Città del Vaticano , 15 July, 2024 / 2:00 PM
Quando nel 1937 i lettori compravano "Vaticano minore" di Silvio Negro, padre dei vaticanisti, non erano comuni le immagini dei Pontefici nella quiete dei loro giardini, seduti all'ombra di alberi secolari, magari con un piccolo scrittoio davanti per poter lavorare al fresco nelle giornate più calde.
Silvio Negro, grazie anche alla sua passione di collezionista di foto di Roma, riesce nei suoi scritti a far "vedere" a tutti i Giardini Vaticani. Un luogo particolare dove il Papa dopo il 1870 era stato rinchiuso. Fu Pio IX il primo a dover fare di necessità virtù. Il Pontefice abituato alle lunghe cavalcate, alle cacce nella zona della Magliana, dovette trovare nuove soluzioni. Ma il Giardino non fu molto curato. Fu invece Leone XIII il vero "Papa del Giardino". A lui i cattolici francesi regalarono la riproduzione della Grotta di Lourdes che è ancora oggi uno dei punti di attrattiva dei Giardini Vaticani anche per i turisti.
Leone XIII dunque curò i giardini. Anche perché la sua forte nostalgia di Carpineto, suo paese natale, lo portò ad essere sempre vicino alla gente del posto, ed era il solo modo per poter essere vicino a loro. Fece portare l' acqua con delle belle fontane, fece fare un Ospedaletto in periodo di epidemia, e fece tutto a sue spese. Ovviamente fece nello stesso modo molto per i giardini del Vaticano ridotto a pochi ettari. Fu lui a far fare i viali per salire la collinetta in carrozza. Con un seguito che oggi fa pensare ad una fiaba di Andersen.
Ecco come Negro descrive la passeggiata del Papa: "Vi andava ogni giorno, verso l'ora del tramonto, quando veniva a rilevarlo nella sala del trono un pittoresco corteggio. Due svizzeri con l'alabarda, due guardie nobili con la sciabola sguainata, quindi la portantina recata da quattro sediari in abito rosso, poi l'esente delle guardie nobili e il cameriere segreto, quindi ancora due guardie nobili e due svizzeri. Entrato il vecchio Papa nella portantina, si attraversava tutto l'appartamento, si usciva sulle logge del cortile di San Damaso, si passava per le stanze di Raffaello e per la lunghissima galleria delle Carte geografiche e degli Arazzi scendendo poi per lo scalone al'ingresso dei musei. Qui attendeva la carrozza, con due staffieri in tuba seduti sul predellino posteriore. Il Papa si copriva con il mantello e il cappello rosso, le guardie nobili salivano a cavallo, la carrozza si metteva in moto preceduta e seguita dalle guardie nobili e con l'esente allo sportello".
Leone volle anche piantare un pezzo di vigna. Ad esaudire il suo desiderio fu un parroco padovano, agronomo empirico don Candeo. Ed era bello vedere il Papa percorrere i filari e controllare il raccolto parlando di tutto con il suo viticoltore come si fa in campagna. E nonostante i gendarmi che in autunno attingevano al prodotto della vigna.
Oggi c'è ancora la zona detta La Vigna, senza più viti, e con un ricordo lontano dei tempi romani quando il vino che veniva prodotto sul colle Vaticano veniva definito "venenum".
E oltre alla vigna Leone fece anche costruire un roccolo, per tornare a rivivere le gioie della caccia. Il "cacciatore del Papa" si chiamava Anzini. Il roccolo era sulla spianata verso la Pineta Sacchetti, vicino alla Madonna della Guardia. La cacciagione veniva scelta dal Papa per il suo pasto e il resto regalato al gendarme. Ma un giorno Leone XIII decise di smontare il roccolo. Troppo se ne parlava sui giornali ad ogni inizio di autunno.
Da cacciare in Vaticano erano invece le cornacchie e gli uccelli rapaci, tanto che il Papa dava un premio per ogni rapace ucciso. C'erano poi gli orti che davano cibo alla mensa del Papa e non solo. Il Pantanello, il Pallone, il Bosco, quello vicino alla Casina di Pio IV e uno dove oggi è la sede della Radio Vaticana. A distribuire i frutti era il "porterba" e l'ultimo in carico, Ferdinando Peri, poteva vantare antenati che facevano il suo mestiere fin dai tempi di Pio VI.
Tutto scomparve quando il Papa tornò alle Ville di Castelgandolfo.
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