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Un servizio di EWTN News

Terra Santa, Pizzaballa: "Mi preoccupano l'odio profondo e la mancanza di prospettive"

In occasione della Veglia diocesana delle Palme a Bologna, il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme dei Latini, ha inviato all’Arcidiocesi felsinea e all’Arcivescovo Cardinale Matteo Maria Zuppi un videomessaggio che è stato trasmesso nella basilica di San Petronio.

“Penso – ha raccontato il porporato francescano - a quanto accade alla mia comunità cristiana cattolica, ma non solo, nella comunità cristiana in generale di Terra Santa. In particolare, a quelli di Gaza che cominciano a sentire, anzi sentono, la stanchezza di quasi sei mesi di guerra sotto le bombe dentro una situazione di estrema complessità. Hanno perso tutto, hanno perso la casa e tutto quello che avevano. Non sanno come sarà, non conoscono le loro prospettive e ultimamente, come ormai è noto in tutto il mondo, anche la fame ha cominciato ad attanagliarli. Hanno perso tutto, ma non hanno ancora perso la speranza, anche se devo riconoscere che è messa a dura prova ed è comprensibile dopo una situazione così difficile, così pesante, per la quale nessuno era preparato”.

Anche in Israele – ha proseguito - la situazione non è semplice. Penso soprattutto a quello che sta accadendo al Nord; settimane fa anche un nostro cristiano, un lavoratore straniero indiano, è morto sotto le bombe lanciate da Hezbollah dal sud Libano. Non voglio fare comparazioni su chi soffre di più e chi soffre di meno: non ha molto senso. Mi preoccupa molto la mancanza di prospettive e la presenza di un odio profondo che chiude. L’odio chiude sempre, non apre prospettive, non apre orizzonti. Abbiamo bisogno, soprattutto in questo momento, non solo del cessate il fuoco, di fermare ogni forma di violenza, ma di provare a ricostruire prospettive per il futuro anche se ora sembra quasi impossibile. Mentre è una necessità”.

Il Cardinale Pizzaballa vede un “odio profondo” tra le parti che “renderà molto difficile nel futuro la ricostruzione delle relazioni. Israeliani e palestinesi resteranno qui anche se in questo momento c’è un rifiuto reciproco e uno non vuole avere a che fare con l’altro. Ma questo è chiudere gli occhi di fronte alla realtà, perché la realtà è chiara: israeliani e palestinesi resteranno qui. Il loro futuro è vivere uno a fianco all’altro e non ci sono alternative. Bisogna trovare delle forme dove l’uno potrà vivere accanto all’altro nella maniera più pacifica e serena anche se mi chiedo come sarà possibile dopo tutto quest’odio profondo che ha ferito in maniera così generale un po’ tutta la vita delle popolazioni di questo Paese. Però bisogna lavorare per questo. La mancanza di prospettive, il chiudersi nella propria narrativa che esclude l’altro è qualcosa di molto preoccupante. Si vede anche in questi negoziati eterni, che non arrivano mai a conclusione”.

Oggi – ha ammesso il Cardinale - ci sentiamo vicini più al Venerdì Santo. Però è Pasqua. Entriamo dentro una Settimana di Passione che però ha una conclusione meravigliosa, che è la Resurrezione. Penso a due momenti: il Getsemani dove ci sono i discepoli che dormono. Una prima risposta, anche di fronte al dramma che stiamo vivendo, può essere quella di dormire, cioè di lasciare che gli eventi passino da soli senza coinvolgersi. Un’altra scelta può essere quella di prendere la spada, come ha fatto Pietro. È forse la strada che tutti capiscono meglio ma che non porta a nessuna soluzione. Un altro atteggiamento può essere il tradimento che per me, in questo momento, significa cercare risposte immediate, trovare gratificazione immediata, e sposare una narrativa contro l’altra.  Al posto di tradire, invece, c’è il bisogno di unità, di relazione, di riconciliazione. La risposta di Gesù è la croce con l’eccesso di amore. L’altra figura, l’altro segno, è la pietra del sepolcro. La pietra ribaltata è un segno importantissimo. Quella pietra teneva Gesù sconfitto, morto, chiuso dentro il sepolcro ed è stata ribaltata perché lo Spirito Santo ha resuscitato Gesù dai morti e ha così ribaltato quella pietra che lo teneva chiuso dentro. Quella pietra che ora non chiude più nulla. Ho l’impressione che noi in questo momento abbiamo una pietra, un macigno, sul nostro cuore, sulle nostre relazioni che chiude dentro i nostri sepolcri tutto ciò che è ombra di morte, nell’odio, nel rancore, nel risentimento, nella vendetta. Abbiamo bisogno di rimuovere questa pietra e di liberare il nostro cuore da questo macigno. Da soli non ce la facciamo, abbiamo bisogno di guardare in alto e chiedere questa grazia, questo dono”.

Infine un augurio. “Che in un periodo così difficile e duro, e carico di tanto odio – ha concluso il Patriarca - si abbia un po’ il coraggio di espressioni, di parole e di gesti di amore che sono l’unico antidoto possibile a tutto quello che stiamo vivendo”.

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