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Un servizio di EWTN News

Meeting 2024, la pace anche in Terra Santa passa attraverso la famiglia e il perdono

All’udienza generale di mercoledì 27 marzo papa Francesco aveva ricordato la storia di Bassam Aramin e Rami Elhanan, uno israeliano ed uno arabo, a cui, anni fa, sono state uccise le figlie di 10 anni (Abir nel 2007) e di 13 anni (Smadar nel 1997); però dopo questa tragedia si sono uniti e portano avanti un percorso di riconciliazione nell’associazione ‘Parents Circle Families Forum’, organizzazione ‘di base’ di famiglie palestinesi e israeliane che hanno perso i propri familiari a causa del conflitto in Terra Santa e che sono animati dal desiderio di una pace duratura. La loro storia è raccontata interamente nel libro pluripremiato dello scrittore irlandese Colum McCann, dal titolo ‘Apeirogon’, che prende il nome da un poligono dal numero infinito di lati.

Nel video proiettato al Meeting dell’Amicizia tra i popoli, in corso a Rimini, papa Francesco aveva esortato i fedeli a riflettere sulla storia di questi due papà e a guardarla come faro in questi tempi feriti della storia, esprimendo al contempo la sua personale gratitudine: “Loro non guardano all’inimicizia della guerra, ma l’amicizia di due uomini che si vogliono bene e che sono passati per la stessa crocifissione”. Terminato il video i protagonisti dell’incontro ‘Una speranza per tutti’ l’applauso delle 10.000 persone è scattato spontaneo per Rami Elhanan, israeliano, padre di Smadar, per Bassam Aramin, palestinese, padre di Abir, e per Colum McCann, autore del romanzo ‘Apeirogon’, che narra la storia dei due padri.

Smadar Elhanan (1983-1997), figlia tredicenne di Rami, fu vittima di un attacco terroristico suicida palestinese in un locale di Ben Jeuda Street, nel centro di Gerusalemme, dove rimasero uccise altre 7 persone e venti rimasero ferite: “Mia figlia era piena di gioia ed energia, nuotava, ballava e suonava il piano e tutti la chiamavano principessa”.

La figlia di Bassam, Abir Aramin (1997-2007), fu colpita alla nuca all’uscita di scuola da un proiettile di gomma, sparato non incidentalmente da una pattuglia di soldati israeliani. Morì il 16 gennaio nello stesso ospedale dove era nata (e dove tredici anni prima era nata Smadar), assistita fino all’ultimo da una equipe di disperati medici. Bassan e la famiglia vivevano ad Anata: una città palestinese nella Cisgiordania sotto l’occupazione israeliana e rinchiuso nella prigione di Hebron per 7 anni. Una volta uscito dalla prigione era stato tra i fondatori del movimento ‘Combattenti per la pace’. Incontrò per la prima volta l’israeliano Rami telefonandogli perché aveva bisogno di unirsi ai genitori di ‘Parents Circle’, di cui Rami faceva parte.

Il ‘Parents Circle-Families Forum’ (PCFF) è un’organizzazione no-profit di famiglie palestinesi e israeliane che hanno perso i propri familiari a causa del conflitto, fondato nel 1995 dall’israeliano Yitzhak Frankenthal, dopo che, nel luglio 1994, suo figlio diciannovenne Arik, mentre era soldato, venne rapito e ammazzato da militanti di Hamas. Il PCFF, con due uffici (uno in Israele e uno a Beit Jala) opera secondo il principio che un processo di riconciliazione è un prerequisito per raggiungere una pace duratura.

Rami Elhanan ha raccontato la sua storia, affermando che era vittima dell’educazione israeliana, ma quando conobbe Aramin si accorse che anche  i palestinesi  erano esseri umani ed è possibile vivere civilmente attraverso il dialogo ed in ogni goccia di sangue versato pulsa il mondo: “Se odi il tuo nemico non fai altro che uccidere te stesso. Quando lo scopri il tuo nemico diventa come te ed è è il primo passo per cercare di capire chi è il tuo nemico e cerchi sempre un modo più efficace per conoscerlo. Quando capisci e credi che alla fine devi sederti e parlare insieme mi sono chiesto il motivo per cui devo aspettare ed ho detto che era ora di sedersi e di parlare adesso insieme prima di continuare ad ucciderci”.

