Manila, 06 July, 2024 / 4:00 PM
Dall’1 al 5 luglio, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati, è stato nelle Filippine. Santa Sede e Filippine hanno piene relazioni diplomatiche da 73 anni. La visita è stata l’occasione, per il “ministro degli Esteri” vaticano, di partecipare alla “Festa del Papa” della nunziatura e anche di tenere una conferenza sulla diplomazia della Santa Sede.
Cambia la “geografia” degli ambasciatori residenti presso la Santa Sede, con tre visite di congedo importante: quella dell’ambasciatore dell’Unione Europea presso la Santa Sede Alexandra Valkenburg (l’Europa ha già scelto Selmayr come successore, rendendo nota la nomina prima dell’agreament vaticano), quello dell’ambasciatore gli Stati Uniti presso la Santa Sede Joe Donnelly, e quella dell’ambasciatore di Paraguay presso la Santa Sede María Leticia Casati Caballero.
Diversi gli spostamenti nelle nunziature pontificie, come succede sempre in questo momento nell’anno. Ci sono anche alcuni nuovi ingressi nella carriera diplomatica.
FOCUS FILIPPINE
L’arcivescovo Gallagher nelle Filippine
L’arcivescovo Paul Richard Gallagher, Segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali, è stato in viaggio nelle Filippine dall’1 al 5 luglio. Durante il suo soggiorno, ha preso parte alla Festa del Papa presso la Nunziatura Apostolica di Manila.
Il 2 luglio, l’arcivescovo Gallagher ha avuto un incontro con il presidente delle Filippine Ferdinand Marcos Jr.
L’ufficio di comunicazione del presidente ha reso noto che Marcos ha evidenziato che le Filippine hanno relazioni diplomatiche con la Santa Sede da ben 73 anni – le relazioni sono state stabilite l’8 aprile 1951. Marcos ha detto che “abbiamo continuato a lavorare in consonanza molto stretta con il Vaticano per molti anni, ormai. Ci dichiariamo non una nazione cattolica, ma una nazione molto cattolica.
Prima di incontrare il presidente Marcos, l’arcivescovo Gallagher ha anche incontrato il Segretario per gli Affari Esteri Enrique Manalo. I due hanno discusso diverse questioni, inclusi gli sviluppi nel Mare delle Filippine Occidentali. Il mare è scenario di varie tensioni con la Cina, sebbene alcuni giorni fa le Filippine hanno fatto sapere di aver concordato con Pechino una de-escalation delle tensioni.
Gallagher nelle Filippine, la conferenza stampa con il suo omologo
Dopo l’incontro con il ministro degli Esteri Manalo, Gallagher ha avuto insieme al suo omologo anche a una conferenza stampa congiunta. Si è affrontata anche la escalation di tensioni tra la Repubblica popolare cinese e le Filippine sulla navigazione nelle acque che Pechino ritiene essere sotto la sua sovranità.
Quella cinese è una pretesa arbitraria, ma la Guardia Cinese sta utilizzando maniere sempre più forti, con forte danneggiamento dei pescatori filippini. Nei giorni scorsi vi è stato addirittura un abbordaggio di un’imbarcazione militare filippina nell’area delle Isole Spratly, che Manila considera come una propria Zona economica esclusiva.
Gallagher ha sottolineato che “la posizione della Santa Sede è chiara: in queste situazioni deve essere compiuto ogni sforzo per risolvere pacificamente il conflitto. Incoraggiamo le parti a rispettare il diritto internazionale e a perseguirlo come la strada per risolvere le difficoltà e i problemi nel migliore interesse di tutti”.
Il ministro Manalo, da parte sua, ha ricordato i tanti altri ambiti di collaborazione tra la Santa Sede e Manila: in particolare ha spiegato che si sta lavorando a un accordo per il riconoscimento dei titoli ecclesiastici rilasciati dalle Università Pontificie, a beneficio dei tanti sacerdoti e suore filippini che studiano a Roma. Ha inoltre sottolineato l’attenzione di papa Francesco alle crisi provocate dal cambiamento climatico, che anche nelle Filippine spesso vanno a colpire duramente soprattutto i più poveri e vulnerabili.
