Città del Vaticano , 12 November, 2016 / 10:00 AM
Cento anni dedicati all’ Oriente cristiano, cento anni di dialogo con l’ Islam, cento anni nel cuore della Roma cattolica per raccontare il mondo dall’altra sponda del Mediterraneo.
Il Pontificio Istituto Orientale ha aperto le celebrazioni del centenario con congresso internazionale dedicato a Damasco: “Damasco, prisma di speranze”. Tre giornate per offrire una opportunità di confronto e dialogo rivolto alla ricostruzione di un’immagine nuova e al futuro profetico.
Il progetto nasce dalle questioni su identità e appartenenza che si sono posti i gesuiti delle provincie d’ Oriente dopo 5 anni di un conflitto in Medio Oriente. E Damasco è il luogo simbolo di quel conflitto e della realtà dei cristiani in quella parte di mondo.
Cristiani che sono costretti a fuggire e che non hanno un futuro nei luoghi ai quali da millenni appartengono. venerdì mattina il congresso si è aperto con un sessione dedicata ai confine della convivenza. Tema difficile affrontato in chiave geopolitica da Joseph Maïla – Docente di Relazioni Internazionali alla ESSEC ed ex Rettore dell'Istituto Cattolico di Parigi, e dal Padre Michel Jalakh – Segretario del Middle East Council of Churches.
Di necessità di dialogo hanno parlato entrambi i relatori con accenti diversi.
Maïla ha ricordato il ruolo degli stati non arabi nella regione, dall’ Iran alla Russia, e la situazione dell’ Occidente che “subisce” le migrazioni senza saperle gestire.
Cinque le proposte del professore: riformulare il dialogo islamo cristiano, rinunciare alla violenza come metodo della risoluzione dei conflitti, creare un senso di cittadinanza in tutti e di pluralismo, creare istituzione di solidarietà e ovviamente migliorare l’educazione.
Del futuro dei cristiani in Medio Oriente ha parlato Padre Jalakh, maronita, ex alunno del PIO, che ha messo in luce tra sfide per i cristiani.
La prima è quella del concetto di alterità in seno all’ Islam, una questione di identità e di convivenza che gli orientali possono insegnare anche all’ Occidente, essendo parte integrante della cultura araba. Ci vorrebbe però un dibattito coraggiosa all’interno del mondo islamico per una rilettura critica del rispetto dell’ altro.
I cristiani in Medio Oriente possono essere un esempio di dialogo per il resto del mondo, proprio in questo periodo di violenza e persecuzione. Per superare la ideologia dello scontro di civiltà. In Medio Oriente i confini delle culture sono il punto possibile di contatto.
Infine la sfida ecumenica che in altre parti del mondo languisce, unità missionaria e di cooperazione, perché il dialogo tra cristiani nei paesi orientali è vita vissuta.
Tra gli ospiti anche il Patriarca di Damasco Laham che ha ricordato come a Malula il 60 per cento dei cristiani sia tornato e ha spiegato che il progetto, una camera per una famiglia, ha permesso il rientro di molti. Il Patriarca ha lanciato un appello ai governi di tutto il mondo a far tornare gli ambasciatori: venite e vedete e non usate notizie di terza mano.
La Chiesa non ha lasciato il suo popolo, ha ricordato, e ha chiesto che l’Occidente dialoghi con l’ Islam, anche con i migranti tramite una maggiore forza della fede e della identità cristiana.
Essenziale ricordare che i cristiani sono autoctoni in Medio Oriente e la strada della convivenza passa necessariamente per la condanna delle islamizzazioni vilente che nulla hanno a che fare con il vero Islam.
I lavori sono proseguiti nel pomeriggio con la presentazione della realtà dei cristiani nella regione Siro- Mesopotamica e oggi la giornata è dedicata alla educazione con diverse testimonianze anche del Vescovo di Aleppo e del rettore del monastero di Mar Elian.
La terza giornata, il 13 novembre 2016 sarà dedicata alle prospettive di un “futuro profetico” con uno sguardo alla tutela del patrimonio cristiano del Vicino Oriente come obiettivo finale di un progetto culturale che vada a consolidare le radici cristiane dell’identità d’appartenenza.
A preparare il congresso anche un documento dei gesuiti delle provincie d’ Oriente elaborato su richiesta del Padre Generale nel 2015 che parla di “crisi della parola” in Medio Oriente e di mancanza di educazione al “bene comune” nella regione.
Il PIO nasce il 15 ottobre 1917 per volere di Benedetto XV, pochi mesi dopo l’istituzione della Congregazione per le Chiese Orientali. Il nuovo Istituto viene presentato dal documento costitutivo Orientis Catholici quale «sede propria di studi superiori nell’Urbe riguardanti le questioni orientali». L’Istituto ha la sua prima residenza a Piazza Scossacavalli presso l’Ospizio dei Convertendi. La vita accademica inizia il 2 dicembre 1918. Primo preside dell’Istituto è Alfredo Ildefonso Schuster, abate di S. Paolo fuori le Mura e futuro arcivescovo di Milano.
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