Mentre Bassam Aramin ha sottolineato che non è facile essere palestinese ed ha auspicato la fine dell’occupazione della Cisgiordania: “Non è facile essere palestinese. Non è facile scoprirci e conoscerci. Siamo esseri umani, cioè qualche volta ci si nasconde agli altri, ma conoscendo l’altro si vede qualcosa di molto diverso. Ho conosciuto l’altra parte, quando ho visto un film sull’Olocausto. Ero in prigione e, guardando quel film, volevo divertirmi, perché per me era una sorta di vendetta, perché volevo vedere gli altri torturati od uccisi. Eppoi ho iniziato a piangere, perché erano uccisi milioni di persone innocenti. Per me era una cosa troppo grande, perché non mi aspettavo di vedere queste atrocità. Dopo 25 anni questo film mi ha spinto a conseguire una laurea con il tema sull’Olocausto”.   

Invece l’autore Colum Mc Cann ha sottolineato ch la narrazione di storie salva il mondo, in quanto il cambiamento è possibile solo se ci crede: in questo modo la luce riesce a sconfiggere il buio: “Il tempo passato in Irlanda del Nord, tra Dublino e Derry, dove sono nato e cresciuto, è stato cruciale per me. Il processo di pace irlandese mi ha fornito una comprensione più profonda delle dinamiche in Medio Oriente. Questi incontri hanno il potenziale per riformulare le strategie di pace esistenti e creare opportunità per una risoluzione duratura”.

Al termine dell’incontro è stato ‘tributato’ un lungo applauso alle madri, ricordando il loro dolore nel vedere morire i propri figli, con l’invito ai presenti a non restare in silenzio attraverso un proverbio: “Se si parla si muore; se si rimane in silenzio si muore. Parla e muori”. Proprio per questo la Fondazione del Meeting per l’Amicizia tra i popoli ha deciso, su richiesta del card. Pizzaballa, una parte delle offerte per sostenere l’organizzazione degli eventi riminesi alle necessità della Terra Santa.

Ma c’è un’altra storia raccontata nei giorni precedenti da Mishy Harman, fondatore, direttore e voce di Israel Story, il podcast più famoso d’Israele, e da Federica Sasso, giornalista, operatrice Rossing Center for Education and Dialogue; lui ebreo e lei cattolica; entrambi marito e moglie, che  hanno raccontato la loro vita familiare e lavorativa a Gerusalemme dopo gli eventi del 7 ottobre scorso: “Fondamentale è continuare a parlarsi ed ad ascoltarsi, cercando di sentire la sofferenza dell’altro”.

Però il Meeting dell’Amicizia tra i popoli non ha dimenticato la guerra in Ucraina con un collegamento da Kiev con il Nunzio apostolico a Kiev, mons. Visvaldas Kulbokas, durante l’incontro ‘Se vuoi la pace, prepara la pace’: “Sostenere la società civile in Ucraina, rafforzarla. E poi spiegare cosa è pace. Di fronte alle emergenze le istituzioni hanno capacità limitate, ma le persone sono più in grado di reagire in modo adeguato, rispetto alle istituzioni. Le persone non rimangono intrappolate nelle procedure, nelle regole”, a cui hanno partecipato Oleksandra Matvijcuk, avvocata ucraina e premio Nobel per la Pace 2022, Angelo Moretti, portavoce del Movimento europeo di azione nonviolenta-Mean (nella foto di apertura), Lali Liparteliani ed Anastasia Zolotova, direttrici della Ong ucraina ‘Emmaus’.

Lali Liparteliani ha condiviso la sua esperienza personale di fuga dalla guerra con i suoi figli, descrivendo il dolore e la perdita che accompagnano la condizione di profughi: “L’esperienza di essere profughi è un dolore costante, un allontanamento da tutto ciò che si conosce e si ama”.

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