Interpellato poi sulla questione politicamente molto calda oggi a Manila della legge sul divorzio - approvata dalla Camera bassa e in attesa di discussione al Senato – il segretario vaticano per i rapporti con gli Stati ha detto che sono i vescovi del Paese a doversi pronunciare sulla legge in discussione, pur ricordando che “l’insegnamento della Chiesa cattolica sul matrimonio è molto chiaro e ben noto”,
L’arcivescovo Gallagher ha ricordato che la Santa Sede è particolarmente legata alla relazione con il Paese del sud-est asiatico, “per il contributo molto significativo che i filippini danno, come cattolici, in tutto il mondo, al benessere della Chiesa cattolica e di molte delle nostre comunità”. I cattolici delle Filippine, ha aggiunto il segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali, “sono ottimi agenti per l’evangelizzazione e per la condivisione della Buona Novella del Vangelo”. Ed ha concluso ricordando che le priorità per la Santa Sede, in questo momento, “sono chiaramente i molti, troppi conflitti nel mondo oggi, e la necessità di promuovere la pace attraverso il dialogo e i negoziati. E noi crediamo che in molti di questi aspetti la Santa Sede e la Repubblica delle Filippine condividano gli stessi valori, la stessa visione delle cose, e quindi probabilmente potremo lavorare insieme anche in futuro”
Il 3 luglio, il “ministro degli Esteri” vaticano si è trasferito a Malaybalay, nella regione del Mindanao Settentrionale, e lì ha partecipato alla sessione plenaria della Conferenza Episcopale delle Filippine. Il 4 luglio, Gallagher ha celebrato nell’Abbazia della Trasfigurazione.
L’arcivescovo Gallagher alla Giornata del Papa
Nel suo discorso per la Giornata del Papa, l’arcivescovo Gallagher ha ricordato il suo lavoro da giovane segretario e consigliere di nunziatura a Manila tra il 1991 e il 1995. Ma, al di là di quello, l’arcivescovo ha voluto sottolineare “la solidità e vicinanza delle relazioni bilaterali che sono esistite tra la Santa Sede e la Repubblica delle Filippine per più di sette decenni – relazioni che continuano ad essere caratterizzate da amicizia e cooperazione mutua in innumerevoli campi”.
L'arcivescovo Gallagher ha ricordato che la comunità cattolica filippina è la terza nel mondo per estensione, che le Filippine hanno anche per questo potuto ricevere tre Papi in quattro diverse visite (1 volta Paolo VI, 2 volte Giovanni Paolo II, 1 volta Papa Francesco), e che molti filippini saranno anche ad accogliere il Papa durante il suo prossimo viaggio in Asia.
Parlando dell’attività diplomatica della Santa Sede, l’arcivescovo Gallagher ha messo in luce che la Santa Sede ha relazioni diplomatiche con 184 Stati e rapporti multilaterali con circa 30 organizzazioni internazionali. Tuttavia, Gallagher si è detto “deliziato” dal fatto che i rappresentanti diplomatici di sei nazioni che non hanno relazioni diplomatiche con la Santa Sede fossero comunque presenti alla festa del Papa.
Lo sguardo dell’arcivescovo si è poi rivolto ai conflitti armati e le tensioni crescenti in tutto il mondo. La Santa Sede, ha detto Gallagher, ritiene “il dialogo come un mezzo per superare i conflitti del nostro tempo”, lamentando invece la tentazione di abbandonare il dialogo e di lasciarsi andare nella gestione di un mondo “con i blocchi di potere ostili” che non porterà “la pace e la sicurezza di cui il mondo ha bisogno”.
