Città del Vaticano , 27 October, 2016 / 12:15 AM
Lungimirante Giovanni Paolo II e valida la forma “cattolica” del programma dell’ Istituto su Matrimonio e famiglia che porta il suo nome.
Il Papa lo ha detto salutando i i membri della Comunità del Pontificio Istituto “Giovanni Paolo II” per Studi su Matrimonio e Famiglia in occasione dell’apertura del nuovo Anno Accademico. Un progetto che deve sviluppare altre “iniziative di colloquio e di scambio con tutte le istituzioni accademiche, anche appartenenti ad aree religiose e culturali diverse, che sono oggi impegnate a riflettere su questa delicatissima frontiera dell’umano”.
Il Papa torna a ricordare le sfide che deve affrontare la famiglia dall’individualismo all’imporsi di nuove ideologie, fino alla sviluppo di nuove tecnologie “che rendono possibili pratiche talvolta in conflitto con la vera dignità della vita umana”. L’esortazione del Papa è
“a frequentare coraggiosamente queste nuove e delicate implicazioni con tutto il rigore necessario, senza cadere «nella tentazione di verniciarle, di profumarle, di aggiustarle un po’ e di addomesticarle»”.
Il Papa parla della necessità di mettere al centro il noi e la dignità dell’uomo e della donna: “Come possiamo conoscere a fondo l’umanità concreta di cui siamo fatti senza apprenderla attraverso questa differenza? E ciò avviene quando l’uomo e la donna si parlano e si interrogano, si vogliono bene e agiscono insieme, con reciproco rispetto e benevolenza. E’ impossibile negare l’apporto della cultura moderna alla riscoperta della dignità della differenza sessuale. Per questo, è anche molto sconcertante constatare che ora questa cultura appaia come bloccata da una tendenza a cancellare la differenza invece che a risolvere i problemi che la mortificano”.
Ovviamente la famiglia “è il grembo insostituibile della iniziazione all’alleanza creaturale dell’uomo e della donna” e , aggiunge “quando le cose vanno bene fra uomo e donna, anche il mondo e la storia vanno bene. In caso contrario, il mondo diventa inospitale e la storia si ferma”.
Ecco quindi che “la carità della Chiesa ci impegna” a sviluppare “la nostra capacità di leggere e interpretare, per il nostro tempo, la verità e la bellezza del disegno creatore di Dio”.
E Francesco parla di una “chiave d’oro per capire il mondo e la storia” cioè “le dinamiche del rapporto fra Dio, l’uomo e la donna, e i loro figli”.
E bisogna anche non lasciarsi abbattere dal fallimento umano perché “la giustizia di Dio risplende nella fedeltà alla sua promessa”.
Il Papa fa un riferimento al Sinodo sulla famiglia e ricorda che proprio “le famiglie che compongono il popolo di Dio ed edificano il Corpo del Signore con il loro amore, sono chiamate ad essere più consapevoli del dono di grazia che esse stesse portano, e a diventare orgogliose di poterlo mettere a disposizione di tutti i poveri e gli abbandonati che disperano di poterlo trovare o ritrovare”.
Infine un invito alla pastorale della vicinanza della Chiesa “alle nuove generazioni di sposi, perché la benedizione del loro legame li convinca sempre più e li accompagni, e vicinanza alle situazioni di debolezza umana, perché la grazia possa riscattarle, rianimarle e guarirle. L’indissolubile legame della Chiesa con i suoi figli è il segno più trasparente dell’amore fedele e misericordioso di Dio”.
E cita se stesso Papa Francesco: “non dimentichiamo che «anche i buoni teologi, come i buoni pastori, odorano di popolo e di strada e, con la loro riflessione, versano olio e vino sulle ferite degli uomini». Teologia e pastorale vanno insieme. Una dottrina teologica che non si lascia orientare e plasmare dalla finalità evangelizzatrice e dalla cura pastorale della Chiesa è altrettanto impensabile di una pastorale della Chiesa che non sappia fare tesoro della rivelazione e della sua tradizione in vista di una migliore intelligenza e trasmissione della fede”.
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