Città del Vaticano , 15 June, 2016 / 3:15 PM
La cappella è al centro della struttura, il tabernacolo è composto con l’argenteria di don Domenico. Fu lui, prete romano cui capitò di essere uno dei diplomatici più abili e importanti della Santa Sede, a volere questo Istituto per ragazzi di talento ma poveri di mezzi. Il Papa ci andrà il prossimo 18 giugno, e starà con i ragazzi (oggi sono tutti studenti universitari) per due ore. Don Domenico è il Cardinal Domenico Tardini, Segretario di Stato di Giovanni XXIII. L’Istituto è l’Istituto Villa Nazareth, fondata 70 anni fa, che con la visita di Papa Francesco si propone di cercare le radici della propria storia.
La storia di Villa Nazareth si è intrecciata con la Storia, sin dalle sue origini. Qui si narra che l’allora Cardinal Angelo Giuseppe Roncalli, alla vigilia del Conclave che lo elesse Papa nel 1958, si fosse recato a parlare con monsignor Tardini, che era pro-Segretario per gli Affari Straordinari della Segreteria di Stato. E parlarono, probabilmente, di Conclave e diplomazia, tanto che, appena eletto, Giovanni XXIII nominò Tardini suo Segretario di Stato. Sempre a Villa Nazareth, nella Sala del Refettorio, si tenne la conferenza stampa del Cardinal Tardini sulla prima commissione preparatoria del Concilio Vaticano II: oggi è rimasta come era allora, con gli stessi tavoli. Qui, tre Papi sono passati in visita: Giovanni XXIII, Paolo VI (che sostenne l’Istituto nel difficile periodo post- Sessantotto), Giovanni Paolo II. Benedetto XVI, invece, accolse l’Istituto in Vaticano, dando il mandato della diaconia della cultura. Ora, la visita di Papa Francesco, con l'idea di andare a riscoprire lo spirito originario dell'Istituto.
Lo racconta ad ACI Stampa l’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali con un passato e un presente diplomatico di tutto rispetto, che di Villa Nazareth è il vicepresidente.
“Abbiamo – spiega l'arcivescovo – due punti di riferimento, e vengono dal Vangelo: la parabola dei talenti e la lavanda dei piedi, perché l’amore si deve fare servizio in mezzo agli altri. A questo aggiungiamo la la dimensione della diaconia della cultura, e il nostro punto di riferimento è l’incontro tra il diacono Filippo e l’eunuco della regina Camdace”.
Papa Francesco trascorrerà due ore a Villa Nazareth. Verrà accolto nel giardino, dove c’è una statua della Madonna che Tardini volle lì, definendola “Mater Orphanorum”. “E’ la madre degli Orfani – racconta Giuseppe Viscome, uno dei ragazzi di Villa Nazareth – perché all’inizio monsignor Tardini aveva raccolto intorno a sé soprattutto bambini, orfani di guerra, cui voleva offrire un futuro. Li chiamava i ‘piripicchi’ e ogni sera, a maggio, diceva con loro il Rosario intorno alla statua. Oggi lo facciamo ancora”.
Quindi, il Papa si muoverà verso la struttura, per un grande incontro in giardino. Il Papa risponderà a sette domande da parte degli ospiti di Villa Nazareth. Ma prima ci sarà una catechesi nella Cappella, solo per gli ospiti dell’Istituto.
A Papa Francesco – dice l’arcivescovo Celli – “abbiamo chiesto di illuminarci commentando la parabola del Buon Samaritano, perché abbiamo bisogno di capire cosa significa essere vicino agli altri, farsi carico delle problematiche dell’altro. Colpisce che Paolo VI, nell’omelia di chiusura del Concilio Vaticano II, abbia indicato proprio nella parabola del Buon Samaritano come la base della spiritualità del Concilio”.
