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Un servizio di EWTN News

Lou Tsen-Tsiang. il ministro degli Esteri cinese che finì i suoi giorni da abate benedettino in Belgio

Una immagine dell'abate Dom Pierre Celestine, al secolo Lou Tseng Tsiang

Tra i testimoni sulla fede che restano sullo sfondo del viaggio di Papa Francesco in Belgio, c’è un abate benedettino, che si chiama Dom Pierre-Célestine. Tuttavia, il suo nome secolare era Lou Tseng-Tsiang, rampollo di una facoltosa famiglia cinese, che aveva scalato la carriera diplomatica fino ad essere parte delle delegazione di Pechino alla Conferenza di Pace di Parigi, dopo la I Guerra Mondiale. Sposato, senza figli, rimasto vedovo, decise di rimanere in Europa e di diventare frate benedettino. E così, la sua esistenza, iniziata a Shanghai nel 1871, finì a Bruges nel 1949, al termine di una vita molto lunga che sembra essere il riassunto di molteplici vite.

Lou Tseng Tsiang nasce in una famiglia anglicana, perché suo padre, Lou Yong-Fong, è catechista anglicano. E così, viene battezzato alla “Società Missionarie di Londra”. Eppure, il suo percorso intellettuale inizia con lo studio del confucianesimo.

A Shanghai, dove è nato, e poi a Pechino, dove studia da interprete, Lou comincia a cercare il Cielo, come diceva lui. A 22 anni, viene inviato all’ambasciata cinese di San Pietroburgo. Il “ministro di cina”, Shu Kin Shen, sarà colui che ispirerà la sua vita. Di fronte alla richiesta di congedo di Lou, la rifiuta, nonostante Lou spieghi che deve occuparsi della sua famiglia, e gli dice che ha dei doveri verso la sua società.

Ma Shu andrà oltre. Dirà a Lou: “Come diplomatico, lei conosce a fondo l’Europa. Ebbene, la forza dell’Europa non risiede nelle armi né nella scienza, ma nella sua Religione. Durante la sua carriera, lei osserverà la Religione cristiana. Abbraccia rami e popoli diversi. Osservi il ramo più antico di questa Religione: il Cattolicesimo, quello che continua a essere fedele alla Tradizione, alle sue origini: ne penetri lo spirito. Studi la sua Dottrina, pratichi i suoi Comandamenti, osservi il suo governo, segua da vicino il suo operato. E più tardi, allorché avrà terminato la sua carriera, forse avrà occasione di andare più oltre ancora: ne diventi discepolo e osservi la vita interiore che deve esserne il segreto. Quando avrà capito e captato il segreto di questa vita, quando avrà sentito il cuore e la forza della Religione di Gesù Cristo, li prenda per darli alla Cina”.

Lou si tagliò il codino, conobbe Berta Bovy. una giovane belga che insegnava francese in Russia, e la sposò nella chiesa di Santa Caterina con rito cattolico, sebbene lui ancora non fosse convertito.

Non ebbero figli, ma Lou ebbe una carriera splendida: nel 1906 è ministro all’Aja (Olanda), nel 1911 è ambasciatore a Pietroburgo, nel 1912 è ministro degli Esteri del Governo, dal 1913 al 1915 è presidente del Consiglio di Pechino, e nel 1917 di nuovo ministro degli Esteri.

Ed è proprio nel mezzo di questa carriera sfolgorante che decide di convertirsi alla Chiesa cattolica. Una conversione che “non è una conversione, ma una vocazione”.

Berta muore nel 1926, dopo una breve malattia e dopo che hanno celebrato le nozze d’argento. Lou aveva da tempo abbandonato la vita politica. Nel 1919, come ministro degli Esteri, aveva guidato la delegazione cinese alla Conferenza di Pace di Parigi.

Pur non coinvolta direttamente nella Prima Guerra Mondiale, la Cina vi ha partecipato a fianco di francesi e inglese, non tanto con le truppe, quando mandando decine di migliaia, se non centinaia di migliaia, di coulis,lavoratori specializzati.

La Cina partecipava alla Conferenza chiedendo giustizia, e in particolare con l’obiettivo di ridefinire i cosiddetti Trattati Ineguali con poteri esteri come la Germania. I delegati cinesi utilizzarono gli ideali della Società delle Nazioni del presidente Woodrow Wilson per supportare le loro richieste, e spinsero la loro causa attraverso i media.

Eppure, la Cina andò incontro ad una sconfitta diplomatica, e persino l’allora monsignor Celso Costantini lamentò che Pechino era stato trattato come un “parente povero”. Durante la conferenza, si parlò persino di trasferire la concessione tedesca dello Shantung, essendo stata la Germania sconfitta, al Giappone, e non riconsegnata a Pechino che aveva rotto la sua neutralità per entrare in guerra con gli alleati.

Lou lasciò dunque la vita politica, e, dopo aver seppellito la moglie a Laeken, nella toma della Famiglia Reale del Belgio, entrò subito al padre Nunnynck per chiedergli di entrare in monastero e consacrarsi a Dio.
Riceve il Battesimo nella Chiesa Cattolica. Intraprende quasi subito il Noviziato con il nome di fra Pietro-Celestino, nell’Ordine di san Benedetto
, e nel 1935 viene ordinato sacerdote proprio da Celso Costantini. Così, il primo ministro cinese, lo statista, era diventato sacerdote e monaco dell’abbazia benedettina di Bruges, in Belgio.

 Il 14 gennaio 1948, su un lettino di ospedale, si sta spegnendo lentamente. Gli sono attorno il vescovo di Nanchino, mons. Yu Pin, l’ambasciatore di Cina a Bruxelles, un confratello benedettino, e – secondo quello che lui dice di vedere – Gesù. Le sue ultime parole sono: “Affido il mio Paese, la Cina, a Gesù: è in buone mani”.

Il suo è stato un lavoro di ponte tra il confucianesimo e il cristianesimo. Tra i suoi libri, gli scritti Souvenirs et pensées (1945) e La rencontre des Humanités et la découverte de l’Évangile (1949).

A proposito della inculturazione del cristianesimo in Cina scriveva in Souvenirs et pensées: “Finché la liturgia cattolica non avrà potuto adottare la lingua letteraria cinese – che, voglio sottolineare, si armonizza in maniera ammirabile con il canto gregoriano –, il culto che la chiesa rende a Dio, il sacrificio della Messa, l’ufficio divino, la liturgia dei sacramenti, l’ammirabile liturgia cattolica dei funerali resteranno, per la razza gialla, un libro totalmente chiuso”.

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