Città del Vaticano , 15 December, 2023 / 2:00 PM
“Il sacro Concilium… Ritiene quindi di doversi occupare in modo speciale anche della riforma e della promozione della liturgia. La liturgia infatti, mediante la quale, specialmente nel divino sacrificio dell'eucaristia, ‘si attua l’opera della nostra redenzione’, contribuisce in sommo grado a che i fedeli esprimano nella loro vita e manifestino agli altri il mistero di Cristo e la genuina natura della vera Chiesa... In tal modo la liturgia, mentre ogni giorno edifica quelli che sono nella Chiesa per farne un tempio santo nel Signore, un’abitazione di Dio nello Spirito, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo, nello stesso tempo e in modo mirabile fortifica le loro energie perché possano predicare il Cristo”.
Così si legge nel proemio della Costituzione sulla Sacra Liturgia ‘Sacrosantum Concilium’, che lo scorso 4 dicembre ha ‘compiuto’ 60 anni e dal rapporto tra liturgia e Vangelo nasce l’intelligenza che la Costituzione conciliare offre della natura della liturgia cristiana; da questo rapporto vitale hanno origine i principi teologici e le norme esecutive per la riforma e l’incremento della liturgia presenti nella costituzione, come ha ricordato papa Benedetto XVI durante l’udienza generale del 26 settembre 2012: “Tra tanti progetti, il testo sulla sacra liturgia sembrò essere quello meno controverso, e, proprio per questo, capace di costituire come una specie di esercizio per apprendere la metodologia del lavoro conciliare. Ma senza alcun dubbio, ciò che a prima vista può sembrare un caso, si è dimostrata la scelta più giusta, anche a partire dalla gerarchia dei temi e dei compiti più importanti della Chiesa”.
Per comprendere meglio il valore di questa Costituzione, a distanza di 60 anni, abbiamo intervistato il prof. Giuseppe Falanga, teologo e consigliere nazionale del CAL (Centro di Azione Liturgica), docente di Liturgia alla Pontificia Università della Santa Croce in Roma, ed autore del volume ‘Schola Dominici Servitii. Il contributo del CAL al movimento e al rinnovamento liturgico in Italia’: “Il suo valore sta anzitutto nel fatto stesso che ci sia stata una costituzione dedicata alla sacra liturgia, primo frutto del Concilio Vaticano II. Pur con la sua carica di novità (si pensi, ad esempio, al significato di ‘mistero pasquale’ o al concetto di ‘celebrare’), essa non ha voluto una ‘nuova liturgia’, come alcuni l’hanno definita, ma una nuova crescita dell’albero secolare della Chiesa fedele alla tradizione. Certo, si è desiderato riportare le celebrazioni liturgiche alla ‘nobile semplicità’, ‘brevità e chiarezza’ tipica dei primi secoli, perché, i riti si erano via via incrostati e appesantiti con gesti e segni sempre più incomprensibili. Ma l’impressione globale non può che essere positiva, anche se le realtà umane sono sempre perfettibili. E la liturgia è ‘opus Dei’ nei suoi contenuti salvifici ma, nelle sue forme esteriori, è ‘opus hominis’. Perciò, nonostante siano trascorsi 60 anni, forse è ancora prematuro azzardare un bilancio dell’opera intrapresa, i cui frutti maturi si potranno cogliere soltanto tra qualche generazione”.
Quale posto ha la liturgia nella vita della Chiesa?
“La liturgia è il cuore della vita della Chiesa, e la sua bellezza non sta in qualcosa che facciamo, ma in Qualcuno che incontriamo. Se mi è consentito, bypassando ogni linguaggio liturgico e teologico e invertendo il famoso detto, affermerei: ‘Non è bello ciò che piace, ma è bello ciò che è bello’. Quando celebriamo, infatti, noi incontriamo la Bellezza e san Francesco ci è maestro: ‘Tu sei Bellezza’! Ecco perché, anche per la liturgia, dovrebbe esserci cara l’icona biblica della Trasfigurazione, la quale ci indica una cosa importante: la liturgia non è un momento fine a se stesso della vita cristiana, ma è il momento principale, il momento in cui facciamo realmente esperienza dell’incontro con il Signore; e poi, come avviene nel Vangelo, Gesù invita i discepoli a scendere con lui dal monte. Usciamo dal tempio per incontrare il mondo, per andare nel mondo ad annunciare il Dio vivente, per evangelizzare, ma soprattutto per testimoniarlo nel servizio ai fratelli. Quindi, quando celebriamo con fede questo Mistero d’amore, esprimendolo e condividendolo con le parole, con i gesti, con tutta la nostra persona, ne veniamo anche noi trasfigurati”.
