Dovrebbe entrare in vigore alla fine di giugno il regolamento approvato dalla Commissione USA per le Pari Opportunità sul Lavoro che di fatto impone a tutti i datori di lavoro di garantire l’aborto alle dipendenti donne. La norma è stata fortemente contestata dalla Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, che tra l’altro ha fortemente contestato l’interpretazione del regolamento dato dalla commissione delle Pari Opportunità.
La spaccatura tanto temuta non c’è stata. A votare si per il documento sulla Eucarestia è stata la stragrande maggioranza dei vescovi statunitensi: 222 si, 8 no e tre astenuti.
Visto dall’Italia, sembra una dialettica tutta statunitense. Andrew Cuomo, governatore dello Stato di New York, ha firmato il 24 gennaio scorso il Reproductive Health Act, legge presentata 13 anni fa, ma solamente adesso approvata. La legge consente l’aborto anche oltre la 24esima settimana, in determinate circostanze. Ma il dibattito che ne è conseguito è stato fortissimo, e ha coinvolto tutti. Anche il Cardinale Timothy Dolan.
La conoscono tutti come Jane Roe, un nome che in realtà serviva a nascondere la sua identità. Ma Norma McCorvey, morta a 69 anni lo scorso 18 febbraio, non era solamente un nome fittizio in una delle due sentenze che aprirono la strada all’aborto negli Stati Uniti. Era una donna che poi si era convertita, era stata battezzata nel 1995 e aveva dedicato tutti gli ultimi 27 anni della sua vita a cercare di sovvertire la sentenza che ha aperto alla possibilità di aborto negli Stati Uniti. Come giustamente è stato scritto, è lei la prima vittima dell’aborto.