altra comunità dapprima in Rwanda e poi una nel Burkina Faso, che con il tempo si sono date una articolazione autonoma.
Senza dimenticare le 7 sorelle inviate in Italia, al seguito della consorella delle origini, suor Miriam, che presiede una comunità monastica con altrettante consorelle italiane, a Matelica nelle Marche. Ora, poiché il vecchio monastero non è più in grado di accogliere le giovani rwandesi che chiedono di poter abbracciare la vita monastica, la comunità guidata da madre Maria Letizia Mukampabuka, subentrata nel 2015 alla fondatrice, suor Chiara Giuseppina Garbugli, ha deciso di dare vita a un nuovo monastero. Il progetto predisposto prevede la realizzazione di una prima struttura, dal costo
complessivo che si aggira attorno ad € 160.000, che in futuro con lo sviluppo della comunità monastica e delle strutture di accoglienza potrà diventare una sorta di foresteria per persone desiderose di momenti di raccoglimento e di preghiera.
Il progetto, sicuramente importante, richiede un significativo impegno finanziario che la comunità delle clarisse affida alla Provvidenza che si manifesta anche tramite benefattori ed amici. Alla madre superiora, suor Maria Letizia
Mukampabuka, abbiamo chiesto di raccontarci il ruolo delle consacrate nella Chiesa africana: “Le persone consacrate hanno una forte attività nei Paesi africani, i quali sono ancora in via di sviluppo. Qui in Rwanda come altrove le persone consacrate si occupano di una grande parte dell’educazione nelle scuole a tutti i livelli a anche le Istituzioni di qualche Università Cattolica. Le Consacrate hanno anche un posto molto importante nei settori dalla salute (sanità): ospedali, ambulatori, pronto soccorso. Sia fisico, psichico, morale. In questi settori, le Consacrate trovano modo di Evangelizzare e promuovere azioni di Pace, di Giustizia e l’armonia tra i popoli”.
Come si vive la fede cattolica in Rwanda?
“La Vita Contemplativa è come il motore che attiva dal di dentro tutte queste attività, dandole un’immagine di vita eterna. Attraverso creature chiamate a una vita di preghiera, di lode e di adorazione. Così l’opera dell’uomo si trasfigura e va al di là del visibile e umano per rispondere ai desideri di Dio Creatore e Padre e soprattutto accogliere i suoi disegni d’Amore per l’Uomo, figlio prediletto e il creato in genere. Certo, tutto dipende della fede, comunque si potrebbe dire che il
popolo Rwandese risponde abbastanza bene a questi valori, testimoniando nella vita, momenti di riconciliazione e azioni di unità. Tutto questo lo si può attingere da una vita di Preghiera, incoraggiata anche da modelli Evangelici”.
In cosa consiste la costruzione di un nuovo monastero?
“Ecco il motivo della costruzione di un nuovo monastero, perché è in se stesso un centro di preghiera che diventa Faro che attira l’attenzione dell’uomo che cerca di Dio. Gesù ha detto: ‘Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio’ (Mt 4,4). L’uomo è un affamato di Dio che spesso lo cerca là, dove non è. Il Monastero è come una sorgente dove Dio versa tantissime Grazie per tutti coloro che lo avvicinano e si sentono nutriti e dissetati da Lui. La
vita monastica contemplativa è una forza misteriosa che raggiunge l’anima e il cuore di ogni uomo di buona volontà. Nel monastero vivono creature donate ‘a Dio solo’, gratuitamente per tutta l’umanità. Le clarisse vivono la forma di vita di santa Chiara di Assisi, professando i consigli evangelici e la clausura, adorando la santa Eucaristia e la lode notte e giorno, pregando e supplicando il Signore per tutti coloro che desiderano conoscere più profondamente il Signore aiutandoli ad ‘migliorare la propria vita. Le sorelle vivono in fraternità e lavorando con le proprie mani per la sussistenza ordinaria e si accontentano di una vita semplice e modesta. accogliendo anche le giovani che desiderano vivere la forma di vita di Santa Chiara di Assisi”.
Il vostro monastero ha un legame con il monastero di Matelica: come è nato tale legame?
“Riguardo al legame con il monastero della beata Mattia a Matelica, esso è cominciato nel 2010 quando il Provinciale OFM, padre Vincenzo Brocanelli, e la comunità della beata Mattia ci hanno lanciato una sfida facendoci domanda di un gruppetto di sorelle del monastero di Kamonyi, per rivitalizzare il monastero della beata Mattia a Matelica, dopo una buona riflessione e gli accordi previsti. Quindi tre sorelle rwandesi ed una sorella italiana si sono unite con altre due sorelle italiane, una del monastero di Pollenza e una del monastero di Città della Pieve per formare un gruppo di aiuto legale, guidate anche da uno statuto. Sin da quel momento le sorelle hanno perseverato dandosi con amore a quel progetto e sembra che porti frutto. Un grande sollievo è per le Sorelle anziane assistite amorevolmente dalle più giovani e una nuova vitalità per la preghiera e le diverse attività del monastero. Ora cominciano a ricevere anche qualche nuova vocazione. Con la Grazia di Dio si spera in un futuro luminoso”.
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