venerdì, novembre 22, 2024 Donazioni
Un servizio di EWTN News

Maria Immacolata, una donna con un grande coraggio

“E’ tra questi due verbi, all’apparenza diversi tra loro, che si snoda il cammino di Maria. Confinata a vivere in un villaggio non identificabile nelle carte geografiche. Maria, piccola fanciulla di Nazaret, è invitata dall’arcangelo Gabriele a collaborare al progetto d’amore di Dio e subito ad intonare il canto dei poveri e degli esclusi. Per questo, anche in un momento particolare come quello della gravidanza, quando l’imperatore romano Cesare Augusto invita tutti ad un censimento, Maria non si ritiene un numero:  al contrario, insegna che nessuno è un’aggiunta e ci invita a credere anche quando tutto ci sembra precipitare verso il nulla od il vuoto. Da qui l’urgenza di cambiare e di scegliere la via dell’accoglienza, allargando i perimetri del cuore e della vita, ma anche della stessa Chiesa”.

Mentre la Chiesa dedica una novena all’Immacolata don Antonio Ruccia, parroco e direttore della Caritas di Bari-Bitonto, docente di Teologia pastorale alla Pontificia Università Urbaniana e alla Facoltà teologica di Bari, insieme a suor Mimma Scalera, docente di diritto ed economia, ha scritto una riflessione, che introduce a questa festa: ‘Il coraggio di una donna’.

A don Ruccia chiediamo di spiegarci in cosa consiste questo coraggio di una donna?

“Spesso quando parliamo di Maria, la giovane fanciulla di Nazaret, associamo la figura di questa donna ad archetipi di semplicità e di mitezza. Archetipi che appaiono anacronistici nella nostra società che ha fatto della dinamicità il suo valore aggiunto. Maria, la fanciulla di Nazaret, esce immediatamente fuori dagli schemi sia dei testi veterotestamentari sia dello ‘status’ femminile che la società ebraica aveva da sempre attribuito alla donna.

 Ha avuto coraggio? Sarebbe banale dire di ‘si’. In realtà, Maria ha dettato i tempi di quello che è realmente il ruolo della donna pronta a non stare un passo indietro, ma a diventare collaboratrice e corresponsabile di un progetto: la salvezza dell’umanità. Il suo passaggio da ‘promessa sposa’ a ‘prossima madre’ mostra che i passi della futura Chiesa del terzo millennio, senza per nulla tradire il messaggio evangelico, dovranno andare nella direzione di quell’avere coraggio per annunciare e denunziare, oltre che affermare che con l’amore gratuito e la risolutezza delle scelte è possibile costruire una società della pace e della giustizia”. 

Perché la Vergine Immacolata ha avuto coraggio?

“Il suo è un vero sconfinamento. E’ andata oltre ogni logica perché ha subito intuito che il ‘progetto di Dio’ non era semplicemente quello di inquadrarla nella strategia del ‘capo chinato’. Maria è donna coraggiosa perché in lei l’umanità ha un esempio ineliminabile a cui fare riferimento.  Non basta dirsi cristiani. Non basta diventarlo. E’ necessario annunciarlo. Quel Figlio che lei sarà chiamata a portare in grembo non le appartiene, ma è solo grazie a lei che quel Figlio diventerà il Salvatore.

La vita è un dono sempre perché ti batte dentro e fuori. Eppure, quel Figlio non era per lei. Quel Figlio era per tutti, anche per chi quel Figlio non lo ama e non lo vorrà mai amare. I figli sono del mondo. Non sono dei genitori. Come Maria ci insegna è fondamentale che i figli non vadano bloccati, ma educati alla mondialità e alla legalità.  Il suo coraggio non è finito a Nazaret. Da Nazaret è incominciato e da Nazaret si è diffuso e non si è mai interrotto”.

Per quale motivo il parto di Gesù ha segnato una rottura dei confini?

“Con il Magnificat che (mi piace dire) canta dinanzi a sua cugina Elisabetta, Maria determina il parto di un Cristo che ‘spacca’ ed inaugura allo stesso tempo le dinamiche di una Chiesa che avanza e che non resta al palo. Maria ha partorito Gesù gridando l’amore immenso che nessuno deve far tacere. Infatti, è proprio Maria che ha indicato il punto d’inizio da cui partire per il futuro.

Maria continua a cantare il Magnificat ancora oggi. Lo canta in ogni luogo in cui vengono calpestate la pace, la giustizia, la dignità delle persone. Lo canta sulla soglia delle case dove la crisi del lavoro si fa sentire e già da tempo ha bussato alla porta. Il suo cantico è una vera proposta di rinnovamento. Chiede a tutti di uscire dall’anonimato e di denunziare le logiche di quegli interessi economici che continuano a stritolare i deboli.

Maria intona il suo Magnificat anche per la Chiesa, quella comunità in cammino chiamata ad andare in trasferta e a continuare la sua missione, perché si eliminino quelle stonature che stridono proprio con il Vangelo. Lo intona con voce possente, ma mai potente, per dire che è l’ora di quella nuova evangelizzazione grazie alla quale Cristo può tornare a essere messo al centro dell’umanità. E’ questo il parto che segna l’inizio delle nuove prospettive di una Chiesa senza confini”.

In quale modo Maria ha 'sconfinato'?

“Maria è andata oltre ogni confine perché ha indicato la strada da percorrere per amare l’umanità. Ci insegna a non avere paura di rischiare. Ci insegna che ogni famiglia deve diventare un centro di accoglienza e un’anima aperta alla speranza. Ci insegna che ogni famiglia non deve avere paura di passare dalla contabilità alla solidarietà promuovendo la cultura dell’incontro e annullando quella dello scontro.

E’ con Maria che anche noi, che abbiamo imparato a contare i morti per pandemia, da questo momento dobbiamo imparare a ricominciare da ogni famiglia per affermare che ogni figlio che viene al mondo non è un numero in più, ma un pezzo di cielo che nasce sulla terra e che ogni vagito è un annuncio di speranza udibile anche dalla sordità di chi non vuol sentire”. 

Quale correlazione esiste tra l'annuncio dell'arcangelo Gabriele ed il canto del Magnificat? 

“Sia l’annuncio dell’arcangelo Gabriele sia il canto del Magnificat sono fuori da ogni schema soprattutto perché entrambi parlano un linguaggio che non rispetta alcuna grammatica. A Nazaret come ad Ain Karen sono saltate le regole. L’arcangelo Gabriele e Maria ‘sono senza regole’, perchè fuori dagli schemi del devozionismo e dell’integralismo. Con l’annuncio del parto e con lo stesso parto di Betlemme si sancisce che l’umanità deve uscire da ogni tipo di schiavitù, soprattutto quelle nuove dove il male s’insinua ed emerge con i volti mascherati di persone che passano senza scrupoli dal doppiopetto all’asciugatoio della lavanda dei piedi, dai convenevoli di un’accoglienza istituzionale alle spalle girate ai crocifissi ancora infilzati nella terra dei nostri venerdì santo.

Gabriele e Maria sono voce per tutti gli schiavi e le schiave di questa nostra società del terzo millennio. I migranti gettati in mare da ignobili scafisti senza scrupoli, le donne mercificate sulle strade nella più completa indifferenza, il commercio degli organi umani e quello delle armi vendute in negozi come fossero caramelle per bambini aprono squarci drammatici. Con loro il mondo è diverso perché l’unica regola che la loro grammatica prevede è la gratuità dell’amore”.

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