Macao, 18 July, 2024 / 4:00 PM
A Roma, presso la Pontificia Università Urbaniana, c’era stato anche il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano. E sia a Roma che a Milano, presso l’Università Cattolica, per la prima volta aveva parlato il vescovo di Shanghai Shen Bin, installato con un abuso del governo cinese poi sanato da Papa Francesco, che non ha mancato di portare il punto di vista del governo cinese. C’era, in fondo, bisogno di un altro punto di vista, e questo è stato fornito lo scorso 29 giugno, quando a Macao si è tenuto un simposio internazionale sulla storia e il significato del Concilio di Shanghai.
Per quanti non lo sapessero, il Concilio di Shanghai fu la prima riunione dei cattolici di Cina, sponsorizzata dall’allora legato apostolico Celso Costantini, che definì i criteri per lo sviluppo di una Chiesa cattolica in Cina e pose le basi per la scelta di vescovi “pescati” dal clero locale, e non dai missionari. Era la fine dei grandi protettorati, l’inizio di una missione in Cina che seguiva i dettami della lettera apostolica Maximum Illud di Benedetto XV e puntava alla formazione di una Chiesa locale.
L’evento di Macao, a differenza degli eventi di Roma e Milano, nasceva proprio nell’ambito di un ateneo cattolico cinese, ovvero l’Università di San Giuseppe. La scelta di Macao è simbolica, perché per secoli il posto è stato centro cruciale per il movimento missionario. A partecipare i lavori non erano professori occidentali, ma in gran parte studiosi cinesi – anche questo a testimonianza che il simposio era la perfetta applicazione della Maximum Illud.
Gli studiosi venivano in maggioranza dalla Repubblica Popolare Cinese, ma anche da Taiwan, Hong Kong, Macao, mentre i restanti presenti sono missionari studiosi di lungo corso. Al simposio hanno partecipato anche i due diplomatici della Santa Sede che si trovano nella missione di studio di Pechino sulla Cina, storicamente collegata con la nunziatura di Manila, nelle Filippine. Insomma, un simposio dal profilo ecclesiale e missionario, al quale non si deve guardare se si cercano messaggi di tipo politico.
I lavori sono stati aperti dal Cardinale Luis Antonio Tagle, pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, e dal cardinale John Tong Hon, vescovo emerito di Hong Kong, insieme ai saluti del vescovo di Macao Stephen Lee Bun Sang.
L’arcivescovo Savio Hon Fai Tai, oggi nunzio a Malta, ma già segretario della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, ha parlato dell’esempio del Cardinale Celso Costantini (1876-1958) nell’imparare ad ascoltare la cultura locale, e ne ha ripercorso il lavoro profetico, da vero antesignano. Come, per esempio, quando scrisse che “la Cina sta per i cinesi e i cinesi per Cristo.
L’arcivescovo Hon ha ripercorso le intuizioni profetiche del diplomatico vaticano, il quale già nel 1923 esortava a non chiedere indennizzi attraverso le potenze coloniali per il sangue die missionari uccisi da milizie e banditi, perché “le missioni non avevano bisogno del protettorato, ma della prudenza, della fiducia in Dio e persino della disponibilità ad affrontare l'eventuale morte dei pastori per le pecore”.
Hon ha ricordato che il Concilio cinese aveva come priorità il duplice scopo di “diffondere i l Vangelo e stabilire la Chiesa amministrata dal clero locale”; mentre Costantini chiedeva di “imparare seriamente e apprezzare la lingua e la cultura locali”, e promuovere il clero autoctono nella formazione, nell'ufficio e nella dignità, aprendosi all'architettura cinese, alla musica locale, alle arti, agli stessi abiti cinesi per il clero.
Padre Gianni Criveller, missionario del PIME, direttore editoriale di Asianwes, ha accostato la figura di Costantini a quella dl Beato Paolo Manna, fondatore dell’Unione Missionaria del Clero e membro del PIME, rilanciando l’idea di un secondo grande concilio cinese, di cui “ci sarebbe tanto bisogno, perché ci sono sfide recenti che richiedono l’azione del popolo di Dio”, come l’interculturalità, oppure una riflessione teologica che possa portare i fedeli ad esprimere la loro fede in un modo congeniale alla loro vita quotidiana”.
La professore Wang Meixu, docente emerito dell’Istituto delle religioni mondiali dell’Accademia delle Scienze sociali di Pechino, ha sottolineato come “negli ultimi anni, a causa di una serie di regolamenti e leggi, i bambini e gli adolescenti di età inferiore ai 18 anni non possono partecipare alla catechesi - ha ricordato - né entrare nei luoghi di culto. E il numero di persone che possono entrare nelle chiese si è ridotto rispetto a prima”.
Mentre – ha continuato Wang – in passato “i bambini potevano essere visti facilmente nelle immagini di vari siti web gestiti dalla Chiesa”, ora “si vedono solo adulti. Ricordo che negli anni '80 e '90 del secolo scorso alcuni usavano il termine ‘febbre cristiana’ per descrivere il fenomeno dell'aumento del numero dei cristiani, e c'era chi diceva addirittura che la crescita del numero di persone in quel periodo tendeva a essere esagerata”.
La domanda è se sono calati i cattolici, anche perché dopo la pandemia la partecipazione alla Messa è calata. Wang ha notato che negli ultimi anni “nel campo dell'economia continentale sono stati spesso inventati nuovi termini, come ridurre lo sviluppo, ridurre le scorte e così via. Saranno utilizzati termini simili anche per descrivere l’andamento del numero dei cattolici in Cina?”.
Tra i temi dl simposio, anche il documentario sul lavoro dei gesuiti americani durante l’inizio della Guerra Fredda, che mostranosenz’altro alcune immagine inedite.
Il 28 giugno, le relazioni di Cindy Chu Yik Yi, Rachel Zhu Xiao Hong, Leopold Leeb, Franz Gassner, Andrew Leong, Pan Zhi Yuan, Claire Chan Mo Chun, Benedict Keith Ip Ka Kei hanno indagato sull’influenza del Consiglio di Shanghai nella diversi campi, ad esempio i media cattolici, la traduzione della Bibbia e il lavoro missionario.
Il 29 giugno gli interventi di David Francis Urrows e Lionel Hong Li Xing sono stati incentrati sullo Shanghai Council e sulla musica sacra cinese, che ha fatto il punto sullo sviluppo della musica sacra cattolica in Cina dalla fine dell'Ottocento alla prima metà del Novecento . Infine, Jean-Paul Wiest ha ripercorso il modo in cui il Concilio di Shanghai portò alla consacrazione di sei vescovi cinesi nel 1926.
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