Città del Vaticano , 31 January, 2024 / 1:00 PM
Il terzo vescovo ordinato nell’ambito dell’accordo sino-vaticano sulla nomina dei vescovi in una settimana è Wu Yi Shun. Va a guidare una delle 73 sedi cinesi vacanti tra diocesi, arcidiocesi e prefetture, ed è la terza ordinazione dopo quella dello scorso 25 gennaio e quella del 29 gennaio. Dopo l’ordinazione di sei vescovi in sei anni di accordo, ce ne sono tre insieme in pochi giorni. Wu è stato un nome sul tavolo per diverso tempo, proposto come candidato vescovo, oggetto di rumors sulla vita personale, e solo ora accettato dalla Santa Sede. La Sala Stampa della Santa Sede sottolinea che il vescovo è stato nominato il 16 dicembre 2023, Vescovo della Prefettura Apostolica di Shaowu (Minbei), Provincia cinese del Fujian. La nomina avviene nel quadro dell’accordo provvisorio sulla nomina dei vescovi tra Cina e Santa Sede, rinnovato ad ottobre per la terza volta per un periodo di due anni ad experimentum, e rimasto finora riservato. A fine anno si dovrà definire anche se rendere definitivo (e dunque eventualmente pubblico) l’accordo.
Secondo il sito ufficiale del governo sulla Chiesa Cattolica in Cina chinacatholic.cn, l’ordinazione del nuovo vescovo è stata presieduta dall’arcivescovo Giuseppe Li Shan di Pechino, presidente dell’Associazione Patriottica Cinese, vicepresidente della Conferenza Episcopale Cattolica cinese e presidente del Consiglio di Sovrintendenza dell’Associazione Cattolica Cinese “Una conferenza e una missione”. Li Shan, tra l’altro, ha accolto a Pechino una delegazione di Hong Kong ad aprile 2023 e poi ha visitato Hong Kong a novembre 2023, in una comunicazione costante con il vescovo di Hong Kong, il cardinale Joseph Chow.
Co-ordinanti erano il vescovo Zhan Silu della diocesi di Mindong, vice segretario generale della Conferenza episcopale cattolica cinese, direttore del Comitato per gli affari accademici cattolici della provincia del Fujian, il vescovo Cai Bingrui della diocesi di Xiamen, vice segretario generale dell'Associazione patriottica cattolica cinese, direttore del Comitato cattolico per gli affari educativi della provincia di Zhejiang, e il vescovo Jin Yangke della diocesi di Ningbo.
Padre Yang Yu, segretario generale della Conferenza episcopale cinese, ha letto la lettera di approvazione. Alla cerimonia di ordinazione hanno partecipato quasi 80 sacerdoti provenienti da varie diocesi del Paese, oltre a più di 360 suore e rappresentanti laici.
La biografia del nuovo vescovo diffusa dalla Santa Sede mette in luce che Wu Yishun è “stato ordinato sacerdote il 15 agosto 1992 per la Diocesi di Xiamen. Inviato in seguito a Minbei, vi ha svolto il proprio servizio pastorale ricoprendo, tra gli altri, l’incarico di Parroco di Nanping e di responsabile delle Prefetture Apostoliche di Shaowu e Jian’ou”.
Più dettagliato il profilo di chinacatholic.cn, che sottolinea come monsignor Wu Yishun sia nato il 7 dicembre 1964 nella città di Ningde, provincia del Fujian, che dal settembre 1985 al luglio 1992 ha studiato teologia e filosofia presso il Seminario Sheshan di Shanghai, e soprattutto che dal 1999 è amministratore della diocesi del Fuijan settentrionale. Nomina, questa, evidentemente non approvata dalla Santa Sede. Secondo il sito ufficiale dei cattolici cinesi, è vescovo eletto della diocesi del Fujan settentrionale il 18 gennaio 2022, cosa che in pratica sottolinea una possibile nomina unilaterale cinese sulla base della distribuzione delle diocesi pensata dal governo e solo dopo approvata dal Vaticano.
Questa nomina è un segno che l’accordo sta finalmente funzionando?
Piuttosto, un segno della volontà cinese di andare avanti con l’accordo, mostrando una apertura verso la Santa Sede che si era concretizzata quando la delegazione che ogni anno si reca in Cina per un faccia a faccia sulle questioni sino-vaticane, guidata dall’arcivescovo Claudio Maria Celli, era stata accolta a Pechino alla fine dello scorso anno e si era poi potuta muovere in diverse diocesi, mostrando una buona volontà senza precedenti da parte delle autorità cinesi.
Una buona volontà che strideva con quanto era successo nei mesi precedenti, quando Papa Francesco in persona aveva dovuto sanare l’irregolarità della nomina unilaterale del vescovo di Shanghai da parte del governo di Pechino, nominando a sua volta il vescovo Shen Bin di Haimen a guida della diocesi che fino ad allora aveva avuto un vescovo agli arresti domiciliari sin dal giorno dell’ordinazione, impossibilitato a servire il suo popolo e rimasto però in carica come segno del fatto che la Santa Sede non intendeva concedere nulla riguardo una tale patente violazione.