Gallagher nelle Filippine, l’incontro con i vescovi
Il 4 luglio, l’arcivescovo Gallagher ha celebrato Messa nell’Abbazia della Trasfigurazione di Malaybalay. Parlando davanti ai numerosi vescovi presenti, il “ministro degli Esteri” vaticano ha sottolineato che “a volte può sembrare che la nostra predicazione e il nostro insegnamento cadano nel vuoto e non abbiano alcun effetto percepibile. Ma ricordiamoci che è nella nostra costanza e coerenza, sempre nella carità, che si esercita la nostra autorità morale di vescovi. Dobbiamo essere pazienti e confidare nella potenza del Signore”.
(La storia continua sotto)
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L’arcivescovo ha poi ricordato il titolo del libro del Cardinale Agostino Casaroli, “Il martirio della pazienza”, e ha affermato che nella “testimonianza coerente e paziente si manifesta la nostra autorità morale di vescovi”.
Gallagher ha poi argomentato che “la leadership di servizio non significa che siamo chiamati ad essere timidi, silenziosi o complici di fronte all’ingiustizia e al male. Ci sono momenti in cui noi, come vescovi, come leader servitori, dobbiamo usare la nostra autorità morale per opporci all’autorità dei poteri di questo mondo. Pensiamo all’esempio di sant’Óscar Romero e a quello di innumerevoli martiri nella storia della Chiesa”.
Nel suo incontro successivo con i vescovi delle Filippine, il “ministro degli Esteri” vaticano si è poi soffermato sul compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, di cui si celebra nel 2024 il ventesimo anniversario. Gallagher ha in particolare delineato quattro temi fondamentali del compendio: la famiglia, la crisi demografica, il rapporto tra comunicazione e politica, e infine le migrazioni.
Nel descrivere l’importanza per la famiglia nel Paese, l’arcivescovo ha anche notato che il mondo oggi è segnato da una crisi demografica che non risparmia nemmeno le Filippine, la cui economia “si basa sul capitale umano, cioè sul gran numero di filippini in età lavorativa, sia qui che all’estero”, una realtà che cambierà con l’attuale tasso di fertilità in rapido calo.
Per quanto riguarda la democrazia, questa – ha detto Gallagher – “se vuole funzionare, richiede la libera circolazione delle informazioni, la capacità sia di scambiare informazioni sia di verificare i fatti così come vengono presentati, con un’apertura alla proposta di nuove soluzioni”.
Gallagher ha poi notato che il compendio, subito dopo la sezione su informazione e democrazia, presenta il rapporto tra Chiesa Cattolica ed autorità politica, con principi chiari. Ovvero “l’ordine politico gode di una propria legittima autonomia, che la Chiesa è chiamata a rispettare, così come la Chiesa stessa si aspetta che la sua libertà non venga lesa dalle autorità politiche”.
Per quanto riguarda l’ultimo tema, quello delle migrazioni, il presule ha ricordato che le Filippine sono un Paese con un altissimo numero di persone che lavorano all’estero.
FOCUS NUNZIATURE
Nunziature, ecco tutti i cambi del personale diplomatico
Nell’ultimo mese, ci sono stati diversi avvicendamenti del personale diplomatico della Santa Sede. Gli avvicendamenti fanno parte di una normale rotazione, che prevede anche una esperienza in nunziature di tre continenti diversi prima di un passaggio in Segreteria di Stato e poi, eventualmente, il salto di qualità nella carriera diplomatica.
La nunziatura in Marocco accoglie così mons. Edouard Martial Akom, che finora ha prestato servisio nella nunziatura apostolica in Venezuela.
Monsignor Kevin Justin Kimitis lascia la nunziatura di Nuova Delhi per unirsi a quella del Guatemala, mentre il Rev. Martin Pinet si sposta dalla nunziatura apostolica in Iran alla nunziatura apostolica in Tanzania, dove prende il posto di monsignor Richard Gyhra, destinato a rappresentare la Santa Sede alle organizzazioni internazionali a Vienna.
