Milano, 20 March, 2017 / 9:00 AM
Il primo passaggio di Papa Francesco nel carcere di San Vittore sarà un incontro con le donne carcerate e i loro bambini. Ma è un incontro speciale. Perché a San Vittore non ci sono bambini. C’è, è vero, la legge che permette ai bambini sotto i tre anni di rimanere con la madre. Ma a San Vittore le madri sono in uno stabile di proprietà del comune, come una casa, e le agenti che le controllano sono in borghese. Si chiama progetto ICAM (Istituto di Custodia Attenuata per Madri Detenute) ed è il fiore all’occhiello dell’amministrazione di San Vittore.
Lo racconta ad ACI Stampa don Marco Recalcati, il cappellano del carcere. Ha i capelli bianchi, una grande esperienza pastorale alle spalle, ed è a San Vittore da 4 anni. È lui ad introdurci nel mondo di un carcere che è “un carcere giudiziario”, vi arrivano quanti sono “stati appena arrestati” e vi restano una media di sei-sette mesi. Difficile creare un gruppo in un posto che oggi ospita 850 / 900 detenuti, ma che fino a qualche anno fa era sovraffollato, con il doppio della popolazione carceraria. Eppure si lavora per quello. E la visita del Papa è stata subito eccitata a sapere della visita del Papa.
“Quando è arrivata la notizia – racconta don Recalcati – c’è stato trasversalmente un grande stupore e un grande entusiasmo. E così, con gli altri operatori pastorali, abbiamo voluto anche coinvolgere i carcerati in un percorso, ricordando i Papi che erano già stati nelle carceri, riprendendo i loro discorsi. Non abbiamo fatto cose straordinarie, ci sono già percorsi in cui i detenuti hanno a che fare con il cappellano, celebriamo 4 messe la domenica”.
Anche per questo, la scelta è stata quella che “tutti possano vedere il Papa”, e così è stato “fatto un percorso che permettesse al Papa di incontrare comunque tutte le varie componenti del carcere (impossibile girare tutto il carcere, San Vittore ha sette reparti)". Non ci saranno autorità, perché il Papa non vuole nessuno che non sia già in carcere.
La visita inizierà dall’incontro con le mamme detenute. Ma non ci sono bambini a San Vittore, per il progetto ICAM. “Solo quel giorno – dice don Recalcati - vengono accompagnate alla mattina le 6 o 7 mamme con i loro bambini e ci sarà una sala colloqui riservata al femminile che dà sulla portineria. Quando il Papa vi passerà davanti, verranno fuori e salutarlo”.
Dopo un breve saluto, si entra nella zona dell’ufficio del comandante, il Papa incontrerà gli operatori che sono in carcere (c’è almeno un educatore per ogni reparto, ci sono quelli che lavorano nel Pronto Soccorso attivo 24 ore su 24, un SERT per le tossicodipendenze) e un volontario per associazione (ce ne sono 18, e partecipano alle attività tra i 200 e i 300 volontari). “Ci sarà in più una volontaria straordinaria, di 92 anni”, aggiunge padre Recalcati.
E ancora, il passaggio davanti al Centro Clinico, al Braccio Femminile, a quello dei giovani adulti, fino alla rotonda, dove incontrerà gli altri reparti, e in particolare 80 detenuti che potranno salutare personalmente. Quindi, il Papa andrà nel reparto dei cosiddetti “protetti”, quelli che hanno fatto reati contro donne e bambini e sono invisi dagli altri detenuti.
“Verso le 12.30, prevediamo – dice don Recalcati – ci sarà il pranzo con 100 detenuti, rappresentanti di tutti i reparti, in una tavolata di 50 metri posta nel Terzo Reparto”. Il menu sarà semplice: risotto allo zafferano e cotoletta alla milanese con patate, panna cotta".
Dopo pranzo, 10 minuti di riposo per il Papa, cui sarà consegnata anche una sciarpa di una cooperativa che lavora a San Vittore.
“Il percorso che può essere fatto in carcere – racconta don Recalcati - risente ancora della fatica, le possibilità vengono sbilanciate. Molto si può fare con il volontariato, ma si deve distinguere anche la situazione psichiatrica”.
Di certo, l’attesa è grande. “L’arrivo del Papa a San Vittore – racconta don Recalcati - ha chiesto un lavoro previo di capire quanti potevano essere interessati. Abbiamo fatto un piccolo sondaggio attraverso gli educatori. Tutti hanno risposto unanimemente”.
Le persone che arrivano a San Vittore “sono persone fragili, che hanno un reato sulle spalle da poche settimane. La prima notte in carcere non si dorme mai. Noi abbiamo una attenzione per loro non superficiale, la loro vita si è completamente ribaltata, mancano però le figure educative, è un carcere pensato per la sicurezza”.
Eppure, don Recalcati racconta che ci sono sprazzi di luce. Come quando, dopo uno degli ultimi attentati, “un detenuto musulmano ha voluto leggere un testo che si dissociava fortemente da quello che era successo”.
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