Città del Vaticano , 14 September, 2024 / 4:00 PM
Mentre ci si avvicina al millesimo giorno di guerra in Ucraina, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk prende la parola al tradizionale ricevimento di San Michele a Berlino, delineando le sfide e la speranza del popolo ucraino e il ruolo della Chiesa.
Si attende la partecipazione del Cardinale Pietro Parolin all’apertura dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, mentre intanto è ripresa l’attività nel multilaterale, e sono stati tenuti tre discorsi dalla missione della Santa Sede a Ginevra.
Interessante l’arrivo del primo nunzio residente a Juba, in Sud Sudan, segno di una particolare sollecitudine della Chiesa per la nazione africana.
FOCUS UCRAINA
Ucraina, Sua Beatitudine Shevchuk parla in Germania a 500 membri della società civile
Ogni anno, per la festa di San Michele, l’Ufficio della Chiesa Cattolica a Berlino convoca a Berlino circa 500 tra rappresentanti dei media, intellettuali, parlamentari del Bundestag, in collaborazione con la Conferenza Episcopale Tedesca. L’evento ha uno speaker di onore, che nel 2023 fu il compianto arcivescovo Noël Treanor, il nunzio presso l’Unione Europea scomparso il mese scorso, e che quest’anno è stato Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, padre e capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina.
Shevchuk ha tenuto un discorso in cui ha voluto condividere non la tragedia, ma la speranza e la resilienza del popolo ucraino mentre ci si approccia al millesimo giorno di guerra.
Nel suo discorso, Sua Beatitudine ha ringraziato la Germania per il sostegno all’Ucraina e per aver ricevuto oltre un milione di ucraini sfollati.
Shevchuk ha messo in luce la forza e la resistenza del popolo ucraino mentre si avvicina il millesimo giorno di “carneficina, terrore e morte”.
In particolare, ha ricordato il ruolo della Chiesa in Ucraina, che “per secoli ha accompagnato il suo popolo in gioie e tristezza, e che il suo stesso ministero da arcivescovo maggiore è stato caratterizzato, per undici dei quattordici anni in cui è stato in carica, dalle nubi della guerra.
“Come pastore – ha detto – condivido il dolore delle famiglie delle centinaia di migliaia di persone che sono state uccise e ferite, i milioni che sono stati forzati a lasciare le loro case e le loro terre e hanno perso tutto”.
Sua Beatitudine ricorda che la guerra è iniziata almeno dieci anni fa, con l’annessione della Crimea e la guerra della Russia in Donbass, e che in questa fase della guerra “ci si trova in una maratona durante la quale gli ucraini devono costantemente correre a velocità altissima per non essere sconfitti in una corsa mortale”.
Secondo Shevchuk, non ci possono “essere dubbi della ferocia e malvagità del piano geopolitico della Russia, così come delle sue intenzioni genocide e neo imperiali”, come dimostrano “i massacri di Bucha, Irpin, Borodianka e Iziu”, ma anche il bombardamento di un reparto maternità e di un teatro a Mariupol, la città di Maria, e il missile scagliato a luglio con l’ospedale infantile di Okhmatdyt a Kyiv.
E anche – aggiunge Shevchuk – il rapimento di massa dei bambini, lo stupro delle donne, l’arruolamento forzato degli uomini nell’esercito russo, l’imposizione dell’identità rascista (russa – fascista).
Sua Beatitudine fornisce cifre: 1,4 milioni di case, che ospitavano 3,4 milioni di persone, sono state distrutte; 25.400 chilometri di strade e 344 ponti sono stati danneggiati; la centrale nucleare di Zaporizhzhia è sotto occupazione; 13 milioni di persone hanno lasciato le loro case, e 8 milioni di questi si sono rifugiati in Unione Europea, e l’intenzione della Russia di continuare l’occupazione spingerebbe almeno dieci altri milioni di persone verso l’UE; 630 tra chiese ed edifici religiosi sono stati danneggiati.
Shevchuk mette in luce il pericolo che “se Putin ha successo nell’occupazione dell’intera ucraina, tutte le Chiese ucraine saranno poste in oblio”, come è già successo con la Chiesa Greco Cattolica Ucraina bandita nelle parti occupate dell’Ucraina, mentre non va dimenticato che i due sacerdoti greco cattolici, Bohdan Helet e Ivan Levytsky, sono stati imprigionati, torturati e umiliati per un anno e mezzo prima della loro liberazione.
