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I seminaristi siciliani a confronto nella XXXVIII edizione del Dialogo

Si svolge nella cornice dell'Anno Santo straordinario e nel bicentenario della erezione della Diocesi di Caltagirone il XXXVIII Dialogo dei Seminari di Sicilia dedicato al tema “Oasi di misericordia in Sicilia; accompagnare, discernere, integrare le fragilità giovanili”. Dal 22 al 24 ottobre prossimi nella cittadina siciliana i seminaristi parteciperanno a dieci tavoli di lavoro affrontando temi "sociali" quali lo sfruttamento della prostituzione, le droghe, le dipendenze, l'immigrazione, l'accoglienza, le ragazze madri ed i carcerati. A spiegare il senso e la struttura di questa XXXVIII edizione è il segretario del Dialogo, il seminarista Rosario Vitale.

Il Dialogo dei Seminari di Sicilia si svolge questo anno a Caltagirone, il paese di don Sturzo, dal 22 al 24 ottobre. Il primo giorno alla presenza di tutti i seminaristi e i rettori di Sicilia coordinati dal Vescovo delegato mons. Pietro Maria Fragnelli avremo i saluti, la preghiera del Vespro e nel dopo cena un intrattenimento culturale tipico della nostra regione ovvero i “pupi siciliani”. Il secondo giorno iniziano i lavori veri e propri con dei tavoli di lavoro doe ogni relatore ci parlerà della realtà che gestisce nella propria Diocesi a servizio degli ultimi, ovvero dello “Oasi di Misericordia”. Nel pomeriggio visiteremo la città di Caltagirone, dove ammireremo soprattutto le famose ceramiche e la scalinata di Maria SS. Del Monte, famosa per i gradini in ceramica, nel tardo pomeriggio verrà celebrata la messa nella cattedrale e vi sarà anche il passaggio dalla Porta Santa. L’ultimo giorno lo concluderemo nella città di Luigi Capuana, Mineo (CT).

Quali sono le tue aspettative, e quelle dei tuoi confratelli?

Non c’è dubbio che è sempre bello incontrarsi, e farlo con cadenza annuale è diventato ormai una tradizione. Sicuramente le aspettative sono tante, soprattutto in questa edizione abbiamo voluto attenzionare quali problematiche affliggono la nostra Terra, quindi penso di accomunare tutti dicendo che l’aspettativa più grande che abbiamo è quella di entrare dentro le sofferenze di tanti nostri fratelli e sorelle per cercare anche noi di dare in un futuro la consolazione che Gesù diede a Marta e Maria senza risparmiare le lacrime che anche Gesù espresse di fronte alla tragedia che accomunava la famiglia dell’amico Lazzaro.

Con quale spirito affrontate queste iniziative e, soprattutto, in che modo intendete ripartire?

Lo spirito che ci accomuna è lo stesso che accomunava gli apostoli, uno spirito di fraternità e di collaborazione, di fatti il Dialogo è nato proprio per questo, non avendo un seminario regionale e non avendo altro modo per incontrarci si è pensato proprio a questo, è un modo quindi per stare insieme e raccontarci… da tutti i punti di vista, è il momento in cui nascono nuove amicizie, in cui ci si scambiano perplessità e paure per il futuro ministero, ma anche le gioie che si provano nel seguire la strada del ministero ordinato. Dopo il Dialogo penso che parlare di Misericordia ci verrà più “facile” proprio perché avremo uno sguardo certamente più ampio sulle varie realtà che offrono quotidianamente un servizio di misericordia verso coloro i quali il mondo chiama ultimi… e senz’altro ripartiremo orgogliosi e propositivi per affrontare il nuovo anno che il Signore ci dona, proprio per questo il Dialogo si è anche pensato ad inizio di anno seminaristico.

Le due parole principali di questa edizione sono dialogo e misericordia. Come vanno coniugate, secondo te, nella quotidianità? 

Io penso che senza dialogo non ci possa essere misericordia, perché proprio conoscendo l’altro puoi renderti conto del suo stato, dei suoi problemi, della storia che gli appartiene, dei bisogni che ha. Oggi questo ci si aspetta da un presbitero, che sappia amare e che sappia dispensare al meglio la Misericordia del Padre come ministro della Chiesa. Certo, non è facile ma io penso che proprio entrando a contatto con il vissuto di chi ti sta dinanzi, entrando in empatia con lui si può arrivare al cuore di tutti ma ciò comporta il compatire ovvero il “cum patire”, provare dolore del male altrui e non un semplice tollerare l’altro, ma un entrare nel suo intimo patendo insieme a lui e questo è proprio quello che nostro Signore ha fatto, essere ultimo con gli ultimi e dispensatore di una misericordia senza limiti.

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