Il posto di Pinet alla nunziatura di Teheran viene preso dal Rev. Febin Sebastian, che si trasferisce dalla nunziatura apostolica in Grecia. A sua volta, František Stanek viene trasferito ad Atene dalla nunziatura apostolica in Repubblica Centrafricana.
Monsignor Jan Thomas Limchua ha lavorato finora nella sezione per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali della Segreteria di Stato: lavorerà nella nunziatura nei Paesi Bassi. Il suo posto in Segreteria di Stato viene preso dal Rev. Tomislav Zubac, che proviene dalla nunziatura apostolica in Brasile. Anche Mons. Ogoudjiwi Koudakpo Yaovi Gilbert Tsogli viene trasferito in Segreteria di Stato dalla Liberia. Michele Tutalo viene inviato a lavorare in Segreteria di Stato, e lascia la nunziatura in Kazakhstan, sostituito dal Rev. Vincenzo Marinelli, che lascia così la nunziatura in Camerun.
Il Camerun, comunque, non resta sguarnito: arriva il Rev. Linku Lenard Gomes dalla nunziatura apostolica in Paranà. La posizione a Monrovia viene coperta da monsignor Francesco Diano, che finora era in Sri Lanka, mentre mons. Suman Paul Anthony lascia il Mozambico per tornare a lavorare in Terza Loggia, e il suo posto viene preso dal Rev. Aghabius Gergis.
Cambi anche alla nunziatura di Singapore, proprio mentre sta organizzando un viaggio papale. Monsignor Patrick Zay Han viene trasferito in Irlanda, e il suo posto viene preso da Mons. Marinko Antolović, trasferito dalla nunziatura apostolica in Bangladesh.
La nunziatura degli Stati Uniti si rafforza con l’arrivo di mons. Vecéslav Tumir, che arriva dalla nunziatura in Svizzera, mentre a Berna arriva il Rev. Micael Carlos Adnrejzwski, trasferito dal Senegal.
Mons. Ante Vidović viene trasferito dalla nunziatura in Messico a quella in Gran Bretagna e il suo posto in Messico viene preso da mons. Joseph Puthernpurayil Antony, arrivato dalla nunziatura in Brasile. Alla nunziatura in Brasile arriva invece, dalla nunziatura di Costa d’Avorio, Artur Kola.
Come si sa, Papa Francesco ha voluto che, al termine del percorso di studi in Accademia Ecclesiastica, i futuri diplomatici della Santa Sede compissero un anno di missione.
Hanno terminato l’anno missionario Cosimo Alò, inviato in Repubblica Centrafricana; Basil Mbah, inviato a Panama; Ivan Joy Martis, destinato alla nunziatura di Bolivia; Anderson Francisco Fanello, che andrà in Senegal; e Hezron Jjud Cartagena, inviato in Costa d’Avorio.
Don Alessio Deriu, consigliere di Nunziatura a Singapore, lascia la carriera diplomatica e torna in diocesi. Nel 2012, aveva lasciato l’amministrazione straordinaria della parrocchia di Thiesi, in Sardegna, per intraprendere il percorso di studi nella Pontificia Accademia Ecclesiastica.
Anche don Cristiano Antonietti esce dai ranghi della carriera diplomatica della Santa Sede. Nel 2021 è stato nominato cerimoniere pontificio, era segretario di nunziatura in servizio alla sezione Affari Generali della Segreteria di Stato vaticana.
Papa Francesco nomina il nunzio in Angola
È stato tra coloro che hanno aiutato nei rapporti con gli Emirati Arabi Uniti, e in particolare nel mantenere i rapporti dopo la firma della Dichiarazione della Fraternità Umana ad Abu Dhabi. Ora, monsignor Kryspin Dubiel, consigliere di nunziatura, è stato nominato da Papa Francesco lo scorso 6 luglio come nunzio apostolico in Angola.
