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Il Papa: "Nella notte di Pasqua, siamo chiamati ad annunciare il palpito del Risorto”

Papa Francesco durante la Veglia Pasquale nella Basilica di San Pietro, 15 aprile 2017
Papa Francesco durante la Veglia Pasquale nella Basilica di San Pietro, 15 aprile 2017
Papa Francesco durante la Veglia Pasquale nella Basilica di San Pietro, 15 aprile 2017
I fedeli accendono i loro lumi durante la veglia pasquale nella Basilica di San Pietro, 15 aprile 2017

La notte di Pasqua ci ricorda che Cristo vive, ci chiama all’annuncio, ci sprona a far crollare le barriere del nostro pessimismo, a non rassegnarci – come le donne che vanno al sepolcro – che tutto possa finire così. "Ognuno di noi è entrato nel sepolcro. Vi invito a uscire!". Lo dice Papa Francesco, nell’omelia della Messa della notte di Pasqua.

È la veglia delle veglie, l’annuncio delle Resurrezione, e si benedicono il fuoco e l’acqua nell’atrio della Basilica, prima di entrare ed annunciare l’arrivo di Cristo luce del mondo. È la notte della Resurrezione, la notte in cui si conferma nella fede, ma anche la notte in cui per tradizione si battezza. E saranno battezzati dal Papa 11 catecumeni, il più giovane di 9 anni, la più anziana di 50, provenienti da diverse parti del mondo: addirittura una fedele cinese, una malese, un maltese, tre italiani, due albanesi, una spagnola, una proveniente dalla Repubblica Ceca, che – con il suo 70 per cento di atei dichiarati – è la nazione più scristianizzata d’Europa. 

Nell’omelia, Papa Francesco invita a ripercorrere con le donne i passi verso il sepolcro, “il tipico passo di chi va al cimitero” che porta però nel cuore una domanda: “Come può essere che l’amore sia morto?”

Le donne sono lì, capaci di resistere e di “affrontare la vita come si presenta loro”, mentre i discepoli non ci sono. Sono presenti “tra il dolore e l’incapacità di rassegnarsi, di accettare che tutto debba sempre finire così” e nei loro volti – ricorda il Papa – “vediamo riflessi i volti di tutti quelli che, camminando per la città, sentono il dolore della miseria, il dolore per lo sfruttamento e la tratta”, come pure il volti di “coloro che sperimentano il disprezzo perché sono immigrati, orfani di patria, di casa, di famiglia”; di quanti sono soli o abbandonati perché “hanno mani troppo rugose”; delle donne e delle madri “che piangono vedendo che la vita dei loro figli resta sepolta sotto il peso della corruzione che sottrae diritti e infrange tante aspirazioni, sotto l’egoismo quotidiano che crocifigge e seppellisce la speranza di molti, sotto la burocrazia paralizzante e sterile che non permette che le cose cambino”.

Le donne al sepolcro, dunque, come archetipo dell’umanità sofferente, in cui si trova forse “anche il tuo e il mio volto”, dice il Papa. Noi – aggiunge – “che portiamo dentro una promessa e la certezza della fedeltà di Dio”, ma anche le nostre ferite, le infedeltà date e ricevute, i tentativi e le battaglie perse.

Papa Francesco parla del pericolo della rassegnazione, della possibilità di “abituarci a convivere con il sepolcro”, convincendoci che è così tanto da anestetizzarci al punto di “spegnere la speranza posta da Dio nelle nostre mani”. Quello che rischia di succedere alle donne sul sepolcro, perché con il Maestro muore anche la speranza.

Ma le donne sentono una scossa, viene loro annunciata la Resurrezione ed è un annuncio che si tramanda di giorno in giorno. “Non temiamo, fratelli, è risorto come aveva detto! Quella stessa vita strappata, distrutta, annichilita sulla croce si è risvegliata e torna a palpitare di nuovo”

E così il palpitare del risorto è un “dono, un regalo, un orizzonte” che siamo chiamati a donare a nostra volta “come forza trasformatrice, come fermento di nuova umanità”.

Insomma – chiosa il Papa – “con la Risurrezione Cristo non ha solamente ribaltato la pietra del sepolcro, ma vuole anche far saltare tutte le barriere che ci chiudono nei nostri sterili pessimismi, nei nostri calcolati mondi concettuali che ci allontanano dalla vita, nelle nostre ossessionate ricerche di sicurezza e nelle smisurate ambizioni capaci di giocare con la dignità altrui”.

La Resurrezione cambia gli schemi del Sommo Sacerdote e dei capi religiosi che “avevano creduto di poter calcolare tutto”, è l’irruzione di Dio che “ci viene incontro” per “stabilire e consolidare” il tempo nuovo “della misericordia”.

“Questa – dice il Papa - è la promessa riservata da sempre, questa è la sorpresa di Dio per il suo popolo fedele: rallegrati, perché la tua vita nasconde un germe di risurrezione, un’offerta di vita che attende il risveglio”.

Siamo così chiamati ad annunciare questa Resurrezione, che “cambiò i passi” delle due Marie, e che deve far cambiare i nostri passi. Esorta il Papa: “Come con loro siamo entrati nel sepolcro, così con loro vi invito ad andare, a ritornare in città, a tornare sui nostri passi, sui nostri sguardi. Andiamo con loro ad annunciare la notizia, andiamo…”

La Resurrezione è la chiamata all’annuncio. “In tutti quei luoghi dove sembra che il sepolcro abbia avuto l’ultima parola e dove sembra che la morte sia stata l’unica soluzione. Andiamo ad annunciare, a condividere, a rivelare che è vero: il Signore è Vivo. E’ vivo e vuole risorgere in tanti volti che hanno seppellito la speranza, hanno seppellito i sogni, hanno seppellito la dignità".

Sottolinea il Papa: "Se non siamo capaci di lasciare che lo Spirito ci conduca per questa strada, allora non siamo cristiani".

E conclude: "Andiamo e lasciamoci sorprendere da quest’alba diversa, lasciamoci sorprendere dalla novità che solo Cristo può dare. Lasciamo che la sua tenerezza e il suo amore muovano i nostri passi, lasciamo che il battito del suo cuore trasformi il nostro debole palpito”.

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