Washington, 02 May, 2024 / 9:00 AM
Dovrebbe entrare in vigore alla fine di giugno il regolamento approvato dalla Commissione USA per le Pari Opportunità sul Lavoro che di fatto impone a tutti i datori di lavoro di garantire l’aborto alle dipendenti donne. La norma è stata fortemente contestata dalla Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, che tra l’altro ha fortemente contestato l’interpretazione del regolamento dato dalla commissione delle Pari Opportunità.
La base giuridica del regolamento è infatti il Pregnant Workers Fairness Act (PWFA), che ha lo scopo di migliorare le condizioni di lavoro delle lavoratrici e gestanti, e richiede ai datori di lavoro di adottare “soluzioni ragionevoli” se una dipendente “è incinta o ha partorito in condizioni mediche associate alla gravidanza”.
La legge non definisce cosa costituisca “una soluzione ragionevole” o cosa siano le “condizioni mediche associate alla gravidanza”, e la Commissione per le Pari Opportunità ha interpretato la legge in modo da includere anche le disposizioni sull’aborto.
Una decisione piuttosto ideologica, considerando che la PWFA è una legge pro-vita approvata congiuntamente da Democratici e Repubblicani per proteggere la sicurezza e la salute delle donne incinte e dei loro bambini non nati sul posto di lavoro. L’interpretazione, tra l’altro, andrebbe a trascurare il diritto all’obiezione di coscienza.
Il vescovo Kevin Rhoades di South Bend, presidente della Commissione per la Dottrina della Conferenza Episcopale USA, ha protestato contro la norma, e ha chiesto al governo di non costringere un datore di lavoro a partecipare alla decisione di una sua lavoratrice di porre fine alla vita del suo bambino non ancora nato.
Lo scorso anno, la Conferenza Episcopale USA ha notato in una dichiarazione che la PWFA non prevede alcuna disposizione per l’aborto, e che piuttosto l’obiettivo della legge è di creare condizioni per le lavoratrici gestanti che consentano loro di lavorare senza che la loro gravidanza venga compromessa. L'aborto – sottolineano i vescovi - non è né gravidanza né parto e non è correlato ad esso, poiché pone fine a una gravidanza e impedisce un parto, hanno sottolineato i vescovi.
Secondo il regolamento, i datori di lavoro sarebbero obbligati a fornire un congedo retribuito ai dipendenti affinché possano abortire. Questa interpretazione della legge da parte della commissione contraddice l'intenzione del Congresso, sottolineano i vescovi.
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