Città del Vaticano , 30 November, 2016 / 2:00 PM
Si chiama “Silenzio” ed sarà presentato in anteprima in Vaticano l’1 dicembre. Perché il film parla della storia di tre missionari che vanno in Giappone nei tempi delle tremende persecuzioni dello shogunato. Oggi, il regista Martin Scorsese ne ha parlato a Papa Francesco, in una breve udienza privata che si è tenuta nella Sala dei Sediari in Vaticano. E chissà se al Papa ha parlato, oltre che del film, anche di quella particolare linea rossa che lega direttamente gli eventi del film alla bomba atomica sganciata dagli americani su Nagasaki nel 1945.
Di certo, il periodo dello shogunato e della persecuzione anti-cristiana in Giappone non è sconosciuto a Papa Francesco. Proprio durante il suo pontificato è terminato il processo di beatificazione di Takayama Ukon, il samurai di Cristo, che fu martirizzato proprio nel periodo dello shogunato.
Il film di Scorsese è un adattamento del romanzo “Silenzio”, scritto nel 1966 da Shusaku Endo, che narra la storia di due gesuiti portoghesi che vanno in Giappone nel periodo appunto delle persecuzioni dello shogunato per ritrovare il loro mentore e supportare i convertiti locali. Entrambi sono imprigionati e torturati. Nel breve incontro con Scorsese (circa 15 minuti), Papa Francesco ha detto di aver letto il libro e ha parlato della “semina” dei gesuiti in Giappone e del “Museo dei 26 Martiri”. Dal canto suo il regista (accompagnato dalla moglie, le due figlie e da monsignor Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segretaria della Comunicazione) ha donato al Papa due quadri legati al tema dei “cristiani nascosti”, e uno di questi è una immagine della Madonna opera di un artista giapponese del Settecento.
La storia di "silenzio" si basa su fatti veri, e i cristiani che rimasero dopo dovettero entrare in clandestinità. Il bando contro i cristiani fu rimosso solo nel 1873, dopo 250 anni di clandestinità. I cristiani giapponesi non dimenticheranno mai questo periodo.
Ed è qui che la storia di “Silence” si lega ad un’altra storia. La maggior parte dei discendenti dei Cristiani nativi giapponesi si erano stabiliti a Nagasaki, e furono decimati dalla bomba atomica sganciata sulla città il 9 agosto 1945: di 12 mila cattolici, 8500 morirono. Per miracolo, si salvo il monastero Mugenzai no Sono (il Giardino dell’Immacolata) costruito da padre Massimiliano Kolbe prima di ritornare in Polonia e morire nel campo di concentramento di Auschwitz.
Ma la bomba fece più danno del previsto: doveva detonare a Nagasaki, detonò invece nella zona di Urakami, perché mancava il carburante necessario al velivolo per fare la rotta prestabilita. Colpa di un calcolo sensibilmente sbagliato. E fu così che la cattedrale di Urakami, la più grande Chiesa cattolica d’Asia del tempo, si trovò a soli 500 metri dal cosiddetto “Ground Zero”.
Tutti i sopravvissuti, intervistati dopo la distruzione della città, ricordavano dell’esilio dei loro nonni in altre regioni del Giappone a causa del loro ritorno ufficiale al cattolicesimo dopo 250 anni di cristianità nascosta.
Sarebbero molte le storie da raccontare. Come quella dell’orfano Ozaki Tomei, che prese questo nome da novizia nel monastero di padre Kolbe. Una scelta insolita, per i giapponesi, che in genere scelgono nomi di santi occidentali. Ma Ozaki Tomei aveva un significato: era una bambina martire del 1597, che veniva proprio da Nagasaki. Scrittore prolifico sul suo blog, nonostante l’età (ha appena compiuto 88 anni), la capacità di Ozaki di non perdersi d’animo è forse proprio frutto di quelle vite dei missionari giapponesi che erano rimaste in clandestinità, e che Scorsese definisce “Silenzio”.
Un silenzio che fu inzialmente considerato controverso, perché dava l’idea di una fede non vissuta. E invece i cattolici a Nagasaki sono ancora lì, praticano la loro fede, e il film di Scorsese era molto atteso dalla comunità, e il Museo dei 26 Martiri, che si trova proprio alla fine della strada del Museo della Bomba atomica, ha continuamente postato aggiornamenti sui progressi del film. Scorsese ci ha messo 27 anni a definirlo e poi finalmente girarlo.
C’era, insomma, tutto questo dietro il film “Silence” di Martin Scorsese: la storia di una cristianità nascosta, una persecuzione brutale, e persino un collegamento diretto con la storia della bomba atomica a Nagasaki. Una bomba che alcuni addirittura sostennero fu sganciata su Nagasaki come una sorta di punizione contro Pio XII, che non si era schierato dalla parte degli Alleati, ma era sempre rimasto neutrale.
E quasi un appoggio a questa teoria lo diede il Cardinale Giacomo Biffi, arcivescovo emerito di Bologna, che notò come Nagasaki era la più cattolica delle città giapponesi, dove i cattolici furono perseguitati a più riprese, e dove nonostante tutto il cattolicesimo aveva resistito (2 terzi dei cattolici giapponesi venivano da lì), e poi osservò nella sua autobiografia: “Possiamo ben supporre che le bombe atomiche non siano state buttate a casaccio. La domanda è quindi inevitabile: come mai per la seconda ecatombe è stata scelta, tra tutte, proprio la città del Giappone dove il cattolicesimo, oltre ad avere la storia più gloriosa, era anche più diffuso e affermato?”
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