Polacco, classe 1973, sacerdote dal 1998, si è inizialmente incardinato nella diocesi di Przemyśl, che è anche la diocesi di cui faceva parte la famiglia Ulma. Nel servizio diplomatico della Santa Sede dal 2004, ha lavorato nelle rappresentanze pontificie di Rwanda, Bielorussia, Colombia, Filippine, Polonia, Slovenia e, come detto, negli Emirati Arabi Uniti, la sua ultima destinazione prima della promozione ad ambasciatore del Papa.
Un nuovo rappresentante della Santa Sede a Vienna
Il titolo è complesso e racchiude il ruolo in tutte le organizzazioni: Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzioni Specializzate a Vienna e presso l’ONUDI e di Rappresentante Permanente presso l’AIEA, il CTBTO e l’OSCE. La persona destinata a questo incarico è però un esperto: si tratta di Richard Allen Gyhra che negli ultimi anni ha prestato servizio presso la Rappresentanza Pontificia in Tanzania.
Gyhra ha tuttavia una vasta esperienza nel multilaterale, avendo servito nella Missione della Santa Sede a Ginevra negli anni in cui era guidata dall’arcivescovo (poi cardinale) Silvano Maria Tomasi e nei primi anni con l’arcivescovo Ivan Jurkovic come osservatore, ed avendo subito dopo lavorato nella seconda sezione della Segreteria di Stato proprio nel desk del multilaterale. Sacerdote dal 1999, statunitense (del Nebraska) di origine, Gyhra ha prestato servizio anche nella nunziatura della Repubblica Dominicana.
FOCUS AMBASCIATE
Tre ambasciatori della Santa Sede in visita di congedo
Il 6 luglio, tre ambasciatori residenti presso la Santa Sede sono stati in visita di congedo da Papa Francesco. Il primo è l’ambasciatore Joseph Donnelly, che dal 2022 ha rappresentato gli Stati Uniti d’America presso la Santa Sede. Nello stesso giorno, Donnelly è stato anche tra i 14 ambasciatori residenti che hanno ricevuto l’Ordine Piano dalle mani dell’arcivescovo Edgar Pena Parra, sostituto della Segreteria di Stato.
Quindi, ha potuto congedarsi dal Papa María Leticia Casati Caballero, ambasciatore del Paraguay. Anche lei rappresentava il suo Paese dal 2022, e anche lei è stata uno dei 14 ambasciatori che hanno ricevuto l’Ordine Piano.
Infine, Alexandra Valkenburg-Roefols, che negli ultimi quattro anni ha rappresentato l’Unione Europea presso la Santa Sede.
FOCUS MULTILATERALE
La Santa Sede a Ginevra, la sfida della povertà estrema
Il 3 luglio, il Consiglio dei Diritti Umani a Ginevra ha ospitato un cosiddetto “dialogo interattivo” con il Relatore Speciale del Rapporto su Povertà Estrema e Diritti Umani.
L’arcivescovo Ettore Balestrero, Osservatore della Santa Sede presso le organizzazioni internazionali a Ginevra, ha commentato il rapporto, intitolato “Sradicare la povertà oltre la crescita”. Secondo il nunzio, il rapporto “mette alla prova il modello basato sulla crescita
economica, la crescita del PIL e la massimizzazione del profitto”.
Non è il caso, ha detto Balestrero, che “gli esclusi continuino ad aspettare”, sottolineando la visione di una crescita integrale promossa dalla Santa Sede che “include tra le altre cose il diritto alla vita, l’integrità del corpo, e rassicura il necessario per l’appropriato sviluppo della vita, incluso il cibo, il vestiario, il tetto, la cura medica, l’educazione, il riposo e i necessari servizi sociali”.
Balestrero chiede infine al relatore speciale “quale ruolo prevede le organizzazioni di ispirazione religiosa possano giocare non solo nel mitigare l’impatto della povertà estrema, ma anche la costruzione di una economia più giusta con la persona umana e la dignità umana al centro?”