Di fronte alla decisione unilaterale del governo di Pechino, che si è fatto scudo del fatto che Shen Bin fosse stato ordinato vescovo nel 2007 con la doppia approvazione di Cina e Sana Sede e che si trattava di un trasferimento (ma ogni assegnazione episcopale è storia a sé e nomina pontificia), Papa Francesco ha deciso di sanare il contrasto, cercando nuove vie di dialogo.
E prima ancora, c’era stata la decisione unilaterale di installare il vescovo di Yujiang Giovanni Peng Weizhao come ausiliare della diocesi di Jainxi, che non è riconosciuta dalla Santa Sede.
Quest’ultimo caso aveva suscitato l’accorata protesta della Santa Sede. Protesta che oggi, però, sembra essere più debole se consideriamo che l’ordinazione di padre Antonio Sun Wenjun come vescovo di Weifang lo scorso 29 gennaio si è accompagnata dalla decisione di Papa Francesco di erigere la diocesi di Weifang, elevando così la prefettura di Yiduxian al rango di diocesi.
Perché questo renderebbe più debole la posizione sulla diocesi di Jainxi? Perché l’elevazione della prefettura, affidata dal 1931 ai frati minori francesi e vacante dal 2008, accoglie il criterio della ridefinizione della diocesi sulla base della fisionomia delle attuali città. Un passo indietro doppio, dato che il vescovo Joseph Sun Zhibin, che ha guidato la prefettura fino alla sua morte nel 2008, era uno dei cinque vescovi dello Shandong ordinati nel 1988 in maniera illecita e poi però rientrato in comunione con Roma.
Insomma, la prima istituzione formale di una diocesi in Cina dalla rivoluzione comunista di Mao si configura come un adeguamento alla nuova geografia della diocesi cinesi ridisegnata autonomamente dalle autorità di Pechino.
Nel 1949, la Chiesa cattolica in Cina contava 20 arcidiocesi, 96 diocesi (incluse Macao, Hong Kong, Baotou e Bameng), 29 prefetture apostoliche e 2 amministrazioni ecclesiastiche. Le autorità cinesi hanno invece creato una geografia di 104 diocesi (escluse Macao e Hong Kong) delineate secondo i confini dell’amministrazione civile, ed escludendo i ranghi presenti nella Chiesa cattolica, che considerano anche arcidiocesi, metropolie e prefetture appunto.
La Sala Stampa della Santa Sede ha fatto sapere che Sun Wenjun sarebbe stato nominato il 20 aprile 2023, e quindi nel periodo tra il trasferimento a Shanghai di Shen Bin del 3 aprile e la “sanazione” di Papa Francesco del 15 luglio.
La Sala Stampa aveva anche sottolineato che “il territorio della diocesi di Weifang è conforme a quello della città capoluogo di Weifang, con una popolazione totale di 9.386.705 abitanti, di cui circa 6 mila cattolici, serviti da 10 sacerdoti e 6 suore”.
Non è la prima volta che succede. Già nel 2021, fa notare Asia News, la Santa Sede aveva parlato della nomina di Francesco Cui Qingqi come vescovo di Hankou/Wuhan, mutando il nome della sede episcopale che era invece arcidiocesi e legata solo ad Hankou.
Questa era stata l’ultima nomina episcopale fino a quella dello scorso 25 gennaio, che ha sbloccato la situazione. In quell’occasione, padre Wang Yuesheng, sacerdote di 57 anni presidente dell’Associazione Patriottica della zona, è stato consacrato vescovo dii Zhengzhou. Da tempo, Wang era amministratore di fatto della diocesi.
La Chiesa di Zhengzhou fu istituita come prefettura apostolica nel 1906 e affidata ai missionari saveriani italiani. Prima di Wang, l’ultimo vescovo a guidarla era stato il saveriano Faustino Tissot, nominato da Pio XII nel 1946 ed espulso insieme al regime comunista insieme ai confratelli nel 1953. La diocesi era poi stata guidata dai successori da amministratori apostolici fino al ritiro dell’ultimo nel 2012.
L’Henan aveva subito un vero e proprio martirio, e addirittura l’Associazione Patriottica locale era arrivata a vietare a tutti i giovani sotto i 18 anni di entrare in chiesa per partecipare alla Mesa in nome dei regolamenti religiosi.
Le nuove ordinazioni non cambiano la situazione critica che vive la Chiesa cattolica in Cina, dove restano comunque 73 sedi vacanti.
La Santa Sede sarà chiamata ad un difficile equilibrio, divisa tra la volontà di rimpolpare l’episcopato cinese ed avere vescovi in comunione con Roma e dall’altro di essere usata per coprire le violazioni della libertà religiosa e per non avere noie in caso Pechino decida di attaccare Taiwan, come annunciato da Xi Jinping. Vale la pena di notare che la Santa Sede ha una nunziatura di Cina a Taipei, e che è uno dei 12 Stati al mondo che riconoscono la sovranità di Taiwan, l’unico europeo.
Intanto, va rilevato che il governo cinese ha introdotto una nuova versione del piano quinquennale sulla sinizzazione, secondo China Aid, e che questo è stato accettato dalle organizzazioni cristiane ufficiali, soprattutto protestanti.
(La storia continua sotto)
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