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Il diritto nella storia della Chiesa: come si è sviluppato, quale il suo impatto

Arco delle Campane, ingresso verso lo Stato di Città del Vaticano

Il Codice di Diritto Canonico, nella sua nuova formulazione, ha compiuto 40 anni, ed è stato forse poco celebrato, se non con una iniziativa di alto profilo all’Università di Bologna. Non è dunque un caso che proprio dall’Università di Bologna venga un manuale, “Il diritto nella storia della Chiesa” (Morcelliana) che aiuta a comprendere come l’idea di diritto, che poi è alla base del diritto canonico si sia sviluppato nella storia della Chiesa.

Autori del libro sono Geraldina Boni, Ordinario di Diritto Canonico, Diritto Ecclesiastico e Storia del Diritto presso l’ateneo felsineo, e Ilaria Samoré, che collabora alla sua cattedra e alla quale si deve lo straordinario lavoro di raccolta di appunti e temi delle lezioni che hanno affrontato le questioni del diritto nella Chiesa partendo dalle origini, affrontando questioni storiche, ma anche politiche, come in fondo succedeva spesso quando la Chiesa degli inizi doveva trovarsi una struttura e una indipendenza.

Ci si trova, in fondo, in un momento in cui comprendere il diritto  è fondamentale per mettere a fuoco la situazione storica che vive la Santa Sede. Il diritto canonico è fonte normativa, è un punto di riferimento che ritorna anche nei processi civili e penali dello Stato di Città del Vaticano, ed ha una sua struttura e una sua storia che non possono essere sottovalutate.

Così, il testo va a rintracciare le fonti del diritto, guarda al modo in cui queste si sono sviluppate, delinea la gerarchia delle fonti normative sin dagli albori della cristianità, dando così una nuova profondità allo studio del diritto canonico.

Che questa profondità sia data dalla storia è un segnale importante. Niente nella Chiesa nasce dal nulla, tutto si riferisce in qualche modo a una storia precedente, e soprattutto tutto ha un primo riferimento nei Vangeli, e in quell’incontro con la persona di Gesù da cui tutto ha origine.

Cosa racconta, dunque, il testo?

Prima di tutto, indica un metodo. La Chiesa cattolica, anche nello sviluppare le sue verità di fede, anche nel difendersi dalle eresie, non ha mai praticato la condanna assertiva degli errori. Ha piuttosto sottolineato l’errore in alcune affermazioni, consapevole che, in fondo, per quanto tutto sia stato rivelato con Gesù, c’è un approccio alla rivelazione che permette all’essere umano non di mettere in discussione le verità di fede, ma di meglio comprenderle e meglio formulare il senso del segno della presenza di Dio nella storia.

È un metodo che, da sempre, definisce la Chiesa, anche quando era il tempo in cui questa aveva un ruolo culturalmente predominante, e questo permette anche di guardare tutta la storia della Chiesa in altra prospettiva. La Chiesa non si chiude alla novità, ma semplicemente difende la sua fede. È una sfumatura complessa e difficile da cogliere, ma le circostanze specifiche non possono negare che le cose avessero questa ratio.

Quindi, il testo racconta un ordine nella Chiesa. Non sempre è stata chiaramente delineata la differenza tra trono e altare, basti pensare che il Concilio di Nicea fu presieduto dall’imperatore Costantino e il Papa non ci andò. Ma questa indipendenza, stabilita dall’evangelico “Date a Cesare quel che è di Cesare” è stata cercata dalla Chiesa, vi si è arrivati attraverso passaggi successivi, fino al momento in cui è diventato completamente chiaro che il Papa dovesse esercitare il suo primato e dovesse essere segno dell’unità della Chiesa.

Ma – e qui arriviamo al terzo punto – sin dall’inizio si è guardato al vescovo di Roma come colui al quale riferirsi per la soluzione delle controverse, dando così il senso di un primato che solo successivamente ha vacillato nel dibattito ecumenico.

In queste situazioni e su queste direttive si è definito il diritto nella storia della Chiesa, che nasce prima di tutto come un esercizio di libertà, e poi come stabilimento di un ordine che permette di evitare la confusione.

Guardare alla storia del diritto è, dunque, un passaggio necessari.. Ma soprattutto quando, alla fine, ci si trova di fronte alla necessità di guardare al diritto in modo globale. Perché, in fondo, è anche ora di regolamentare nuove situazioni, come quelle della possibilità di un Papa impedito – e infatti a Bologna c’è un gruppo di studio che propone legislazioni sul tema.

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