Città del Vaticano , 27 June, 2024 / 2:00 PM
La salvaguardia del creato non è solo una questione etica, ma è soprattutto una questione teologica, che ha la sua radice nella visione dell’incarnazione di Gesù. Per questo, c’è bisogno di convertirsi dall’arroganza di chi domina all’umiltà di chi si prende cura, lavorando dunque per quella che Papa Francesco nella Laudato Si ha definito “Cura della casa comune”, e pensando anche a ridefinire la gestione del potere, ricordando che “pretendere di possedere e dominare la natura, manipolandola a proprio piacimento, è una forma di idolatria”.
Come ogni anno, Papa Francesco sigla il messaggio per la Giornata Mondiale di Preghiera per il Creato, che si celebra il 1° settembre, all’inizio di quello che viene definito “Tempo del creato”, che si protrae fino al 4 ottobre.
Il Tempo del Creato è un periodo speciale nei calendari liturgici cui aderiscono varie confessioni cristiane europee. Questo è stato stabilito a partire da una idea del Patriarca ecumenico Bartolomeo I, il quale nel 1989 propose di istituire l’1 settembre una giornata di preghiera dedicata alla Creazione.
Da allora, le iniziative ecumeniche si sono moltiplicate, fino ad arrivare al messaggio congiunto di Papa Francesco e da Bartolomeo I nel 2017, iniziativa che non si è più replicata.
Nel messaggio, Papa Francesco sottolinea che noi crediamo “perché in noi abita lo Spirito Santo”, cosa che rende “i credenti creativi, pro-attivi nella carità”, immettendoli “in un grande cammino di libertà spirituale, non esente tuttavia dalla lotta tra la logica del mondo e la logica dello Spirito”.
La fede, dice Papa Francesco, è dono, ma “è anche compito, da eseguire in libertà, nell’obbedienza al comandamento dell’amore di Gesù”, cosicché la salvezza cristiana “entra nello spessore del dolore del mondo, che non coglie solo gli umani, ma l’intero universo”, a partire dalla creazione come “paradiso terrestre, la madre terra, che dovrebbe essere luogo di gioia e promessa di felicità per tutti”.
Se l’ottimismo cristiano si fonda “sulla speranza viva” che tutto tende alla gloria di Dio, “nel tempo che passa, però, condividiamo dolore e sofferenza”. Tutta la creazione è così coinvolta nel processo di nuova nascita, irradiata dalla speranza che “non delude ma non illude”, perché “se il gemito della creazione, dei cristiani e dello Spirito è anticipazione e attesa della salvezza già in azione, ora siamo immersi in tante sofferenze”.
Cosa è dunque la speranza? È “lettura alternativa della storia e delle vicende umane”, non “illusoria, ma realista, del realismo della fede che vede l’invisibile, che va vissuta in una amicizia sociale tra umani che “deve estendersi anche al creato”, in un “antropocentrismo centrato nella responsabilità per un’ecologia umana e integrale, via di salvezza della nostra casa comune e di noi che vi abitiamo”.
Papa Francesco fa un parallelismo tra l’umanità e il creato, sottolinea che il creato “senza sua colpa” è schiavo come ‘umanità, e così “si ritrova incapace di fare ciò per cui è progettato”, ma allo stesso modo “la salvezza dell’uomo in Cristo è sicura speranza per il creato”.
Così, nell’attesa del ritorno glorioso di Gesù, lo Spirito Santo chiama l’uomo alla conversione che significa “passare dall’arroganza di chi vuole dominare sugli altri e sulla natura – ridotta a oggetto da manipolare –, all’umiltà di chi si prende cura degli altri e del creato”.
Per Papa Francesco, “sperare e agire con il creato significa anzitutto unire le forze e, camminando insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, contribuire a ripensare alla questione del potere umano, al suo significato e ai suoi limiti”.
Il Papa nota che il potere umano è “aumentato freneticamente in pochi decenni”, ma avvisa che “un potere incontrollato genera mostri e si ritorce contro noi stessi”, quindi ribadisce la necessità di porre limiti etici allo sviluppo dell’intelligenza artificiale, che “con la capacità di calcolo e di simulazione potrebbe essere utilizzata per il dominio sull’uomo e sulla natura”.
Papa Francesco ricorda che “la terra è affidata all’uomo, ma resta a Dio”, e per questo “pretendere di possedere e dominare la natura, manipolandola a proprio piacimento, è una forma di idolatria”, segno dell’uomo “prometeico, ubriaco del proprio potere tecnocratico che con arroganza mette la terra in una condizione ‘dis-graziata’, cioè priva della grazia di Dio”.
Per questo, la salvaguardia del creato è “una questione eminentemente teologica”, che riguarda “l’intreccio tra il mistero dell’uomo e quello di Dio”, e dunque “c’è una motivazione trascendente (teologico-etica) che impegna il cristiano a promuovere la giustizia e la pace nel mondo, anche attraverso la destinazione universale dei beni: si tratta della rivelazione dei figli di Dio che il creato attende, gemendo come nelle doglie di un parto”.
Perché - conclude Papa Francesco – “in gioco non c’è solo la vita terrena dell’uomo in questa storia, c’è soprattutto il suo destino nell’eternità, l’eschaton della nostra beatitudine, il Paradiso della nostra pace, in Cristo Signore del cosmo, il Crocifisso-Risorto per amore”.
Insomma, “sperare e agire con il creato significa allora vivere una fede incarnata, che sa entrare nella carne sofferente e speranzosa della gente, condividendo l’attesa della risurrezione corporea a cui i credenti sono predestinati in Cristo Signore”.
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