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I pastorelli sono santi. Papa Francesco: "Non vogliamo essere una speranza abortita"

Papa Francesco durante la messa di canonizzazione di Francesco e Giacinta, Fatima, 13 maggio 2017
il Santuario di Fatima durante la Messa di canonizzazione, Fatima, 13 maggio 2017
Statue di Francesco e Giacinta, in un tripudio di fiori bianchi
Il Papa comincia la celebrazione a Fatima, Cova de Iria, 13 maggio 2017

Giacinta e Francesco, i due pastorelli di Fatima, vengono canonizzati. E Papa Francesco li pone come esempio per il mondo. I più giovani santi non martiri, con la loro preghiera, con il loro offrire la loro grande sofferenza offerta per tutti, sono stati una speranza. E noi, ammonisce il Papa, “non vogliamo essere una speranza abortita”.

Dopo la preghiera nella cappella dell’apparizione, in cui il Papa si è descritto come un “vescovo vestito di bianco”, riprendendo le parole del terzo “segreto di Fatima”, è il momento della celebrazione. Sono centinaia di migliaia a riempire la spianata per la Messa, rose bianche sono state raccolte da tutto il Portogallo. Come successe per il funerale di suor Lucia, nel 2003. Come succede sempre, quando a Fatima si guarda a Maria.

Nella sua omelia, il Papa ricorda l’immagine dell’Apocalisse della donna vestita di sole, in procinto di dare alla luce un figlio. E il Vangelo è quello in cui Gesù affida sua madre al discepolo che egli amava.

“Abbiamo una madre”, afferma il Papa. Una “signora così bella” che apparve ai 3 pastorelli il 13 maggio 1917. Sono cento anni esatti. Giacinta lo confidò alla mamma: “Oggi ho visto la Madonna”. E poi tornarono, altre cinque volte, accompagnati da una folla sempre più grande. “Nella scia che seguivano i loro occhi, si sono protesi gli occhi di molti, ma questi non l’hanno vista”.

Il Papa spiega il senso delle apparizioni: non perché sia vista da tutti – quella è la fine dei tempi – ma per ricordare “la Luce di Dio che dimora in noi e ci copre”, avvertendoci "sul rischio dell’inferno a cui conduce una vita – spesso proposta e imposta – senza Dio e che profana Dio nelle sue creature, è venuta a ricordarci la Luce di Dio che dimora in noi e ci copre".

I tre pastorelli – ha raccontato Lucia – erano “dentro la luce”, avvolti nel suo “manto”. E Fatima è proprio questo “manto di Luce che ci copre”, “qui come in qualsiasi altro luogo della terra”.

Papa Francesco chiede di “stare aggrappati alla Madre come figli” per vivere “la speranza che poggia su Gesù”, perché Gesù, salendo in cielo, ha “portato accanto al Padre celeste l’umanità che aveva assunto nel grembo della Vergine Maria”.

È una speranza che dobbiamo fissare “come un’ancora” – dice Papa Francesco – come è successo in cento anni a Fatima, e prendendo come esempio proprio Francesco e Giacinta, la cui forza per “superare la contrarietà e le sofferenze” veniva dall’adorazione di Dio, tanto che volevano la presenza divina “costantemente nella loro vita”, come si nota dall’ "insistente preghiera per i peccatori e il desiderio permanente di restare presso Gesù nascosto nel tabernacolo”.

Ricorda, il Papa, una visione di Giacinta, raccontata da Suor Lucia nelle sue memorie. “Non vedi – diceva Giacinta - tante strade, tanti sentieri e campi pieni di persone che piangono per la fame e non hanno niente da mangiare? E il Santo Padre in una chiesa, davanti al Cuore Immacolato di Maria, in preghiera? E tanta gente in preghiera con lui?”.

Papa Francesco sottolinea che sotto il mantello di Maria non si perdono i figli di Dio, e dalle sue braccia “verrà la speranza e la pace di cui hanno bisogno”. Il Papa chiede di pregare Dio con la speranza che “ci ascoltino gli uomini” e di stare vicini gli uni agli altri, perché Dio che ci ha creato come “una speranza per gli altri, reale e realizzabile secondo lo Stato di vita di ciascuno”.

Dalle esigenze del cielo parte “una mobilitazione generale contro questa indifferenza che ci raggela il cuore e aggrava la nostra miopia”. Ma – ammonisce il Papa – “non vogliamo essere una speranza abortita”, perché la vita “può sopravvivere solo grazie alla generosità di un’altra vita”, come il chicco di grano che solo se muore porta molto frutto.

Così – afferma il Papa – “quando passiamo attraverso una croce, egli vi è già passato prima”. Non saliamo sulla croce per trovare Gesù, ma è piuttosto Gesù che si è umiliato ed “è sceso fino alla croce per trovare noi, e, in noi, vincere le tenebre del male e riportarci verso la luce”.

Il Papa conclude con l’auspicio di essee tutti “nel mondo sentinelle del mattino che sanno contemplare il vero volto di Gesù Salvatore, quello che brilla a Pasqua, e riscoprire il volto giovane e bello della Chiesa, che risplende quando è missionaria, accogliente, libera, fedele, povera di mezzi e ricca di amore”.

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