La liturgia può essere autoreferenziale?
“La liturgia è sempre minacciata da due estremismi: da una parte uno sterile fissismo, che fa sì che la precisione e l’esattezza nel compiere il gesto liturgico sia inversamente proporzionale alla sua eloquenza di fede e alla sua forza spirituale; dall’altra una simile povertà che è quella di una creatività non illuminata e discutibile, la quale fa della celebrazione una cerimonia in cui il presbiterio diventa un palcoscenico, i ministri degli attori, la navata il parterre di un teatro e i fedeli gli spettatori. Nel contesto della cultura mediatica, che per sua stessa conformazione ha bisogno di alzare i volumi, calcare i toni, puntare sugli effetti speciali più che sulla sostanza, riusciremo a ritrovare un equilibrio? Perché ciò avvenga occorre distinguere tra il sano recupero della dimensione festosa, della cordialità accogliente e il cedere alle mode festaiole, alla finzione della socialità, per non trasformare la liturgia in uno show. La liturgia non è bella perché ‘seduce’, ma è bella perché ‘conduce’, portando per mano il credente verso il mistero”.
In quale modo si può educare allo spirito liturgico?
‘Educare’ è la parola d’ordine anche per la liturgia in questo momento. A tale scopo papa Francesco, lo scorso anno, ci ha donato una lettera bellissima, la lettera apostolica ‘Desiderio desideravi’, in cui cita più volte il grande Romano Guardini. Un punto importante per il papa è quello di educare pastori e fedeli alla liturgia. E un modo per farlo ‘è certamente quello di curare l’arte del celebrare’, che ‘non può essere ridotta alla sola osservanza di un apparato rubricale e non può nemmeno essere pensata come una fantasiosa, a volte selvaggia, creatività senza regole. Il rito è per se stesso norma e la norma non è mai fine a se stessa, ma sempre a servizio della realtà più alta che vuole custodire’ (n. 48). L’intenzione di Francesco è di superare l’estetismo della formalità liturgica, ma anche la sciatteria di molte celebrazioni e riscoprire il significato profondo della Celebrazione eucaristica che è emerso dal Concilio. Il papa non ha voluto dare nuove norme, ma aiutare a scoprire la centralità e la bellezza della celebrazione liturgica nella vita della Chiesa e nell’evangelizzazione”.
In quale modo il CAL ha promosso il rinnovamento liturgico?
“Il CAL, di cui mi onoro di far parte, è nato nel 1947 e ha promosso prima il movimento liturgico nella Chiesa e poi ha accompagnato il successivo rinnovamento voluto dal Concilio, diventando addirittura per alcuni anni ‘Institutum Liturgicum’ e collaborando alla redazione dei nuovi libri liturgici. Oggi, quest’associazione di cultori di liturgia e operatori pastorali, è al servizio delle Chiese che sono in Italia al fine di consentire alle nostre comunità di vivere ciò che celebrano e di partecipare con intelligenza e consapevolezza alla liturgia. Lo fa soprattutto attraverso l’organizzazione della famosa Settimana Liturgica Nazionale, che si celebra ogni anno in una diocesi diversa negli ultimi giorni di agosto, e con la pubblicazione della rivista ‘Liturgia’”.
In quale modo la liturgia narra il Natale?
“Natale non è una festa di routine, che ci mette ansia per quello che dobbiamo fare e comprare, ma un irrevocabile cambio di condizione nella vita degli uomini. Niente è stato più come prima da quella grotta dove sono accorsi pastori e magi. Natale è un annuncio di vita in tutti i sensi. È il tempo nuovo entrato una volta per sempre nella vita del mondo. E’ la speranza che non ha bisogno di contrapporsi alle miserie correnti, poiché le sovrasta e offre una visione e un orizzonte ‘diversi’… Natale, dunque, non è una ricorrenza da calendario: è la vita che continua a chiamare la vita, anche in tempi che sembrano bui. Perciò la liturgia, con la bellezza e la ricchezza delle sue preghiere e con l’abbondanza della Parola proclamata, crea una sorta di congiunzione tra i due poli della nostra fede in Gesù Cristo: l’incarnazione e la sua passione, morte e risurrezione”.
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