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Un servizio di EWTN News

Letture, la fede e la conversione di Gogol'

Vivere è una lotta costante, rischiosa. E’ come camminare su un filo teso sopra l’abisso, quando l’equilibrio può mancare da un momento all’altro. E la vita che il sistema sociale ci costruisce attorno sembra perennemente spingerci dentro quell’abisso, con le sue convenzioni, le sue “maschere”, con le sue stolide imposizioni.

Il passo verso la follia, o meglio che la vita sociale definisce follia, ogni minimo tentativo di ribellione o di alternativa alle due ferree regole, è singolarmente breve. Lo sa bene il protagonista di un celeberrimo racconto di Gogol dal titolo proprio di "Memorie di un pazzo”, che la casa editrice Adelphi a breve riproporrà una bellissima traduzione di Serena Vitali, a sua volta, potremmo dire, un vero e proprio classico. Il povero impiego, frustrato e vessato da colleghi, capi, direttori, padroni di casa, isolato, in una città che diventa sempre meno comprensibile e sempre più ostile, non può che gettarsi tra le spire della follia.

Ma davvero non c’è alternativa? Non ci sono strade che portino alla vera libertà, senza doversi annientare nell’insensatezza?

Gogol trova quella strada nella fede, in quella sua conversione che, a sua volta, diventa follia o comunque insensatezza, per i suoi estimatori e amici radicalrivoluzionari, in particolare il critico letterario che in questo momento, in Russia, nella prima metà dell’Ottocento, è il più importante e influente, Belinskij, che lo ha incensato come scrittore. Belinskij rimprovera a Gogol di non vedere che la Russia aveva bisogno di altro: «della civilizzazione, dell’educazione, dell’umanitarismo». La risposta di Gogol è che i suoi “accusatori” non riescono a cogliere la dimensione spirituale nel suo rapporto con la realtà sociale: « La società migliora solo quando ogni singola persona si impegnerà e vivrà da cristiano [...]. Tutto allora andrà a posto, da sole si stabiliranno corrette relazioni fra le persone e l’umanità andrà avanti». 

La fede, dunque, è la dimensione che salva, che da’ certezza, che da’ il senso a tutta la realtà, contro la follia che altrimenti assedia l’uomo, l’uomo moderno in particolare, l’uomo che si prepara a diventare “massa” (la trasformazione avverrà compiutamente nel Novecento, insieme all’alienazione e alla solitudine delle metropoli) lo rende schiavo, ancora più schiavo.

Pubblicato per la prima volta nella raccolta Arabeschi  del 1835, Le memorie di un pazzo appare poi nel terzo volume delle opere complete dello scrittore nel 1842. In alcuni appunti di Gogol di poco anteriori alla prima uscita del racconto si trova annotato il titolo Le memorie di un musicista pazzo, il che lascia presumere l'esistenza di una precedente stesura dai contenuti diversi. Come per le altre opere dei Racconti di Pietroburgo (conosciute con questo nome solo dopo l’edizione del 1842) la censura interviene su Le memorie di un pazzo con diversi tagli.

Il racconto, scritto in prima persona nella forma di un diario, narra la progressiva discesa nella follia del burocrate Aksentij Ivanovič Popriščin. Fino ad autoproclamarsi re di Spagna. La discesa progressiva di Popriščin nella follia è il risultato della sua alienazione dalla società e del resto il rapporto tra individuo e società è una delle grandi forze del racconto. Il suo desiderio di raggiungere uno status sociale adeguato produce frustrazione piuttosto che motivazione. E la mancanza di motivazione porta Popriščin a desiderare il potere e la ricchezza, invece di cercare attivamente di raggiungere questo obiettivo nella realtà.

Ed ecco come risponde invece l’uomo che crede, dinanzi alle prove che l’esistenza ci sottopone, come si legge nelle pagine degli scritti spirituali che qualche tempo fa sono stati pubblicati per la prima volta in Italia, pubblicati dalla casa editrice Aragno. "La nostra vita sulla terra non può essere neppure per un minuto tranquilla, questo lo dobbiamo ricordare sempre. Le preoccupazioni si susseguono una dopo l’altra. Noi siamo chiamati nel mondo a un combattimento e non a una vacanza.

Potremo festeggiare la vittoria nell’altro mondo. Qui dobbiamo combattere coraggiosamente, senza perderci d’animo, così da ottenere maggiori ricompense, maggiori avanzamenti, realizzando tutto come nostro legittimo compito con ragionevole calma, guardando ogni volta attorno a noi e confrontando ogni cosa con la legge di Cristo nostro Signore", scrive dunque Gogol. E sottolinea:

"Mai dobbiamo avere pensieri di inadeguatezza o la tentazione di abbandonare il campo. Ad ogni passo ci attende un gesto di coraggio cristiano, ogni impresa ci porta a un nuovo livello nel raggiungimento del Regno dei Cieli. Tanto maggiore è il pericolo, con tanta più veemenza bisogna raccogliere le forze ed elevare con vigore una preghiera a Dio".

Nikolaj Gogol, Non siate anime morte!, Casa editrice Aragno, pp.180, euro 15

Memorie di un pazzo, Adelphi

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