Città del Vaticano , 26 February, 2016 / 3:00 PM
Declina la carità nel significato originario di amore, Roy Moussalli, in una delle testimonianze rese al convegno sul decennale della “Deus Caritas Est”, organizzato da Cor Unum. Perché è l’amore che può permettere di ricostruire la società in Siria. Una società divisa, lì dove una volta regnava l’armonia. Una società dove c’è bisogno di nuovi spazi per ritrovare se stessi e il rapporto con gli altri.
Nato a Damasco, vissuto tra Beirut e Damasco, Moussalli ha fondato la Syrian Society for Syrian Development, la SSSD. Ha due amici e “profeti”, che cita nella sua testimonianza: Jean Vanier, fondatore de L’Arche and Faith and Light, che lavora con le persone disabili; e Ron Nikkel, per 35 anni a capo di Prison Fellowship International, che lavora con i carcerati. E prigionieri e disabili sono alcune delle categorie sulle quali Moussalli concentra la sua attenzione.
Al di là del lavoro sociale, Moussalli individua una filosofia dietro la sua opera, e questa filosofia è data dall’incontro di Paolo con Anania, l’apostolo che ridona la vista a Saulo dopo che Dio lo ha buttato giù da cavallo. “E’ molto indicativo che l’enciclica è stata pubblicata nel giorno della festa della conversione di San Paolo”.
Perché Saulo è come la Siria di oggi. Se in Siria, “senza esperienza, senza abbondanza di amore, la paura sembra una sensazione predominante”, anche Saulo era “spaventato” e non era “molto differente dai terroristi di oggi”. Ma poi cade da cavallo e Anania (una figura importante per Moussalli, perché sua madre è nata non lontano dalla casa di Anania) gli ridona la vista. Ma “non è una questione di riguadagnare la vista. La trasformazione fu quella da persecutore incapace di vedere e accettare gli altri a persona toccata dall’amore di Dio attraverso la sua accettazione incondizionata del perseguitato, impersonato da Anania”.
È quello che Moussalli spera accada in Siria. Dove la sfida è quella di “vivere la carità e allo stesso tempo essere nutriti dalla carità, di dare amore e ricevere amore”. E allora nel SSSD viene creato uno spazio dove tutti possano pregare, perché “sia nella religione cristiana che negli approcci religiosi, c’è concreto e urgente bisogno di preghiera”. E “l’enciclica Deus Caritas Est sottolinea in maniera splendida il fatto che per “diventare una fonte i amore, dobbiamo costantemente abbeverarci dalla fonte primaria”, ovvero l’amore di Dio.
“In Siria, nel nostro lavoro con i vulnerabili, i giovani, i prigionieri, le persone disabili, e ora con la crisi di cui siamo affetti, e per cui ci sentiamo rotti e perduti, siamo arrivati alla conclusione che abbiamo bisogno di sentirci rinnovati e ispirati dalla contemplazione, per poter così comprendere le esperienze attraverso le quali ci sentiamo rotti, scoprendo così la presenza nascosta di Dio”.
Sottolinea Moussalli: “Nel nostro mondo di divisione, siamo stati chiamati ad aiutare il restauro delle vite e la ricostruzione delle comunità”. L’approccio è quello della giustizia restaurativa, ovvero giustizia e perdono, per nuovi approcci. Ci sono progetti di recupero delle vittime, di recupero dei bulli. Approcci che si cercano di integrare anche nelle politiche, con “programmi di mediazione, circoli di supporto, evidenziazione delle responsabilità.”
A livello individuale le cose hanno funzionato. Ora si tratta di lavorare su ampia scala, per guardare oltre il conflitto in corso e cominciare a curare quanti ne stanno soffrendo.
“Siamo preoccupati per la nostra amata terra, per la sicurezza e la resilienza del nostro popolo… ma non c’è paura, non c’è paura quando si è nell’amore. Non c’è paura in Lui,” conclude Moualli.
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