Sua Beatitudine ha sottolineato che “nessuno vuole la pace più degli ucraini”, i quali tra l’altro nel 1994, con l’accordo di Budapest, hanno deciso di disarmare il loro arsenale nucleare avendo in cambio l’assicurazione che i firmatari dell’accordo avrebbero difeso la sovranità e l’indipendenza ucraina.
Uno dei firmatari dell’accordo era la Russia, che ha invece “invaso l’Ucraina”. Per questo, sottolinea Shevchuk, l’Ucraina “ha il diritto morale di aspettarsi che gli altri garanti, insieme all’intero mondo democratico, aiuteranno a proteggere la nostra sovranità e a ristabilire la nostra integrità territoriale”.
Shevchuk ricorda che l’Ucraina ha garantito alternanza democratica e libertà religiosa, almeno fin quando “la Russia ha distrutto il nostro ciclo democratico cercando di imporre i suoi modi autocratici”. La stessa Russia – ha rimarcato - usa l’arma della paura, paventando anche un conflitto con la NATO.
La paura provoca anche alcune tentazioni pericolose. Come la tentazione di equiparare un facile cessate il fuoco con la pace”, perché tra l’altro “la consunzione dell’Ucraina è solo l’inizio: il Baltico, il Caucaso e le nazioni del Centro Asia non hanno illusioni di esser il prossimo obiettivo”.
Ma anche la tentazione di non sostenere “una pace che accetta l’aggressione come un metodo di successo di appropriarsi del territorio sovrano di un’altra nazione”.
E infine, la necessità di ricordare che “un accordo di pace ha senso quando si confida che tutti i firmatari ne onoreranno gli impegni”, e oggi “su quali basi possiamo assumere che la Russia manterrà la parola”, dato che questa “ha violato tutti gli accordi di sicurezza conclusi con l’Ucraina”.
Sua Beatitudine infine ha sottolineato di sapere che ancora lo Stato di diritto ucraino va perfezionato, e che si deve combattere la corruzione, ma aggiunge che “l’Ucraina sta apprendendo le lezioni della democrazia in circostanze estreme, mentre riflessi autoritari e nichilistici riemergono in Europa e ancora più persone diventano scettiche riguardo la democrazia e i suoi meriti”.
Prima, però, “l’Ucraina deve vincere la pace”, e per questo ha bisogno del supporto delle nazioni occidentali, “per se stessa ma anche per voi”, perché “viviamo in tempi tumultuosi”, e “abbiamo l’opportunità, qui ed ora, quando il Signore manderà il suo spirito per superare le forze del male che oggi assaltano la persona umana e la società umana”.
(La storia continua sotto)
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“Come Chiesa – ha concluso Sua Beatitudine – siamo a fianco alla popolazione ucraina a tutte le persone di buona volontà in Europa e nel mondo, e condividiamo la speranza che viene dalla nostra fede. Condividere la speranza è moltiplicarla”.
FOCUS AFRICA
Sudan del Sud, arrivato il primo nunzio residente
È cominciata la scorsa settimana la missione a Juba dell’arcivescovo Séamus Patrick Horgan, nominato da Papa Francesco nunzio apostolico in Sud Sudan. Da quando è stato aperto un ufficio in Sud Sudan, è il primo nunzio residente nel Paese, segno di una attenzione che la Santa Sede vuole continuare a dare a quello che è il più giovane Paese del mondo, essendosi costituito solo nel 2011.
In una intervista con Vatican News, il nunzio ha raccontato della calorosa accoglienza che ha ricevuto in una Chiesa “gioiosa”, e ha parlato di varie sfide, tra le quali quella di accogliere i rifugiati e portare il Vangelo nei campi dei rifugiati.
L’arcivescovo Horgan ha riferito di un incontro molto toccante con “un gruppo di suore salesiane che dirigono un centro per madri e bambini a Khartoum da prima della guerra, e che sono rimaste a Khartoum durante il primo anno di guerra, senza partire, ma rimanendo vicino a quanti confidavano nel loro aiuto”.
Horgan ha anche sottolineato che “siamo passati da un nunzio che risiedeva a Nairobi e che in genera partiva da là, a un nunzio residente qui (a Juba, ndr), che si spera aiuterà la Chiesa locale.
FOCUS VIAGGI DEL PAPA
Papa Francesco a Timor Est, il primo ministro Xanana Gusmao commenta la visita
In una intervista concessa Fides, l’agenzia del Dicastero per l’Evangelizzazione, lo scorso 11 settembre, il primo ministro di Timor Est Xanana Gusmao fa un bilancio della breve visita di Papa Francesco nel Paese.
