Roma , 03 May, 2024 / 6:00 PM
Nella mattina del 28 aprile 1962 Gianna Beretta Molla lascia questa terra, una settimana dopo aver dato alla luce, con la piena consapevolezza dei rischi a cui andava incontro proseguendo la gravidanza, la sua quartogenita (che si chiamerà Gianna Emanuela). Una vita nuova frutto di un atto d’amore pensato e voluto, scaturito da un’esistenza quotidiana e insieme eroica, come accerterà la Chiesa nella futura causa di canonizzazione.
Torna in questi giorni "Gianna. Santa Gianna Beretta Molla nel ricordo del marito" (ora edito da Cantagalli, 144 pagine, 15 euro) scritto da Elio Guerriero attingendo alla memoria di Pietro Molla, morto nel 2010 a 98 anni. Emerge un ritratto a tutto tondo di una famiglia che è luogo di santità, davvero, ma anche immersa in una quotidianità intrecciata di piccoli gesti, di problemi, di stanchezze, anche. Gianna, del resto, è una donna moderna, lavora come medico, guida l’auto, cosa che ai suoi tempi ( gli anni Cinquanta) non è consueta. Le piace vestirsi bene, pettinarsi, si fa aiutare dalla famiglia e dalle collaboratrici domestiche per la gestione dei figli. Insomma, vive una vita che un gran numero di donne e mamme lavoratrici condividono oggi. A dimostrazione di come la santità possa essere trovata nella quotidianità, luogo di “esercizio” della propria vocazione. Gianna, insieme al marito Piero, ai nostri giorni, con la famiglia sempre più bistrattata dalla società, testimoniano, al contrario, quanto può significare proprio la famiglia sia luogo di elezione per costruire persone complete e forti. Si può diventare santi proprio vivendo tutti i giorni il ruolo di coniugi, genitori e lavoratori. Un segno vivo di “contraddizione” rispetto al pensiero dominante odierno.
L’intensa vita in comune e sociale di Gianna e di Pietro, descritta dall’autore grazie alla testimonianza “diretta”, è sorretta da grande forza interiore, dalla volontà di amare Dio e aiutare il prossimo, sull’esempio ricevuto dai genitori; in particolare giovane sposa porta nel matrimonio la grande gioia di vivere e il desiderio spontaneo di avere molti bambini. L’ultima gravidanza, tuttavia, la mette dinanzi ad una scelta cruciale, con il prezzo più alto da pagare, quello della stessa vita a cui lei non volta le spalle, in piena consapevolezza, in nome di un amore più forte della morte.
Scrive nel suo diario pensieri come questi: "Le vie del Signore sono tutte belle, purché il fine sia sempre quello: salvare la nostra anima, e riuscire a portare tante altre anime sante in paradiso, per dare gloria a Dio». «Sorridere a Dio, da cui ci viene ogni dono. Sorridere ai genitori, fratelli, sorelle, perché dobbiamo essere fiaccole di gioia, anche quando ci impongono doveri che vanno contro la nostra superbia. Sorridere sempre, perdonando le offese. Sorridere in società, bandendo ogni critica e mormorazione. Sorridere a tutti quelli che il Signore ci manda durante la giornata. Il mondo cerca la gioia ma non la trova, perché lontano da Dio. Noi, che abbiamo compreso che la gioia viene da Gesù, con Gesù nel cuore portiamo la gioia. Egli sarà la forza che ci aiuta".
Pietro ricorda tutto, come se Gianna non se ne fosse mai andata, ma come se fosse sempre presente, in un modo diverso ma in qualche modo molto concreto. Ricorda i tempi felici del fidanzamento, di cui conserva le lettere come “reliquie toccanti”. La fidanzata appare come una giovane donna felice di vivere e bisognosa di affetto e amore ancora più forte perché orfana di entrambi i genitori e anche timorosa di non essere all’altezza come moglie. Gianna e Pietro sono uniti anche dal desiderio profondo di formare una famiglia veramente cristiana, come scrivono loro. Ed è sorprendente che fin dalla prima lettera, datata 21 febbraio 1955, Gianna dichiari di voler essere per Pietro la donna che lo faccia felice, "buona, comprensiva e pronta ai sacrifici", prendendo a modello le donne sante della Sacra Scrittura. Nel loro dialogo trapela la presenza costante di Dio. Gianna continua a scrivere, rivelando la crescita costante del sentimento che la lega al futuro marito, convinto che "il tuo grande amore mi aiuterà ad essere forte". Stima, rispetto, aiuto reciproco, nella convinzione che l’amore si costruisce giorno per giorno, con l’aiuto di Dio. Da soli non potrebbero riuscirci, è un’impresa impossibile. Se ci si fida solo delle proprie forze, della propria buona volontà, è molto difficile sopportare il peso, spesso schiacciante, del vivere insieme tutti i giorni. Gianna e Pietro pensano di costruire una famiglia che potesse essere un piccolo cenacolo, una piccola chiesa domestica. Pietro, in fin dei conti, si dimostrerà il degno marito di una santa, rodato, per così dire, dalla faticosa palestra della routine, con una santità germogliata in famiglia, fuori dagli schemi dell’eccezionalità. Li vediamo insieme e ci dimentichiamo delle storie straordinarie dei santi del Medioevo; li accompagniamo nelle loro giornate fatte di corse per il lavoro, la spesa, i bambini, le scampagnate, le preghiere, le messe…
Fino ai giorni di primavera del ’62, quando la fede diventa carne, sangue, vita, luce. Perché dal suo sacrificio moltissimi altri, nel tempo e nello spazio, hanno trovato, grazie a lei, ancora vita, gioia, speranza.
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