FOCUS SEGRETERIA DI STATO
Monsignor Wachowski in riunione con il suo omologo Greco
Monsignor Miroslaw Wachowski, sottosegretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha incontrato la sua omologa greca, il viceministro per gli Affari Esteri Alexandra Papadopoulou. Lo ha comunicato sia l’account X della Segreteria di Stato “Terza Loggia” che quello del ministero degi Esteri greco.
Il dialogo tra loro si è incentrato sul dialogo interreligioso e sul rafforzamento della cooperazione bilaterale. Durante l'incontro sono stati discussi anche gli sviluppi internazionali, come la situazione in Medio Oriente e in Ucraina.
Il Cardinale Parolin al Premio Ambasciatori
Lo scorso 2 luglio, è stato conferito a Piero Damosso il Premio Letterario degli Ambasciatori accreditati presso la Santa Sede per il suo libro “Può la Chiesa fermare la guerra. Una inchiesta a sessanta anni dalla Pacem In Terris.
Intervendo alla premiazione, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha sottolineato che “a volte sembra che il lavoro diplomatico produca piccoli esiti ma non dobbiamo stancarci o cedere alla tentazione della rassegnazione”;
Nel suo intervento, il Cardinale Parolin ha ripercorso la nascita della Pacem In Terris, definendola “un testamento”, perché “quelle parole così intense di Roncalli sono un patrimonio da custodire e far crescere, ciascuno assumendosi le proprie responsabilità”.
Parlando a margine dell’evento, il Cardinale Parolin ha sottolineato che non c’è mai una guerra giusta, commentando anche il documento diffuso dalla Commissione Giustizia e Pace di Terra Santa in cui si contesta l’uso improprio della espressione “guerra giusta” a proposito della violenza su Gaza.
“Sappiamo – ha detto il Cardinale - che sul concetto di guerra giusta c’è molta discussione oggi, la guerra giusta è la guerra di difesa. Però oggi con le armi che ci sono a disposizione diventa molto difficile questo concetto, credo che non ci sia ancora una posizione definitiva ma è un concetto in revisione”.
Parlando poi della sua recente visita in Libano, il Cardinale Parolin ha detto che l’urgenza in Libano è “di avere un presidente, di chiudere questa crisi istituzionale che sta danneggiando un po’ tutto, tutto il Paese”. Il Segretario di Stato vaticano auspica anche un ruolo attivo dei cristiani nel sistema libanese, e ha confermato che il Cardinale Bechara Rai, patriarca maronita, “ha sempre cercato di unire i cristiani e sembra che ci sia volontà da parte dei partiti cristiani di unirsi, di proporre uno o più candidati accettati comunemente”.
Parolin ha incontrato anche i capi religiosi del Libano, con l’eccezione degli sciiti, che non si sono presentati. Sono sciiti anche gli Hezbollah, ed il problema è proprio da quella parte, ha notato il cardinale.
Per quanto riguarda l’Ucraina, il cardinale Parolin ha sottolineato che gli ucraini hanno sempre rifiutato un cessate il fuoco, e che per il governo ucraino se non ci sono garanzie “questo potrebbe essere soltanto una sosta per ricominciare poi in maniera ancora più cruda, più dura. Noi speriamo davvero - si augura ancora Parolin - ci possa essere una tregua, e poi un negoziato”.
Il cardinale sottolinea che invece ci potrebbero essere altri scambi di prigionieri, come quello che ha portato alla liberazione dei due sacerdoti greco cattolici, perché parte di un meccanismo che funziona e che è distinto da quello della restituzione e i bambini.
FOCUS TERRASANTA
La commissione Giustizia e Pace di Terrasanta: “Non esiste una guerra giusta”
L’1 luglio, la Commissione Giustizia e Pace di Terra Santa ha diramato una nota in cui ha denunciato l’uso “improprio” del termine “guerra giusta” riferito al conflitto a Gaza tra Israele e Hamas. La Commissione è parte dell’assemblea degli ordinari cattolici di Terrasanta.