La cappella è dedicata alla Sacra Famiglia, ed è sede di una messa quotidiana alle 19.30, e anche dei 'venerdì di misericordia' che hanno luogo nell'Istituto durante tutto il Giubileo. “Il tabernacolo – racconta Stefano Pepe, un ex ragazzo di Villa Nazareth che ora collabora come coordinatore degli studenti – fu fatto con l’argenteria donata dal Cardinal Tardini, e reca l’iscrizione: ‘Angeli eorum in coelis semper vident faciem patris’. Ovvero, i loro angeli in cielo vedono sempre la faccia del padre. E ‘loro’ si riferisce ai piccoli (è un brano del Vangelo di Matteo, 18), cui il Cardinal Tardini aveva dedicato la sua esistenza”.
Ma chi sono gli ospiti dell’Istituto? Il bando per il concorso di quest’anno – dal 1987 è riconosciuto come “collegio universitario con i contributi dello Stato” - è stato lanciato un mese fa e c'è tempo fino al 17 luglio per fare domanda di ammissione. Spiega monsignor Celli: “Quest’anno riceveremo in casa 8 ragazzi e 8 ragazze. Chi vince il concorso, troverà qui una accoglienza totalmente gratuita, e per una famiglia questo è un grandissimo aiuto, perché i figli possono fare un percorso universitario senza gravare sulla famiglia”.
Ma “Villa”- come la chiama l’arcivescovo Celli – “non è una casa dello studente. Offre un percorso formativo, con l’idea di permettere ai giovani di sviluppare i propri talenti, di aprirsi al dialogo con il mondo”. E la stessa istituzione è aperta al mondo, e a studenti di tutte le età e fedi. Se è vero che la cappella è il centro della struttura, e che il Rosario è ancora un momento comunitario intenso, l’anno scorso hanno vinto il concorso due studenti provenienti uno dall’Afghanistan e uno dall’Etiopia, entrambi musulmani.
È questa l’apertura alle nuove povertà - quella data dalle situazioni di crisi e dalle migrazioni forzate - che si unisce all’aiuto per quanti davvero hanno talento e non possono frequentare alcuna università. Una apertura che dà frutti: uno studente di Villa Nazareth, palestinese, si è laureato in medicina e ora è medico nell’ospedale di Tel Aviv.
“Ogni giovane – racconta monsignor Celli - frequenta la facoltà che desidera. Tra le nostre studentesse, c’era anche una ragazza che studiava canto e oggi è un soprano, che già si è esibita in teatri importanti. Abbiamo una grande varietà di carismi e vocazioni. Il tema di fondo non è l’esito sociale, ma è il capire che ruolo il Signor affida a ciascuno nel contesto del mondo di oggi. Vale a dire, se io vivo veramente i doni che ho ricevuto e li vivo intensamente e li metto a disposizione degli uomini e le donne. Non è la carriera, è mettere in gioco la tua vita, i talenti che hai ricevuto”.
L’unione alla Chiesa è testimoniata da una vicinanza tutta particolare alla Segreteria di Stato vaticana. “Nel passato - racconta monsignor Celli - abbiamo avuto vari dei nostri responsabili che appartenevano alla segreteria di Stato. Il nostro presidente è il Cardinal Silvestrini, che è stato segretario dei Rapporti con gli Stati; io stesso ho lavorato in Segreteria di Stato; anche l’attuale Segretario di Stato, il Cardinal Pietro Parolin, è stato prete assistente in Villa Nazareth; l’attuale nunzio in Libano, l’arcivescovo Gabriele Giordano Caccia, è stato nostro assistente. Insomma, abbiamo cercato sempre questo legame profondo con il Papa e coloro che aiutano il Papa nella Santa Sede”.
Tutto questo, il Papa incontrerà il prossimo 18 giugno. Guarderà le foto del Cardinal Tardini con i suoi 'piripicchi', delle visite dei Papi che lo hanno preceduto, saluterà il Cardinal Achille Silvestrini che lo accoglierà all’arrivo, prenderà contatto con le nuove generazioni e con i vecchi studenti di Villa Nazareth. Perché, una volta usciti dall’Istituto, si continua a fare rete. Villa Nazareth non è solo diaconia della cultura. È una comunità che si estende al di là del percorso universitario e dei confini geografici.
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