In particolare, Gusmao ha notato che la via della riconciliazione scelta da Timor Est con l’Indonesia, lodata anche da Papa Francesco nel suo discorso al corpo diplomatico, “potrebbe essere, nel suo piccolo, un esempio rispetto ai contesti di conflitto nell’attuale scena internazionale, anche in Europa e in Medio Oriente”.
Gusmao ha ricordato che, durante l’occupazione indonesiana, “accanto alla violenza, i massacri, le uccisioni, anche la religione veniva usata dall’oppressore e a volte si volevano costringere le persone a dirsi musulmane. Al contrario, la gente affollava le chiese, i battesimi iniziarono ad aumentare. C' è stato un collegamento tra il lato religioso e la nostra lotta per l'indipendenza. Poi il passaggio tragico del massacro di Santa Cruz (nel 1991, ndr) fu un segnale importante e anche Paesi occidentali iniziarono a prendere in considerazione la nostra lotta per l'autodeterminazione. Il Papa ‘venne al momento giusto’, la sua visita fu provvidenziale, dicono ancora oggi le vecchie generazioni. E crediamo, allora, che anche oggi sia ‘il momento giusto’ per accogliere Papa Francesco”.
Il processo di pace con l’Indonesia “non significa dimenticare le sofferenze e le atrocità del passato”, tanto che “la Commissione per la verità e la riconciliazione ha chiesto anche all’Indonesia di riconoscere i massacri compiuti”, ma vengono ricordati anche “episodi di rispetto, in cui i militari indonesiani si sono rifiutati di compiere violenze sulla popolazione civile indifesa, nonostante gli ordini ricevuti”.
Tuttavia, ha aggiunto Gusmao, “si ricorda il passato per costruire un futuro diverso, fatto di rispetto e di pace”.
A livello internazionale, Timor Est – nazione “giovane” di soli 22 anni – ha lavorato a fare rete confrontandosi con altri Paesi fragili, partecipando all’iniziativa del gruppo “G7+”, una organizzazione intergovernativa che riunisce Paesi che stanno affrontando un conflitto attivo o che hanno recentemente sperimentato conflitti e fragilità e che al momento conta 20 Paesi membri, da Africa, Asia – Pacifico, Medio Oriente e Caraibi.
FOCUS EUROPA
Bielorussia, il coordinatore residente ONU incontra il nunzio
C’è un ufficio ONU in Belarus (Bielorussia, con un coordinatore residente che dallo scorso marzo è l’azerbaijano Rasul Baghirov. Lo scorso 11 settembre, Baghirov ha avuto un incontro con l’arcivescovo Ante Jozić, nunzio apostolico a Minsk. Secondo un post su X dello stesso ufficio del coordinatore, i due hanno discusso di cooperazione, sviluppo sostenibile, giustizia sociale e costruzione della pace, e di raffozamento di valori condivisi.
FOCUS AMERICA LATINA
Argentina, si costituisce il Gruppo Parlamentare di Amicizia con la Santa Sede
Lo scorso 12 settembre, l’arcivescovo Miroslaw Adamczyk, nunzio apostolico presso la Santa Sede, ha fatto visita al neo costituito Gruppo Parlamentare di Amicizia con la Santa Sede. Il nunzio ha sottolineato che la Santa Sede “desidera collaborare con tutti e in favore del bene comune”, notando che Argentina e Santa Sede hanno relazioni diplomatiche dal 1857.
Il deputato Cristian Rotondo, presidente del Gruppo di Amicizia, ha parlato della necessità di “generare uno spazio di collaborazione”, e la co-presidente Alida Ferreyra ha chiesto di “avere una relazione più fluida con il nunzio”, affinché questi sia quello che li guida.
Anche il deputato Diego Giuliano ha affermato che “è importante rimanere in relazioni di amicizia per il ruolo solitario della Chiesa”.
All’incontro hanno partecipato i deputati Santiago Santurio, Vanessa Siley, José Glinski, Adolfo Bermejo e Leila Chaher.
Erano presenti anche Luciana Termine, Direttrice generale della Diplomazia Parlamentare della Camera dei Deputati, e Patricia Cardo, coordinatrice del Gruppo.
Incontro tra il nunzio in Costa Rica e l’ambasciatore UE nel Paese
Lo scorso 11 settembre, l’arcivescovo Mark Gerard Miles, nunzio apostolico in Costa Rica, ha avuto un incontro con Pierre-Louis Lempereur, ambasciatore dell’Unione Europea presso il Paese sudamericano.
Questi ha reso noto in un post su X che la conversazione ha avuto luogo “su temi di interesse, come l’educazione, la promozione della pace, la cooperazione internazionale e i diritti umani”, in un incontro che “riafferma la nostra visione di rafforzare il vincolo co Costa Rica e la Regione.
