Città del Vaticano , 08 March, 2024 / 2:00 PM
Io sono il buon pastore. E’ questo il filo conduttore della terza predica di Quaresima, offerta dal Cardinale Raniero Cantalamessa, Predicatore della Casa Pontificia, al Papa e alla Curia Romana.
“Diciamocelo pure: l'immagine buon pastore e quelle connesse di pecora e di gregge – ha spiegato il Cardinale - non sono più di moda, non teme Gesù chiamandoci sue pecore di urtare la nostra sensibilità e di offendere la nostra dignità di uomini liberi. L'uomo d'oggi rifiuta sdegnosamente il ruolo di pecora e l'idea di gregge: non si accorge però di come nella realtà viva esattamente la situazione che deplora in teoria. Uno dei fenomeni più evidenti della nostra società è la massificazione. I mezzi di comunicazione di massa, i mass media si chiamano così non solo perché informano le masse, ma perché le formano, le massificano. Senza accorgersene ci si lascia guidare da ogni sorta di manipolazione e persuasione occulta”.
“Accanto all'immagine di buon pastore fa la sua comparsa quella del cattivo pastore. Nel profeta Ezechiele – ha aggiunto il porporato - troviamo una terribile requisitoria contro i cattivi pastori che trattano le pecore con crudeltà e violenza, ma a questa requisitoria contro i cattivi pastori segue una promessa: Dio un giorno si prenderà cura personalmente del suo gregge”.
Gesù – ha ricordato il Cardinale Cantalamessa - dice “Io dice sono il buon pastore: la promessa di Dio è divenuta realtà superando ogni attesa”.
Sant’Agostino diceva ai fedeli – ha proseguito il Predicatore della Casa Pontificia – “per voi io sono vescovo, con voi sono un cristiano, nei vostri confronti siamo come pastori ma rispetto al sommo pastore siamo delle pecore. Dimentichiamo dunque il nostro ruolo - chi di pastori, chi di predicatore – e sentiamoci per una volta soltanto unicamente pecorelle del gregge. Il pastore della Chiesa è anche lui un malato che deve curare, aiutare gli altri a guarire. Cerchiamo di vedere qual è la principale malattia di cui dobbiamo curarci per curare gli altri”.
Gesù – ha concluso - “ha pronunciate il suo noli timere - non temere - e questa non è una parola vuota, impotente, come quella che ci rivolgiamo noi quando diciamo fatti coraggio. Questa è una parola efficace - quasi sacramentale - che opera quello che significa. La liberazione non è qui in una idea o in una tecnica, ma in una persona: il solvente di ogni paura è Cristo, il quale ha detto non abbiate paura, Io ho vinto il mondo”.
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