Città del Vaticano , 31 March, 2024 / 12:15 AM
È attraverso il sepolcro vuoto di Gesù che passa “la via nuova”, ovvero, “la via della vita in mezzo alla morte, la via della pace in mezzo alla guerra, la via della riconciliazione in mezzo all’odio, la via della fraternità in mezzo all’inimicizia”. Urbi et Orbi di Pasqua: in una piazza San Pietro decorata come al solito da fiori provenienti dall’Olanda, dopo aver celebrato la Messa di Pasqua, Papa Francesco, con la voce un po' arrochita e affaticata, si affaccia dalla loggia delle benedizioni per il consueto messaggio alla città di Roma e al mondo. È un messaggio che rappresenta anche il “termometro diplomatico” della Santa Sede, che racconta quali sono i luoghi su cui si sta guardando con maggiore attenzione.
Cosa c’è, dunque, in questa benedizione? C’è la richiesta di uno scambio di prigionieri totale tra Ucraina e Russia, un “tutti per tutti”, nelle parole del Papa, che riscuote un grande applauso dai 60 mila fedeli che sono accorsi ad ascoltarlo. C’è la richiesta del cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e soprattutto dell’accesso degli aiuti umanitari, anche questo accolta da un applauso. C'è un riferimento ai bambini che "hanno dimenticato come sorridere in quei territori di guerra", e una forte richiesta ai responsabili internazionali di combattere la tratta degli esseri umani, e il ricordo che ogni vita umana deve essere "accolta, protetta e amata". Lo sguardo alle regioni calde dell’Africa, in particolare il Sahel e il Nord Kivu e nella regione in Mozambico ormai preda dell’Isis, senza però menzione della situazione in Nigeria, dove pure i cristiani vengono rapiti e perseguitati.
Ma tutto parte, come di consueto, dall’annuncio della Pasqua. Perché “la tomba di Gesù era stata chiusa con una grossa pietra”, e così “anche oggi massi pesanti, troppo pesanti chiudono le speranze dell’umanità: il masso della guerra, il masso delle crisi umanitarie, il masso delle violazioni dei diritti umani, il masso della tratta di persone umane, e altri ancora”.
Da qui lo stupore che deriva dalla pietra rotolata, perché “attraverso quel sepolcro vuoto passa la via nuova, quella che nessuno di noi, ma solo Dio ha potuto aprire: la via della vita in mezzo alla morte, la via della pace in mezzo alla guerra, la via della riconciliazione in mezzo all’odio, la via della fraternità in mezzo all’inimicizia”.
Ed è lo stesso Gesù – dice Papa Francesco – ad essere “la Via della vita, della pace, della riconciliazione, della fraternità”, e ad aprire “il passaggio umanamente impossibile, perché solo lui toglie il peccato del mondo e perdona i nostri peccati”.
Nota Papa Francesco: “Senza il perdono di Dio quella pietra non si toglie. Senza il perdono dei peccati non si esce dalle chiusure, dai pregiudizi, dai sospetti reciproci, dalle presunzioni che sempre assolvono sé stessi e accusano gli altri”.
Papa Francesco guarda alle “vittime dei tanti conflitti che sono in corso nel mondo, a cominciare da quelli in Israele e Palestina e in Ucraina”, e chiede che “Cristo Risorto apra una via di pace per le martoriate popolazioni di quelle regioni”.
Afferma il Papa: “Mentre invito al rispetto dei principi del diritto internazionale, auspico uno scambio generale di tutti i prigionieri tra Russia e Ucraina: tutti per tutti!”
Quindi il Papa fa appello “a che sia garantita la possibilità di accesso agli aiuti umanitari a Gaza, esortando nuovamente a un pronto rilascio degli ostaggi rapiti il 7 ottobre scorso e a un immediato cessate-il-fuoco nella Striscia”, chiedendo di non permettere “che le ostilità in atto continuino ad avere gravi ripercussioni sulla popolazione civile, ormai stremata, e soprattutto sui bambini”.
Papa Francesco ribadisce che “la guerra è sempre un’assurdità e una sconfitta,” chiede di non lasciare che “venti di guerra sempre più forti spirino sull’Europa e sul Mediterraneo,” invita a non cedere “alla logica delle armi e del riarmo”, perché “la pace non si costruisce mai con le armi, ma tenendo le mani e aprendo i cuori”.
Papa Francesco chiede anche di non dimenticare la Siria da 14 anni in guerra, guarda “in modo speciale” al Libano che è da tempo in blocco istituzionale e da una “profonda crisi economica e sociale, aggravate dalle ostilità alla frontiera con Israele”.
Importante l’accenno ai Balcani Occidentali – l’arcivescovo Gallagher è appena tornato dal Montenegro – “dove si stanno compiendo passi significativi verso l’integrazione nel progetto europeo: le differenze etniche, culturali e confessionali non siano causa di divisione, ma diventino fonte di ricchezza per tutta l’Europa e per il mondo intero”.
Il Papa incoraggia i colloqui tra Armenia e Azerbaijan, “perché, con il sostegno della Comunità internazionale, possano proseguire il dialogo, soccorrere gli sfollati, rispettare i luoghi di culto delle diverse confessioni religiose e arrivare al più presto ad un accordo di pace definitivo”. Il riferimento è alla situazione in Nagorno Karabakh / Artsakh, un conflitto che ha portato ad una pace dolorosa per l’Armenia, e che ora si cerca di risolvere dopo che l’Azerbaijan ha preso il controllo di diversi territori e dopo che da più parti è stato messo in luce il rischio della perdita del patrimonio cristiano nella regione.
Papa Francesco, quindi, prega che Cristo risorto apra una via di speranza alle persone che in altre parti del mondo patiscono violenze, conflitti, insicurezza alimentare, come pure gli effetti dei cambiamenti climatici”, e che “doni conforto alle vittime di ogni forma di terrorismo”.
Nelle Americhe, il focus è su Haiti: il Papa prega che “cessino quanto prima le violenze che lacerano e insanguinano il Paese ed esso possa progredire nel cammino della democrazia e della fraternità”.
In Asia, il Papa mette in primo piano la crisi in Myanmar, e guarda in particolare al dramma dei Rohingya “afflitti da una grave crisi umanitaria”.
Per quanto riguarda l’Africa, Papa Francesco chiede che si aprano vie di pace “specialmente per le popolazioni provate in Sudan e nell’intera regione del Sahel, nel Corno d’Africa, nella Regione del Kivu nella Repubblica Democratica del Congo e nella Provincia di Capo Delgado in Mozambico”, e prega che cessi “la prolungata situazione di siccità che interessa vaste aree e provoca carestia e fame”.
Più in generale, Papa Francesco prega per i migranti e per coloro che sono in difficoltà economica, auspica che le persone di buona volontà si uniscano in solidarietà per “affrontare insieme le molte sfide che incombono sulle famiglie più povere nella loro ricerca di una vita migliore e della felicità”, e mette in luce che il dono “prezioso” della vita è tanto disprezzato, tanto che molti bambini non possono “nemmeno vedere la luce”, e molti “muoiono di fame o sono privi di cure essenziali o sono vittime di abusi”, e altri sono vittime della tratta.
La tratta è sempre stata al centro della diplomazia di Papa Francesco. Così – esorta il Papa – “nel giorno in cui Cristo ci ha resi liberi dalla schiavitù della morte, esorto quanti hanno responsabilità politiche perché non risparmiano sforzi nel combattere il flagello della tratta di esseri umani, lavorando instancabilmente per smantellarne le reti di sfruttamento e portare libertà a coloro che ne sono vittime”.
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