Città del Vaticano , 13 May, 2024 / 10:20 AM
“Voi siete obbedienti, e dove c’è obbedienza, c’è ecclesia. Dove c’è disobbedienza, c’è scisma”. Papa Francesco incontra i fedeli della Chiesa siro malabarese, venuti a Roma insieme all’arcivescovo maggiore Raphael Tattil, la cui elezione a capo della Chiesa sui iuris e successore del Cardinale Alencherry era arrivata lo scorso gennaio. Ed era una elezione che chiudeva un periodo di divisione all’interno della Chiesa siro-malabarese, che aveva visto anche un inviato speciale del Papa, l’arcivescovo Cyril Vasil’, che fu nominato delegato pontificio per l’Arcieparchia di Ernakulam-Angamaly, l’arcidiocesi siro-malabarese al centro della disputa.
Vasil’ era tornato due volte in Kerala, nel tentativo di trovare una soluzione alla discussione circa il compromesso sulla forma unica della celebrazione della Messa, approvata dal Sinodo nel 2021 e accettata da 34 arcieparchie tranne quella di Ernakulam-Angamaly. La disputa aveva richiesto il diretto intervento del Papa con un videomessaggio. una disputa che aveva richiesto il diretto intervento del Papa con un videomessaggio il 7 dicembre 2023.
Ecco allora che il riferimento all’obbedienza, nel discorso di Papa Francesco – particolarmente lungo e articolato – non è casuale, come non è casuale il riferimento al rischio di scisma.
Papa Francesco ricorda che la Chiesa siro-malabarese ha “una fedeltà antica”, radicata nella testimonianza fino al martirio di San Tommaso, con una storia “lunga e travagliata”, costellata persino di “azioni sciagurate”, ma sempre in comunione con il successore di Pietro.
Nel suo discorso, Papa Francesco ricorda che “le tradizioni orientali sono tesori imprescindibili nella Chiesa”, e questo “specialmente in un tempo come il nostro, che taglia le radici e misura tutto, purtroppo anche l’atteggiamento religioso, sull’utile e sull’immediato”, e per questo il Papa coltiva il senso di appartenenza alla Chiesa sui iuris, ma anche di chiedere la giurisdizione per i migranti che si trovano nel Medio Oriente, e in questo saranno aiutati, ma non sostituiti, da Papa Francesco.
Papa Francesco ribadisce: “Fuori da Pietro, fuori dall’Arcivescovo Maggiore non è Ecclesia”. E per questo, il Papa ricorda il videomessaggio inviato per avvertire “della pericolosa tentazione di volersi concentrare su un dettaglio, a cui non si vuole rinunciare, a discapito del bene comune della Chiesa”, cosa che lui definisce “la deriva dell’autoreferenzialità, che porta a non sentire nessun’altra ragione se non la propria”, ed è qui che “il diavolo, il divisore si insinua”, contrastando il desiderio di Dio che i discepoli fossero una sola cosa.
Papa Francesco chiede dunque di “custodire l’unità”, lo definisce non come “una pia esortazione, ma un dovere”, e, rivolgendosi all’arcivescovo maggiore Thattil, chiede di lavorare “con determinazione per custodire la comunione e preghiamo senza stancarci perché i nostri fratelli, tentati dalla mondanità che porta a irrigidirsi e a dividere, possano rendersi conto di essere parte di una famiglia più grande, che vuole loro bene e li aspetta”.
Papa Francesco sottolinea che vanno lasciate porte aperte e si deve aspettare chi si è distaccato, confrontandosi e pregando con la certezza “che l’orgoglio, le recriminazioni, le invidie non vengono dal Signore e non portano mai alla concordia e alla pace”.
Ribadisce Papa Francesco che “mancare di rispetto gravemente al Santissimo Sacramento, Sacramento della carità e dell’unità, discutendo di dettagli celebrativi di quella Eucaristia che è il punto più alto della sua presenza adorata tra noi, è incompatibile con la fede cristiana”.
Il criterio resta quello della “comunione”, che significa – dice il Papa – “verificarsi sull’adesione all’unità, sulla custodia fedele e umile, rispettosa e obbediente dei doni ricevuti”.
Papa Francesco chiede di non lasciarsi prendere dallo scoraggiamento, e di non stancarsi di aver pazienza, ma di pensare “nel prendere ogni decisione, ai poveri e ai lontani, alle periferie, a quelle in India e nella diaspora, a quelle esistenziali”, e a “chi soffre e attende segnali di speranza e di consolazione”, perché è vero che la vita è difficile, ma “la differenza cristiana consiste nel rispondere al male col bene, nel lavorare senza stancarsi con tutti i credenti per il bene di tutti gli uomini”.
Papa Francesco chiede dunque di portare il suo incoraggiamento ai fratelli siro-malabaresi, chiedendo di guardare “uniti a Gesù” e alle sue piaghe che “sono visibili ancora oggi nel corpo di tanti affamati, assetati e scartati, nelle carceri, negli ospedali e lungo le strade; toccando questi fratelli con tenerezza, accogliamo il Dio vivente in mezzo a noi”.
Infine, rivolgendosi alla comunità siro-malabarese a Roma, ricorda loro che sono “chiamati a pregare e a cooperare in modo speciale per l’unità all’interno della vostra Chiesa, non solo nel Kerala ma in tutta l’India e in tutto il mondo”.
Conclude Papa Franfesco: “Il Kerala, che è una miniera di vocazioni! Preghiamo perché continui a esserlo. Beatitudine, grazie per questa visita fraterna, ne sono contento”.
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