FOCUS AMBASCIATE
L’ambasciatore slovacco presso la Santa Sede incontra il Cardinale Parolin
Si è svolto il 10 settembre il tradizionale incontro tra Juraj Priputen, ambasciatore slovacco presso la Santa Sede, e il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano. L’incontro si sarebbe dovuto svolgere il 22 agosto, in occasione della presentazione delle credenziali di Priputen al Papa, ma era stato rinviato.
Durante l’incontro, secondo una nota dell’ambasciata slovacca presso la Santa Sede, si è “discusso delle attuali questioni relative alle relazioni tra la Repubblica Slovacca e la Santa Sede, nonché della situazione politica internazionale e della sicurezza nel mondo, inclusa la necessità di una soluzione pacifica in Ucraina e nel Medio Oriente”.
FOCUS MULTILATERALE
La Santa Sede a Ginevra, dibattito alla Sessione Regolare del Consiglio dei Diritti Umani
Lo scorso 11 settembre, si è tenuto al Consiglio dei Diritti Umani di Ginevra un dibattito generale nell’ambito del 57esima sessione regolare del Consiglio dei Diritti Umani.
L’arcivescovo Ettore Balestrero, Osservatore della Santa Sede presso le Nazioni Unite e altre organizzazioni Internazionali a Ginevra, ha tenuto un discorso in cui ha messo in luce come, a 75 anni dalla loro promulgazione, “l’impegno per i diritti umani non finisce mai, e l’attuale stato del mondo fornisce ampia prova di questo”.
L’arcivescovo Balestrero ha guardato all’escalation dei conflitti, specialmente in Ucraina e Gaza, e ha sottolineato che “la Santa Sede ribadisce con forza che la guerra è sempre una sconfitta per tutti e non dà benefici a nessuno”, e chiede ancora una volta “dialogo per facilitare soluzioni giuste e pacifiche”.
La Santa Sede sottolinea che il diritto umanitario internazionale resta fondamentale per salvaguardare la dignità umana”, specialmente in un momento in cui le crisi umanitarie sono esacerbate da “serie e crescenti violazioni” del diritto umanitario internazionale che provocano “immensa sofferenza umana” e favoriscono tra l’altro l’impunità.
L’arcivescovo Balestrero sottolinea che è imperativo oggi “riconoscere che un considerevole numero di individui sono costretti a lasciare le loro case a causa di minacce di violenza o anche persecuzione a causa della loro fede”, e ricorda che “è necessario affrontare il problema in un tempo in cui discriminazione, molestie e violenze stanno crescendo e molte comunità di fede, specialmente cristiane, sono prese di mira”.
La Santa Sede ricorda che gli Stati “hanno un obbligo positivo di promuovere un ambiente che promuove la libertà di religione, credo e coscienza,” i cui frutti sono “una pace più grande e stabilità per tutti”, perché “qualunque cosa colpisce direttamente le comunità religiose ne colpisce altre indirettamente”.
L’arcivescovo Balestrero sottolinea che c’è anche bisogno di “espandere percorsi sicuri e regolari per rifugiati e migranti”, mentre “in luce dell’allarmante crescita delle ineguaglianze globali, è imperativo trascendere le piccole prospettive egoiste, e invece unire le forze”.
La Santa Sede ricorda che i fori internazionali possono promuovere “la fraternità umana tra l’incontro e il dialogo, sviluppando risposte significative alle questioni chiave del nostro tempo”, eppure lamenta che “questo non è sempre il caso”, perché la volontà di parlare non è “troppo spesso accompagnata da una reciproca volontà ad ascoltare”, il che comporta “una tendenza a imporre idee e agende a spese dei poveri e delle nazioni meno potenti”, mettendo a rischio “il progetto multilaterale che prende tempo energia e distrae risorse dalle sfide più grandi che affrontano il nostro mondo”.
Il compito del Consiglio dei Diritti Umani – aggiunge il nunzio – è “strumentale a questi obiettivi”, ma funziona solo se si lavora sul principio di consenso, che può essere raggiunto attraverso un dialogo genuino e il rispetto per la posizione degli Stati sovrani, specialmente riguardo questioni sensibili che concernono la dignità umana”, e per questo “c’è bisogno di un impegno rinnovato”.
La Santa Sede a Ginevra, contro le munizioni a grappolo
Lo scorso 10 settembre, si è tenuto a Ginevra il 12esimo incontro degli Stati Parte alla Convenzione sulle Munizioni a Grappolo.