Secondo la commissione, il termine “guerra giusta” è stato “utilizzato per giustificare la violenza in corso nella Striscia”, ma che questo non sia consistente con la definizione di guerra giusta del Catechismo della Chiesa Cattolica. La commissione si dice dunque “indignata dal fatto che gli attori politici in Israele e all’estero stiano utilizzando la teoria della guerra giusta per perpetuare e legittimare la guerra in corso a Gaza”.
La nota mette in luce che si può legittimamente rispondere in maniera armata ad una aggressione quando altre strade usate per porvi fine siano impraticabili e inefficaci, ma questa risposta “non deve provocare distruzioni e sofferenze a persone innocenti maggiori del male da eliminare.
Le guerra giuste – si legge ancora – “devono distinguere chiaramente tra civili e combattenti, un principio che in questa guerra è stato ignorato da entrambe le parti con risultati tragici. Le guerre giuste devono anche impiegare un uso proporzionato della forza, cosa che non si può facilmente dire di una guerra in cui il bilancio delle vittime palestinesi è di decine di migliaia di persone superiore a quello di Israele, e in cui una netta maggioranza delle vittime palestinesi sono state donne e bambini”.
La commissione, dunque prende le distanze dalla reazione di Israele agli attacchi del 7 ottobre, sottolineando che “pur essendo una piccola comunità in Terra Santa, come cattolici siamo parte integrante dell’identità di questa terra. Non vogliamo essere usati per giustificare questa violenza. La testimonianza che portiamo non è di guerra, ma di amore, di libertà e uguaglianza, di giustizia e pace, di dialogo e riconciliazione. Non possiamo permettere che parole come ‘giusto’ vengano usate per giustificare ciò che è ingiusto, crudele e devastante”.
Su “guerra giusta” in Terrasanta, la risposta dell’ambasciata di Israele presso la Santa Sede
Il 2 luglio, l’ambasciata di Israele presso la Santa Sede ha risposto alla nota della Commissione Giustizia e Pace con una dura precisazione.
Secondo l’ambasciata, “contrariamente al testo del documento, gli obiettivi dell'operazione nella Striscia di Gaza, fin dal primo giorno erano chiari: porre fine al dominio di Hamas in questo territorio e garantire che atrocità come quelle commesse il 7 ottobre non si ripetessero”.
L’ambasciata contesta anche che entrambe le parti in conflitto abbiano ignorato il principio della distinzione tra civili e combattenti, perché “i fatti mostrano che lsraele fa del suo meglio per fare la distinzione sopra menzionata mentre Hamas sta facendo il contrario, incorporando deliberatamente civili e combattenti come elemento centrale nella sua strategia di combattimento, apparentemente sapendo che ci saranno quelli che incolperanno lsraele”.
Inoltre, l’ambasciata sottolinea che il modo in cui viene utilizzato il termine “guerra giusta” non è “compatibile con il diritto internazionale che Israele rispetta e si attiene”, e inoltre “il documento inquadra erroneamente gli eventi successivi al 7 ottobre come ‘la guerra a Gaza’, ignorando opportunisticamente gli attacchi simultanei contro Israele da Libano, Siria, Yemen e Iran”.
Secondo l’ambasciata, gli eventi degli ultimi nove mesi sarebbero meglio descritti con il titolo “La guerra contro l’esistenza di Israele”.
Conclude l’ambasciata: “C'è insomma da rammaricarsi che un gruppo di esponenti della Chiesa Cattolica abbia deciso di emanare un documento che, con pretesti religiosi e astuzie linguistiche, non fa altro che opporsi di fatto al diritto di Israele di difendersi dai suoi nemici che dichiaratamente intendono porre fine alla sua esistenza”.
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