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Un servizio di EWTN News

Il diario del Sinodo, la prima tappa di un lungo percorso

Il Sinodo è un organismo consultivo, servono tempo e pazienza. Lo hanno ribadito oggi i partecipanti alla XVI Assemblea Generale Ordinaria intervenuti nel consueto briefing con la stampa.

Non siamo a un talk show o a una tavola rotonda, il Sinodo – ha spiegato Paolo Ruffini, Prefetto del Dicastero per la Comunicazione - si è unito alla giornata di digiuno per la pace in Terra Santa e si è parlato di come superare modelli clericali che ostacolano la comunione, di possibili revisioni del codice diritto canonico ad esempio sostituendo la parola cooperazione con la parola corresponsabilità, del possibile diaconato femminile, di una maggiore attenzione al linguaggio inclusivo e si è continuato dunque a discutere del ruolo delle donne e si è detto che abbiamo bisogno di una nuova intelligenza spirituale nella chiesa e per questo la chiesa chiede alle donne l'acqua spirituale che l'aiuti a riprendere forza. Si è detto che la parrocchia non è una stazione di servizio ma il luogo della comunione di tutti i battezzati e che i laici non sono tappabuchi per la mancanza di preti”.

Ho un'impressione molto positiva – ha esordito il Cardinale Cristobal Lopez Romero, Arcivescovo di Rabat - io credo che anche se domani dovessimo interrompere il sinodo ne sarà valsa la pena: questa che stiamo vivendo oggi è semplicemente una tappa di un sinodo che dura almeno tre anni. Il sinodo è un evento ampio e ha un obiettivo chiaro, vuole lasciare un modus operandi concreto, quello della sinodalità difatti quello che abbiamo fatto sinora ci fa dire che ne è valsa la pena. Vale la pena per tutti noi essere qui in un clima molto spirituale. Per me questo è il primo sinodo e stiamo scoprendo dei cammini, ci stiamo conoscendo. Posso dire che non tutti la pensiamo allo stesso modo in tutti i diversi aspetti, ci sono delle differenze ma non sono così notevoli, non si tratta di uno scontro fra le fazioni del sinodo e il metodo della conversazione nello Spirito fa in modo che ci sia del rispetto di base fra tutti. Io noto che ci sono molte persone che hanno in testa un'immagine della Chiesa molto autoreferenziale e in tal senso sono d'accordo la Chiesa non deve essere autoreferenziale, la Chiesa non esiste per se stessa ma vive per il Regno di Dio il Regno di Dio”.

Sul tema del diaconato femminile, la professoressa Renée Ryan ha specificato: “pensiamo che ci debbano essere sicuramente considerazioni teologiche più approfondite in relazione a determinate questioni e in questo caso bisogna comunque considerare il fatto che questo tema è emerso in passato ma che va approfondito ulteriormente. Io stessa penso che ci sia un'eccessiva attenzione su questa questione ed è ciò che succede quando noi ci concentriamo solo su una domanda e ci si dimentica quello che di cui hanno bisogno le donne in tutto il mondo: penso che questa sia una conversazione molto più interessante per tante donne rispetto a quello che penso sia sinceramente una questione di nicchia”.

“La mia – ha raccontato Monsignor Antony Randazzo, Vescovo di Broken Bay in Australia – è una famiglia di migranti che ha lasciato questo Paese dopo la guerra e si sono trovati accolti non solo in una società, quella australiana, ma anche in una chiesa, una comunità ecclesiale che li ha accolti, ha camminato con loro, li ha assistiti nel loro sviluppo e nella loro crescita di fede incoraggiandoli a contribuire modo fruttuoso alla comunità della Chiesa e alla società nella quale si erano stabiliti quindi sembra un approccio molto sinodale”. L’esperienza al Sinodo “è stata davvero un grande arricchimento, è stato anche molto importante ascoltare persone che hanno avuto un'esperienza diversa dalla mia e queste stesse persone sono animate e sono chiamate dallo Spirito Santo a vivere la propria fede nella Chiesa e a dare un contributo fruttuoso nel mondo nel quale noi viviamo. Quindi la mia esperienza è davvero unica in un certo senso ma del resto è lo stesso anche per tutte le altre persone che si trovano nel sinodo”.

Infine le osservazioni del padre gesuita nigeriano Agbonkhianmeghe Emmanuel Orobator: “Io sono un teologo e questo sinodo è una di quelle cose per le quali vivono i teologi nel senso che siamo parte di un'esperienza, di un processo della Chiesa che crea un'esperienza unica e fa sì che i teologi debbano poi approfondire e contribuire al processo approfondendolo. Un altro aspetto che vorrei sottolineare è relativo al processo: io sono convinto che il processo sarà forse più importante del risultato e il processo per quanto mi riguarda è stato anche in questo caso veramente un grande arricchimento perché mi sono concentrato su elementi, meccanismi, quadri di riferimento dell'ascolto, del dialogo e del discernimento. La sinodalità è qualcosa che ha a che fare con il modo in cui noi viviamo, lavoriamo, viaggiamo insieme e questo verrà messo alla prova negli anni a venire ma credo che questo processo che è stato testato e sperimentato possa continuare e possa avere successo. Il processo sinodale ci consente non solo rilevare il consenso o le convergenze ma anche notare le divergenze e la diversità e queste differenze e divergenze non diventano ostilità e non degenerano in questo senso posso testimoniarlo: c'è questa costellazione di convergenze e divergenze che è quello che ci consentirà di creare qualcosa di nuovo”.

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