Città del Vaticano , 22 December, 2023 / 4:00 PM
E' stata dedicata a Maria la seconda mediatazione di Avvento del cardinale Raniero Cantalamessa per la Curia Romana. “Beata colei che ha creduto!" Una fede piena e completa fin dalla Annunciazione e mai cambiata o no?
Il predicatore sostiene, che con il Concilio che Maria ”avanzò nella peregrinazione della fede” (LG, 58). Non ha creduto una volta per tutte, ma ha camminato nella fede e progredito in essa. L’affermazione è stata ripresa e resa più esplicita da san Giovanni Paolo II nell’enciclica Redemptoris Mater". E quindi " per fede Maria presentò il Bambino al tempio, per fede lo seguì, tenendosi in disparte, nella sua vita pubblica, per fede stette sotto la croce, per fede attese la sua risurrezione". E spiega il predicatore : "Il Concilio ci ha orientato a vedere la sua grandezza soprattutto nella sua fede, speranza e carità". Una mariologia che deve molto a sant’Agostino dice e aggiunge: "è lo stesso sant’Agostino a suggerirci, la risoluzione da prendere dopo aver ripercorso a brevi tratti il cammino di fede della Madre di Dio. Alla fine del suo discorso sulla fede di Maria, egli rivolge ai suoi ascoltatori una vibrante esortazione che vale anche per noi: “Maria credette, e in lei quel che credette si avverò. Crediamo anche noi, perché quel che si avverò in lei possa giovare anche a noi!”".
Il predicatore ha citato Blaise Pascal: "Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce […]C’est le coeur qui sent Dieu et non la raison. Il cuore, e non la ragione, sente Dio. Ecco cos’è la fede: Dio sentito dal cuore e non dalla ragione".
Quindi per il predicatore usa Pascal per dire che " “Dio è amore” e l’amore non si percepisce con l’intelletto, ma con il cuore. È vero che Dio è anche verità (“Dio è luce”, scrive Giovanni nella stessa sua Prima Lettera) e la verità si percepisce con l’intelletto; ma mentre l’amore suppone la conoscenza, la conoscenza non suppone necessariamente l’amore. Non si può amare senza conoscere, ma si può conoscere senza amare! Lo sa bene una civiltà come la nostra, orgogliosa di aver inventato l’intelligenza artificiale, ma così povera di amore e di compassione".
In contrasto con Cartesio e il suo cogito ergo sum che ha portato, dice Cantalamessa, a quel "razionalismo (che) ha dominato e dettato legge, prima di approdare all’attuale nichilismo. Tutti i discorsi e i dibattiti che si fanno, anche oggi, vertono su “Fede e Ragione”, mai, che io sappia, su “Fede e cuore”, o “Fede e volontà”".
Per Pascal poi "la fede è abbastanza chiara per chi vuole credere, e abbastanza oscura per chi non vuole credere. Essa, in altre parole, è una questione di volontà, più che di ragione e intelletto".
Rileggendo la lettera del Papa su Pascal dice che il vero rischio della fede " è quello di mettere tra parentesi Gesú Cristo". E forse il "vero rischio della fede è quello di scandalizzarsi dell’umanità e umiltà di Cristo. Fu lo scoglio maggiore che Agostino dovette superare per aderire alla fede".
L'impegno dei cattolici: dobbiamo fare del tutto per tenere il nome di Cristo Gesù ostinatamente presente. "Non per ripararci dietro di esso e tacere dei nostri fallimenti, ma perché è lui “la luce delle genti”, il “nome che è al disopra di ogni altro nome”, “la pietra angolare” del mondo e della storia". Per il predicatore quindi si deve "tornare al cuore". Cita San Francesco che a proposito del presepe diceva : “Vorrei, diceva, rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva tra il bue e l’asinello”. E Cantalamessa denuncia: "Nel nostro Occidente si moltiplicano le iniziative per eliminare dalle solennità natalizie ogni riferimento evangelico e religioso, riducendolo a una pura e semplice festa umana e familiare, con tante fiabe e personaggi inventati al posto dei personaggi veri del Natale. Qualcuno vorrebbe cambiare perfino il nome della festa".
Ma il vero presepe da allestire è quello del cuore : "Corde creditur: con il cuore si crede" e quindi "apriamogli la porta del nostro cuore. Facciamo, di esso, una culla per Gesù Bambino. Che senta, nel gelo del mondo, il calore del nostro amore e della nostra infinita gratitudine di redenti! Questa non è una bella e poetica finzione mentale; è l’impresa più ardua della vita. Nel nostro cuore c’è posto infatti per molti ospiti, ma per un solo padrone. Far nascere Gesú significa far morire il proprio “io”, o almeno rinnovare la decisione di non vivere più per noi stessi, ma per Colui che è nato, morto e risorto per noi” (cf. Rom 14, 7-9). “Dove nasce Dio, muore l’uomo”, ha affermato l’esistenzialismo ateo. È vero! Muore, però, l’uomo vecchio, corrotto e destinato, in ogni caso, a finire con la morte, e nasce l’uomo nuovo “creato nella giustizia e nella vera santità” (Ef 4,24), destinato alla vita eterna. È una impresa che non finirà con il Natale, ma può cominciare con esso".
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