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Non entrare nel regno di Dio è il fallimento totale della vita. XXVI Domenica del Tempo Ordinario

Il Vangelo di questa domenica ci presenta la risposta di Gesù a Giovanni che si lamenta perchè una persona estranea al gruppo dei dodici caccia un demonio nel Suo nome. L’apostolo, con il suo intervento, sembra volere tutelare “gli interessi” del Signore, ma in realtà è dominato dall’invidia. L’invidioso è colui che vede nella riuscita dell’altro un pericolo per sè. Nel nostro caso, Giovanni non sopporta che Dio, per attualizzare il discorso, possa operare il bene anche al di fuori della Chiesa e che si possa favorire l’annuncio del Vangelo in diversi modi, anche offrendo un semplice bicchiere d’acqua ad un missionario (v. 41). Sant’Agostino scrive al riguardo: «Come nella Cattolica – cioè nella Chiesa – si può trovare ciò che non è cattolico, così fuori della Cattolica può esservi qualcosa di cattolico» (Agostino, Sul battesimo contro i donatisti: PL 43, VI).

Nel cuore di ogni uomo, dunque, ci sono germi di bontà perchè esiste un rapporto dell’umanità con Cristo che va oltre il confine della Chiesa. Questo rapporto nasce dall’Incarnazione. Il Figlio di Dio, assumendo una carne come la nostra, si è in qualche modo unito, misteriosamente ma realmente, ad ogni uomo e donna della terra. Pertanto, ogni azione, ogni opera, ogni gesto di bene che viene compiuto manifesta questa relazione, misteriosa e profonda, con Cristo vero Uomo e vero Dio e nello stesso tempo esprime l’amore e la gratuità della salvezza portata dal Signore Gesù. Per valutare il bene fatto da chi non appartiene al gruppo dei discepoli, Gesù offre come criterio il parlare bene o male di Lui: “Chi nel mio nome compie il bene non può subito dopo parlare male di me” (cf. Mc 9,39). E’ impossibile fare il bene nel nome di Gesù e subito dopo parlare male di Lui!              

Pertanto, i cristiani non devono provare gelosia, ma gioire quando qualcuno che non appartiene alla comunità opera il bene nel nome di Cristo, purché lo faccia con intenzione retta e con rispetto. Ma questo insegnamento possiamo applicarlo  anche all’interno della Chiesa stessa. Quante volte capita che non si riesca a valorizzare e ad apprezzare le cose buone compiute dalle varie realtà ecclesiali. Il Signore, al contrario, ci chiede di “essere tutti e sempre capaci di apprezzarci e stimarci a vicenda, lodando il Signore per l’infinita ‘fantasia’ con cui opera nella Chiesa e nel mondo” (Benedetto XVI).

Dopo avere risposto a Giovanni, Gesù parla dello scandalo e ne chiarisce il contenuto. Esso nasce quando i membri e i responsabili della Chiesa non sono più trasparenza di Cristo  e, per la loro incoerenza, i loro comportamenti non evangelici e la loro predicazione impediscono ad altri di seguire il Signore. Subiscono scandalo, dice Gesù, in particolare “i piccoli che credono in me” (Mc 9,42), che non sono solo i bambini, ma i credenti dalla fede debole, dalla fede semplice.

Da ultimo, Gesù, nel testo del Vangelo, ci presenta una serie di sentenze riguardanti le membra del corpo umano che sono occasione di peccato. Il conseguimento della salvezza eterna è il fine della nostra vita e per questo il Signore invita a compiere ogni sforzo per entrarvi. Infatti, "non entrare nella vita", "non entrare nel regno di Dio” rappresenta il fallimento totale della vita. Significa diventare "rifiuti" da gettare nella discarica per essere bruciati, perché inutili, ingombranti e maleodoranti. Occorre, pertanto, vigilare sul proprio agire (mani: Mc 9,43), sul proprio comportamento (piedi: Mc 9,45) e sulle proprie relazioni (occhi: Mc 9,47) per non divenire un ostacolo alla vocazione e al cammino di fede del fratello e per non perdere irrimediabilmente il dono della vita presente e futura.

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