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Il Cardinale Battaglia: "L’unità non è un’impresa nostra, ma un dono da accogliere"

Napoli, con la sua tradizione di accoglienza e di dialogo, di fraternità e solidarietà, con la sua identità di città mediterranea, crocevia di popoli e culture, è davvero una terra ecumenica, dove la speranza è pane quotidiano, e il prendersi per mano, un gesto spontaneo, che crea immediata intimità e simpatia: mi auguro davvero che questa sia l’esperienza che le nostre Chiese possano vivere oggi, ritrovandosi per condividere la stessa speranza, rinnovando l’impegno a camminare insieme verso l’unità, testimoniando un amore che supera ogni divisione”. Lo ha detto il Cardinale Domenico Battaglia, Arcivescovo di Napoli, nella sua introduzione il 21 gennaio scorso alla celebrazione ecumenica nazionale in occasione della Settimana di Preghiera per l’unità dei cristiani.

Questo “ritrovarci – ha aggiunto - è ancora più speciale, poiché inserito nelle celebrazioni per i 1700 anni del Concilio di Nicea, Concilio che ha avuto il coraggio di affrontare le sfide del suo tempo, aprendo la strada alla Chiesa indivisa e sottolineando l’importanza della fede in Cristo come fondamento della nostra unità. Proprio per questo oggi siamo chiamati a fare memoria non solo delle nostre diversità, ma anche della ricchezza che deriva dalla nostra unità in Cristo”.

“Ciò che conta davvero – ha osservato il Cardinale Battaglia – è l’amore. L’amore vero, che chiede tutto: cuore, anima, forze. L’amore che chiede di entrare nella vita di ogni giorno, di mescolarsi alle relazioni, di diventare carne nei gesti concreti. Gesti di comunione e di unità, di perdono e riconciliazione. L’amore di Dio infatti non è un tesoro da custodire in segreto, non è un’esperienza privata. È un pane da condividere, da donare, a mani larghe e con cuore felice. È in quest’amore messo in circolo con generosità che possiamo riscoprirci ogni giorno compagni di viaggio, aiutandoci a guardare che ciò che ci unisce è sempre molto di più, decisamente di più, di ciò che ci divide. E questa scoperta quotidiana di unità e comunione può divenire una parabola per questo mondo lacerato da guerre e conflitti, mondo che ha bisogno di profeti di speranza, profeti di un tempo di pace in cui la fraternità sia più forte della divisione”.

“Il nostro ritrovarci in preghiera – ha concluso il porporato - ci ricorda anche che l’unità non è un’impresa nostra ma un dono da accogliere, da invocare e da custodire con umiltà e gratitudine. Perché è un cammino che nasce dall’operare incessante dello Spirito, un cammino fatto di piccoli passi, di mani tese, di cuori aperti, di amore donato e ricevuto. Il mondo non aspetta da noi teorie, ma gesti concreti. Uomini e donne affamati di giustizia, di pace, di dignità, non troveranno risposta nelle nostre discussioni, ma nella capacità che avremo di accoglierli come fratelli e sorelle e di testimoniare la bellezza dell’amore di Cristo. Sono certo che il futuro dell’evangelizzazione passa anche da questo: dal nostro saper essere un cuore solo e un’anima sola”.

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