Città del Vaticano , 24 March, 2017 / 6:42 PM
“Ritornare a Roma sessant’anni dopo non può essere solo un viaggio nei ricordi, quanto piuttosto il desiderio di riscoprire la memoria vivente di quell’evento per comprenderne la portata nel presente. Occorre immedesimarsi nelle sfide di allora, per affrontare quelle dell’oggi e del domani”. Papa Francesco accoglie così i 27 Capi di Stato e di Governo dell’Unione Europea, ricevuti oggi pomeriggio nella Sala Regia del Palazzo Apostolico. E’ un discorso lungo, un’analisi del passato, del presente e del futuro quella di Francesco. “L’Europa ritrova speranza quando l’uomo è il centro e il cuore delle sue istituzioni”, ripete più volte ai Capi di Stato Europei parlando di crisi economica, sociale, migratoria, di valori.
In occasione del 60.mo anniversario della firma dei Trattati di Roma sono presenti anche in Vaticano i rappresentanti delle Istituzioni europee: Antonio Tajani, Presidente del Parlamento Europeo; Donald Tusk, Presidente del Consiglio Europeo e Jean-Claude bJunker, Presidente della Commissione Europea.
Con il Trattato di Roma furono poste le fondamenta dell'Unione Europea. Il Trattato fu firmato il 25 marzo 1957. “Fu una giornata – commenta il Papa nel suo discorso - carica di attese e di speranze, di entusiasmo e di trepidazione, e solo un evento eccezionale, per la portata e le conseguenze storiche, poteva renderla unica nella storia. La memoria di quel giorno si unisce alle speranze dell’oggi e alle attese dei popoli europei che domandano di discernere il presente per proseguire con rinnovato slancio e fiducia il cammino iniziato”.
Papa Francesco ha dedicato alle istituzioni europee il viaggio a Strasburgo del 25 novembre 2014, durante il quale fece discorsi al Parlamento Europeo e al Consiglio d'Europa. Lo scorso anno, Papa Francesco ha ricevuto inoltre il Premio Carlo Magno, conferito a personalità con meriti particolari in favore dell'integrazione e dell'unione in Europa. In quell'occasione, Papa Francesco parlò di un “nuovo umanesimo europeo”.
“I Padri fondatori – continua Francesco oggi - ci ricordano che l’Europa non è un insieme di regole da osservare, non un prontuario di protocolli e procedure da seguire. Essa è una vita, un modo di concepire l’uomo a partire dalla sua dignità trascendente e inalienabile e non solo come un insieme di diritti da difendere, o di pretese da rivendicare”.
Il primo elemento “della vitalità europea” per il Papa è senza dubbio la solidarietà perché da questa “nasce la capacità di aprirsi agli altri”.
Il ricordo del Papa va poi a quel “famoso muro”. “Tanto si faticò per farlo cadere – osserva il Pontefice – eppure oggi si è persa la memoria della fatica. Ora si discute di come lasciare fuori i “pericoli” del nostro tempo: a partire dalla lunga colonna di donne, uomini e bambini, in fuga da guerra e povertà, che chiedono solo la possibilità di un avvenire per sé e per i propri cari”.
Papa Francesco analizza poi le differenze tra il mondo di oggi e quello di sessanta anni fa e riassume in una parola, “crisi”, le difficoltà di questo mondo contemporaneo: “Se i Padri fondatori, che erano sopravvissuti ad un conflitto devastante, erano animati dalla speranza di un futuro migliore e determinati dalla volontà di perseguirlo, evitando l’insorgere di nuovi conflitti, il nostro tempo è più dominato dal concetto di crisi. C’è la crisi economica, che ha contraddistinto l’ultimo decennio, c’è la crisi della famiglia e di modelli sociali consolidati, c’è una diffusa “crisi delle istituzioni” e la crisi dei migranti: tante crisi, che celano la paura e lo smarrimento profondo dell’uomo contemporaneo, che chiede una nuova ermeneutica per il futuro”.
Ma la crisi, per Papa Francesco, non ha solo una connotazione negativa. “Non indica – precisa il Pontefice - solo un brutto momento da superare. La parola crisi ha origine nel verbo greco crino (κρίνω), che significa investigare, vagliare, giudicare. Il nostro è dunque un tempo di discernimento, che ci invita a vagliare l’essenziale e a costruire su di esso: è dunque un tempo di sfide e di opportunità”.
Quale speranza per l’Europa di oggi e di domani? E’ questa la domanda più importante che Francesco rivolge ai 27 Capi di Stato europei. “A chi governa – suggerisce il Papa - compete discernere le strade della speranza, identificare i percorsi concreti per far sì che i passi significativi fin qui compiuti non abbiano a disperdersi, ma siano pegno di un cammino lungo e fruttuoso”.
Il Papa consiglia poi vari percorsi per “superare le numerose sfide che ci attendono”: “L’Europa ritrova speranza quando l’uomo è il centro e il cuore delle sue istituzioni. Affermare la centralità dell’uomo significa anche ritrovare lo spirito di famiglia, in cui ciascuno contribuisce liberamente secondo le proprie capacità e doti alla casa comune. L’Unione Europea nasce come unità delle differenze e unità nelle differenze. Le peculiarità non devono perciò spaventare, né si può pensare che l’unità sia preservata dall’uniformità. Essa è piuttosto l’armonia di una comunità”.
“L’Europa – continua Francesco ritrova speranza nella solidarietà, che è anche il più efficace antidoto ai moderni populismi. Occorre ricominciare a pensare in modo europeo, per scongiurare il pericolo opposto di una grigia uniformità, ovvero il trionfo dei particolarismi. Alla politica spetta tale leadership ideale, che eviti di far leva sulle emozioni per guadagnare consenso, ma piuttosto elabori, in uno spirito di solidarietà e sussidiarietà, politiche che facciano crescere tutta quanta l’Unione in uno sviluppo armonico”.
Per il Papa, inoltre, l’Europa ritrova speranza “quando non si chiude nella paura di false sicurezze”: Non ci si può limitare a gestire – dichiara il Pontefice - la grave crisi migratoria di questi anni come fosse solo un problema numerico, economico o di sicurezza. La questione migratoria pone una domanda più profonda, che è anzitutto culturale. Quale cultura propone l’Europa oggi? La paura che spesso si avverte trova, infatti, nella perdita d’ideali la sua causa più radicale”.
Infine per Francesco “l’Europa ritrova speranza quando si apre al futuro. Quando si apre ai giovani, offrendo loro prospettive serie di educazione, reali possibilità di inserimento nel mondo del lavoro”.
Conclude il Pontefice il suo lungo discorso ai 27 Capi di Stato Europei in questa occasione cosi importante per l’UE: “Sessant’anni sono oggi considerati il tempo della piena maturità. Un’età cruciale nella quale ancora una volta si è chiamati a mettersi in discussione. Anche l’Unione Europea è chiamata oggi a mettersi in discussione, a curare gli inevitabili acciacchi che vengono con gli anni e a trovare percorsi nuovi per proseguire il proprio cammino. A differenza però di un essere umano di sessant’anni, l’Unione Europea non ha davanti a sé un’inevitabile vecchiaia, ma la possibilità di una nuova giovinezza”.
Al termine dell’Udienza, nella Cappella Sistina, una foto di gruppo di Papa Francesco con tutti i Capi Delegazione.
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