Carpi, 12 May, 2024 / 10:00 AM
La Chiesa celebra oggi la solennità dell’Ascensione di Gesù al cielo. L’evangelista san Marco racconta l’evento con queste parole: Il Signore Gesù, dopo avere parlato con loro [gli apostoli], fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
L’Ascensione testimonia in maniera definitiva che la resurrezione non rappresenta per Gesù un ritorno alla vita di prima - come avvenne, invece, per Lazzaro dopo che Cristo lo aveva richiamato in vita. Gesù, con la sua resurrezione-ascensione, è passato dalla condizione che è propria di ogni uomo, destinato alla morte a causa del peccato, alla condizione di una vita divina ed immortale. Ma questo evento che riguarda Cristo ha risvolti straordinari anche per noi. Grazie a Lui vero uomo, la nostra natura umana è portata dentro un’esistenza nuova. Per questo la Chiesa, all’inizio della santa Messa, ci fa pregare con queste parole: nel tuo Figlio asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto a te .
Sant’Agostino scrive che l’Ascensione del Signore è la nostra glorificazione. Diventa allora evidente che il mistero che oggi celebriamo ci illumina sul destino finale della nostra vita. L’uomo e la creazione non sono destinati all’annientamento, ma ad una pienezza. Cristo è tornato al Padre anche per preparaci un posto nel suo Regno. Siamo così liberati dalla peggiore malattia che possa colpire l’uomo, cioè la mancanza di speranza. La celebrazione dell’Ascensione, infatti, ci svela che noi siamo fatti per il cielo, dove si trova Cristo nostro Capo. Possiamo dire che con l’Ascensione inizia la nostalgia del cielo.
Ma nel testo evangelico c’è un altro aspetto che merita di essere sottolineato. Il Signore pur assente, in realtà è presente: Il Signore agiva insieme con loro. Quante volte abbiamo detto: “Io non ce la farò mai”. Oggi il Signore ci dice, invece, che c’è anche Lui che agisce con noi. Lui è la nostra forza, la nostra pace, la nostra gioia. La nostra vita, dunque, è una mescolanza di terra e di cielo. Siamo già, ma non ancora. Ci troviamo di fronte ad una rivelazione così straordinaria che non deve stupirci se facciamo fatica a crederci. Certo, la nostra glorificazione non è ancora pienamente realizzata, ma esiste già in virtù del sacramento del Battesimo, che ci ha resi figli di Dio, e dell’Eucarestia nella quale diventiamo partecipi della vita immortale di Cristo.
All’umanità che naviga ‘a vuoto’, senza una bussola che orienti il cammino, senza mete a cui approdare, in balia di un’illusoria speranza “che non vada peggio”, il cristianesimo annuncia la positività del nostro destino finale. All’uomo che si pone la domanda “ma che cosa ho il diritto di aspettarmi dalla vita”, Cristo risponde: “Hai diritto di sperare nella vita eterna”. L’uomo, cioè, è destinato non alla morte, ma alla vita. E il Signore è la via nuova e vivente che conduce a tanta pienezza.
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