L’arcivescovo Ettore Balestrero, Osservatore della Santa Sede presso le Organizzazioni Internazionali, ha affermato in un intervento che “nel mettere la persona umana al centro, la convenzione sulle Munizioni a Grappolo è uno strumento vivente e una chiara prova del collegamento diretto tra disarmo e sviluppo”.
La Santa Sede deplora la continua produzione, stoccaggio, trasferimento e uso in conflitti armati delle munizioni a grappolo, e ricorda che “i trattati di disarmo esistenti sono più di semplici obblighi legali, sono anche impegni morali per le generazioni presente e future”, e dunque aderirvi “non è una forma di debolezza”, ma è piuttosto “una nobile fonte di forza e responsabilità verso tutta l’umanità”.
L’arcivescovo Balestrero ha sottolineato che è importante che “l’universalizzazione della convenzione” non è opzionale, ma è un obbligo legale, e ha “dirette implicazioni e conseguenze a largo raggio per le operazioni e l’implementazione efficace di questo strumento, in particolare riguardo all’assistenza alle vittime”.
La Santa Sede è dunque preoccupata dalla uscita di Stati Parte e chiede una piena aderenza alla Convenzione, considerando che “come dimostrano gli attuali conflitti, la pace è indivisibile, e perché sia davvero giusta e durevole deve essere universale”.
Balestrero ammonisce: “Come molti Stati parte e non parte di questa convenzione sanno molto bene, l’eredità mortale delle munizioni a grappolo continua a perseguitare molte vittime innocenti che hanno sofferto la crudeltà dei conflitti”, e per questo “come famiglia di nazioni, dovremmo considerare l’assistenza alle vittime come una responsabilità condivisa”.
Insomma, “nonostante i progressi, il nostro compito è lontano dall’essere completato. La Santa Sede vuole reiterare il suo appello per preservare l’integrità della convenzione e resta confidente che la centralità della persona umana, così come il valore inerente e inviolabile della sua dignità umana continuerà a ispirarne l’implementazione”.
La Santa Sede a Ginevra, i diritti umani per le persone anziane
Il 13 settembre 2024, il Consiglio dei Diritti Umani ha avuto un dialogo con l’Esperto Indipendente sul Godimento di Tutti i Diritti Umani da parte delle persone anziane.
Nel suo intervento, l’arcivescovo Balestrero ha sottolineato che “mentre c’è una fragilità che viene con l’età, le narrativo di declino e le attitudine sull’invecchiamento spesso oscurano la dignità inerente delle persone più anziane”, svalutandone o minimizzando l contributo alla società.
Per questo, la Santa Sede sottolinea che è necessario “contrastare queste narrative di declino” coltivando il rispetto per la persona umana in ogni circostanza, inclusa la vulnerabilità degli anziani, perché “l’infinita, inalienabile e inerente natura della dignità umana deve essere la pietra angolare della protezione efficace dei diritti umani”.
Eppure, afferma Balestrero, “troppo spesso, specialmente nei casi delle persone anziane, la dignità può essere qualificata e condizionale”, sulla base di una mentalità consumistica che “misura il valore della persona umana in termine di produttività, costi ed efficienza”, facendo sì che “il fare invece che l’essere diventi determinante per la politica e i limiti del godimento di tutti i diritti umani”.
Si tratta, nota il rappresentante della Santa Sede, di una attitudine divenuta evidente durante la pandemia del COVID 19, quando si è visto “che le nostre società non sono abbastanza organizzate per fare spazio agli anziani con il dovuto rispetto per la loro dignità e fragilità”.
Ma anche oggi le nostre società sono sfidate, quando uno guarda ai modi in cui gli anziani sono istituzionalizzati, o isolati ed esclusi dalla società, come si nota nella “perniciosa espressione” della legalizzazione del suicidio assistito o l’eutanasia in alcune culture.
Si tratta di culture che “inevitabilmente minano la capacità decisionale nella vita avanzata” perché “le persone più anziane non vogliono sentirsi un peso nella loro famiglia, amici e comunità, e questi percorsi sembrano essere una soluzione semplice”.
La Santa Sede nota che è “evidente che la famiglia sia il luogo primario e privilegiato dove il rispetto intergenerazionale e l’amore si sviluppa e dove il futuro della società è assicurato”, mentre “le Chiese, insieme ad altri luoghi di culto, riflettono questa convinzione e restano spesso uno dei pochi spazi pubblici dove l’amore, il servizio e il rispetto tra le generazioni è curato e dove le persone anziane sono accolte, integrate e supportate”.
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