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Verso le stelle, attraverso la croce: è beato il vescovo Matulionis

Un momento della beatificazione del vescovo Teofilo Matulionis, Vilnius, 25 giugno 2017
Immagine del vescovo Matulionis alla Curia Vescovile di Kaunas, dove lui fu vescovo

È la prima cerimonia di beatificazione in terra lituana, e per l'occasione sono accorse decine di migliaia di persone. Teofilo Matulionis (1873- 1962), vescovo lituano, perseguitato dai comunisti, visse a cavallo di due guerre e la rivoluzione bolscevica. Fu lui a dare linfa e vita ad una Chiesa perseguitata come quella lituana.

Tanto che l’altra beatificazione di un santo lituano – anche lui un vescovo, Giorgio Matulaitis – si tenne a Roma. Un po’ perché al tempo era Giovanni Paolo II a celebrare tutte le celebrazioni di questo tipo. Ma anche perché era impossibile andare in Lituania, quando c’era la dominazione sovietica.

E così, per questa beatificazione si muovono i vertici del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, il presidente Angelo Bagnasco e i vicepresidenti Nichols e Gadecki, in un anno che segue il 25esimo dalla fine della dominazione sovietica. "L'Europa è stata costruita sul sangue dei martiri", nota il segretario generale del CCEE, mons. Duarte da Cunha. Un quarto di secolo dopo la caduta del muro, la Lituania può celebrare così l’esempio di un beato, e Papa Francesco non può mancare di ricordarlo nell'Angelus

Lo fa al termine di un festival di giovani di due giorni, che proprio a Matulionis si è ispirato. Il suo motto episcopale era “Per Crucem, Ad Aspera”, verso le stelle, attraverso la croce.

Mai motto fu più appropriato. Nato da una famiglia di contadini benestanti di profonda fede cattolica, sacerdote per vocazione così profonda che pensò di lasciare non sentendosi degno dell’ordinazione, svolse il ministero di sacerdote in Russia, a San Pietroburgo, dove gli fu affidata la costruzione della Chiesa del Sacro Cuore al Salvatore nel quartiere dei lavoratori della città. Non la poté terminare, perché irruppe la rivoluzione bolscevica dell’ottobre del 1917.

E con la rivoluzione cominciano i problemi. Il primo arresto è del 1923: il NKVD prende Matulionis, il vescovo Jan Cieplak di Mogilev e altri 15 sacerdoti. Viene condannato a tre anni di prigione, ne sconta due e poi viene scarcerato grazie all’intervento dei fedeli della sua parrocchia. Torna a Pietrogrado – che nel frattempo è stata ribattezzata Leningrado – e viene ordinato clandestinamente vescovo nel 1929, con il consenso di Pio XI.

Nel 1929, il secondo arresto, con conseguente condanna a dieci anni nei campi di concentramento nelle Isole Solovki, aggravate nel 1933 da un anno di isolamento punitivo con obbligo di lavori forzati.

Nel 1933, grazie ad uno scambio di prigionieri politici tra Lituania e Unione Sovietica, viene liberato, e torna in Lituania, pur volendo fare apostolato in Russia. Il 24 marzo 1934, Pio XI lo incontra in udienza privata, e poi viaggia negli Stati Uniti, Terra Santa e Polonia.

Vescovo ausiliare di Kaunas dal 1934, e poi dal 1940 cappellano militare dell’Esercito Lituano fino all’invasione sovietica, e quindi vescovo di Kaisiadoris nel 1943, sotto l’occupazione tedesca.

Nel 1944, le truppe sovietiche invadono di nuovo la Lituania. Comincia la persecuzione contro la Chiesa, e nel 1946 Matulionis subisce il terzo arresto e viene condannato a 7 anni di prigione. Scontata la pena, torna solo nel 1956, senza il permesso di risiedere nella sua diocesi, e sottoposto a costante sorveglienza del KGB.

Nonostante questo, continua la sua opera di apostolato, e nel giorno di Natale del 1957 consacra clandestinamente il vescovo e futuro Cardinale Vincentas Sladkevicius. Nel 1958 viene esiliato ulteriormente, ma riceve onori dal Papa, che lo fa Assistente al soglio pontificio e arcivescovo. Tre giorni prima di morire, l’ultimo affronto: la perquisizione severa della sua casa. La morte arrivò tre giorni dopo e fu sepolto nella cripta della cattedrale a Kaisiadorys.

Il decreto di beatificazione sottolinea che l’arcivescovo Matulionis subì “Martirium propter aerumnas carceris, martirio a causa delle sofferenze del carcere. Le lunghe e penose degenze nelle prigioni, nei campi di concentramento, nei domicili coatti si protrassero per rutta la vita del Beato e sfinirono a poco a poco la sua forte fibra di sacerdote e di pastore. Ma le privazioni e le torture, non piegarono la sua volontà di bene. In quel periodo di buio della coscienza retta, ostilità dei nazisti e dei comunisti non aveva alcuna giustificazione razionale. Era solo era il frutto dell'odio verso il Vangelo di Gesù e la Chiesa”.

Ne ha parlato il Cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, nell'omelia della Messa solenne. "I lunghi e duri anni nelle carceri e nei campi di lavoro - ha detto, come riportato dai media locali - e gli arresti domiciliari provarono a impoverire la testimonianza forte e coraggiosa del Vangelo. Tuttavia la persecuzione e la tortura non spezzarono la sua volontà. L'ostilità comunista e nazista non potevano essere spiegate razionalmente. Semplicemente, odiavano Gesù, il Vangelo e la Chiesa". 

E ha aggiunto: "Il martirio del nostro Beato è durato per molti anni, sotto la gestione delle dittature implacabile che hanno cercato di distruggere la Chiesa. È stato ilmitato, tenuto chiuso in seminario, messo in disparte nel tentativo di creare una Chiesa nazionale". E la Chiesa "era costretta a rimanere in silenzio", mentre gli ordini religiosi venivano chiusi, veniva proibita qualunque comunicazione con Roma, veniva chiusa la stampa cattolica. 

Ma l'eroismo del vescovo Matulionis - ha notato il Cardinale Amato - è stato apprezzato anche da coloro che lo perseguitavano, e che lui non è mai odiato. "E' stato veramente un uomo", disse un funzionario del governo sovietico quando venne a sapere della sua morte. E notò che non si poteva escludere che in futuro sarebbe stato proclamato santo. "Oggi, quelle parole si sono avverate", ha chiosato il Cardinale Amato. 

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