Tolentino, 27 April, 2017 / 10:00 AM
Durante la XVI Assemblea nazionale dell’Azione Cattolica italiana ‘Fare nuove tutte le cose. Radicati nel futuro, custodi dell’essenziale’ (Roma, Domus Pacis, 28 aprile – 1° maggio), sarà rinnovato il Consiglio nazionale per il triennio 2017-2020.
All’assemblea nazionale partecipano anche Paul Jacob Bhatti, ministro per le minoranze del Pakistan; Enzo Bianchi, fondatore della Comunità monastica di Bose; Marcello Sorgi, editorialista de ‘La Stampa’; Sergio Gatti, vicepresidente del Comitato delle Settimane Sociali.
Al centro dei lavori il documento assembleare, che richiama il 150° di fondazione dell’associazione, come ha specificato il presidente nazionale, Matteo Trufelli: “Il nostro impegno di spenderci per la concreta attuazione dell’Evangelii gaudium, magna charta su cui orientarci per i prossimi tre anni”. Incontrato nella mia città, Tolentino,visitata con la delegazione nazionale per testimoniare la vicinanza dell’Azione Cattolica alla popolazione colpita dal terremoto, ho chiesto di spiegarci l’incontro con papa Francesco: “C’è una duplice aspettativa che rende gioiosa la preparazione dell’evento. Il desiderio di mostrare a papa Francesco la bellezza della nostra associazione. E, allo stesso modo, l’attesa per quanto il pontefice ci dirà. Il tutto nella cornice di una festa che ricorderà il 150^dell’associazione: un secolo e mezzo di vita ecclesiale e civile che ha segnato, e segna, la storia di milioni di persone; una storia che ha fatto la storia d’Italia”.
Allora, quale significato riveste per l’Italia questa ricorrenza?
“Per tutta la storia unitaria d’Italia significa la presenza di una realtà di laici credenti, che hanno voluto essere insieme una presenza viva significativa dentro la Chiesa e per la Chiesa, ma anche dentro il Paese e per il Paese. L’Azione Cattolica è sicuramente una delle più longeve realtà associative che esistono da quando è nata l’Italia ed è significato che da subito sia nata come Gioventù Cattolica della Società Italiana, quindi con l’idea di un Paese unito, che anche oggi continua a tenerlo unito, perché se c’è una cosa che fa l’Azione Cattolica è quella di cucirlo. Infatti questo patrimonio prezioso è un tesoro che non possiamo tenere per noi. Chiuso dentro gli scaffali di una biblioteca o le vetrine di una teca piena di cimeli. E’ una storia che vogliamo raccontare, condividere, far scoprire a tutti, a ciascuna persona. Ai giovani e ai ragazzi cui nessuno ha fatto percepire che cosa ha significato e cosa significa il Concilio Vaticano II, a chi non immagina che milioni di persone si sono formate in AC per poi spendersi con generosità nel mondo, a chi ha dimenticato che furono due giovani laici, Giovanni Acquaderni e Mario Fani, all’indomani dell’Unità d’Italia, a dare vita alla più longeva e significativa esperienza associativa che abbia attraversato non solo la storia della Chiesa italiana, ma di tutto il Paese. La nostra è una storia da raccontare, perché è una storia vera, una storia che ha fatto la storia”.
Quale significato dare alle parole del papa: ‘fare nuove tutte le cose’?
“Le abbiamo scelte quale titolo della nostra prossima assemblea nazionale con una duplice prospettiva: da una parte con la consapevolezza che non siamo noi a fare nuove tutte le cose, ma è il Signore che fa nuova ogni cosa in ogni tempo. Però le abbiamo scelte anche per dire il desiderio di ripensare in modo significativo il modo in cui l’associazione può stare dentro al tempo proprio, capendo le strade per essere adeguata a dire la presenza del Signore nel nostro tempo”.
Quali processi può innescare l’Azione Cattolica nella società italiana?
“L’Azione Cattolica può innescare tanti processi, ma ne dico solo due. Il primo è quello di coltivare il senso dell’essere associazione. In questo tempo c’è bisogno di persone che sappiano mettere insieme le energie e le esperienze; infatti l’associazione è il prendersi cura della realtà. Il secondo, collegato al precedente, consiste nel fare ciò non solo nell’associazione o nella Chiesa, ma anche nel tessuto della società attraverso un processo di costruzione di alleanze tra realtà diverse, tra famiglie, tra comunità”.
E quali alleanze costruire?
“All’Azione Cattolica è chiesto di non limitarsi alle alleanze sulle tematiche pastorali ed ecclesiali, impegnandosi anche ad individuare soggetti con i quali progettare insieme a favore della legalità, della tutela dell’ambiente, delle questioni sociali. In questi diversi contesti si possono scoprire nuovi compagni di viaggio, con i quali fare rete, costruire ponti dando vita a sinergie efficaci ed entusiasmanti, possibili, grazie alle diversità di ogni soggetto”.
Insomma come un cattolico può diventare ‘credente inquieto’?
“Lasciandosi inquietare dalla scoperta della presenza del Signore nella nostra vita. C’è un passaggio molto bello dell’esortazione apostolica ‘Evangelii Gaudium’ in cui papa Francesco dice che chi scopre l’amore del Signore nella sua vita non può lasciare passare tempo, ma deve sentire l’urgenza di andare a testimoniare questa presenza anche nella vita di ciascuno che incontra. Essere ‘credenti inquieti’ oggi significa cercare di vivere una fede che non prescinde dalla vita di ciascuno, non prescinde dal contesto culturale ma desidera, appunto, essere una fede ‘incarnata’ in questo tempo. E questo è un tempo che ci spinge a vivere la fede non in modo soporifero, non come fosse un anestetico, ma come un qualcosa che inquieta, scuote e non consente di rimanere appagati. Questo significa lasciarsi scuotere dalla Buona Notizia. Al tempo stesso anche lasciar scuotere il nostro cuore dalla concretezza della vita. Lasciarsi inquietare significa non chiudere gli occhi, abbandonandosi all’assuefazione”.
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