È attraverso il sepolcro vuoto di Gesù che passa “la via nuova”, ovvero, “la via della vita in mezzo alla morte, la via della pace in mezzo alla guerra, la via della riconciliazione in mezzo all’odio, la via della fraternità in mezzo all’inimicizia”. Urbi et Orbi di Pasqua: in una piazza San Pietro decorata come al solito da fiori provenienti dall’Olanda, dopo aver celebrato la Messa di Pasqua, Papa Francesco, con la voce un po' arrochita e affaticata, si affaccia dalla loggia delle benedizioni per il consueto messaggio alla città di Roma e al mondo. È un messaggio che rappresenta anche il “termometro diplomatico” della Santa Sede, che racconta quali sono i luoghi su cui si sta guardando con maggiore attenzione.
Si parla di una iniziativa per la pace che si terrà in Vaticano nella seconda settimana dopo Pasqua, si parla di altri incontri di ambasciatori per affrontare la questione della guerra in Ucraina (ma non ci dovrebbe essere un incontro con il Papa, come si pensava all’inizio), ma la posizione di Papa Francesco sulla pace è sempre stata unica: prima si arriva al cessate il fuoco, qualunque sia la situazione oggettiva, e poi si può parlare di pace.
A Pasqua “la sorte del mondo è cambiata”, perché “Cristo è veramente risorto”, a testimonianza che “la speranza non è una illusione, è verità”, e che dalla Pasqua “Il cammino dell’umanità “procede più spedito”, come è successo ai discepoli primi testimoni della Resurrezione, i discepoli che subito hanno fretta di annunciare Gesù. Perché “a Pasqua, insomma, il cammino accelera e diventa corsa, perché l’umanità vede la meta del suo percorso, il senso del suo destino, Gesù Cristo, ed è chiamata ad affrettarsi incontro a Lui, speranza del mondo”.
Dalla via di uscita alla pandemia ai conflitti nel mondo, dalla persecuzione dei cristiani all’attenzione per gli ultimi e gli emarginati: cosa aspettarsi dall’Urbi et Orbi di Papa Francesco nel giorno di Pasqua? Anche se il messaggio a Roma e al mondo non verrà, per il secondo anno consecutivo, pronunciato dal balcone della Loggia delle Benedizioni, ma all’interno della Basilica Vaticana, in una atmosfera meno festosa e meno partecipata, le parole del Papa alla città di Roma e al mondo intero hanno sempre un certo impatto.
Il tempo della pandemia non è “tempo di egoismi” delle “indifferenze” e delle “divisioni”, né quello della dimenticanza. È piuttosto il tempo di trovare nuove forme di solidarietà, per non lasciare nessuno indietro. Il consueto messaggio urbi et orbi di Papa Francesco si sofferma a lungo sulla situazione creata dalla pandemia, prima della consueta panoramica internazionale: dall’Africa al Medio Oriente, dall’Europa all’Asia fino all’America, Papa Francesco mette in luce i fronti caldi e le preoccupazioni della diplomazia vaticana. Ma al centro resta la questione della pandemia, e una certezza: la resurrezione di Cristo è “il contagio della speranza”.
Con la Resurrezione nasce un “mondo nuovo”, libero dal peccato. E Papa Francesco, ricordando il Cristo vivente, prega per un mondo nuovo che non lasci gli uomini indifferenti, in cui cessi il fragore degli armi e la corsa agli armamenti, e in cui gli uomini sappiano curarsi dei poveri e dei bisognosi e sappiano essere ponti, più che muri.