Roma, 07 October, 2023 / 12:30 AM
Il 7 maggio nell’anno del Grande Giubileo del 2000 Giovanni Paolo II disse al Colosseo: “L’esperienza della seconda guerra mondiale e degli anni successivi mi ha portato a considerare con grata attenzione l’esempio luminoso di quanti, dai primi anni del Novecento sino alla sua fine, hanno provato la persecuzione, la violenza, la morte, per la loro fede e per il loro comportamento ispirato alla verità di Cristo. E sono tanti! La loro memoria non deve andare perduta, anzi va recuperata in maniera documentata”.
Per recuperare tale memoria il Papa polacco ha istituito la Commissione “Nuovi Martiri” auspicando il carattere ecumenico di tale ricerca perché convinto dell’importanza dell’”ecumenismo del martirio”. Negli anni 1999-2000 la Commissione voluta da Giovanni Paolo II aveva la sua sede negli ambienti attigui alla basilica di San Bartolomeo all’Isola nel cuore di Roma, che dal 1993 è affidata alla comunità di Sant’Egidio.
I risultati del lavoro erano impressionanti: in poco tempo la Commissione ha raccolto più di 12 mila storie del martirio dei cristiani nel XX secolo. Per non lasciare queste testimonianze luminose della fede soltanto agli storici, il Papa ha voluto che la Basilica di San Bartolomeo – che già conservava le reliquie dell’Apostolo Bartolomeo e di sant’Adalberto di Praga, martire del X secolo, molto venerato in Polonia con il nome di “Wojciech”) – diventasse santuario di questi nuovi martiri
Nelle cappelle laterali della Basilica, tre da ogni lato, furono collocate le “memorie” e le reliquie dei “nuovi” martiri, secondo la “chiave” geografica o ideologica: nella prima cappella a destra si ricordano i testimoni della fede dell’Asia, dell’Oceania e del Medio Oriente; nella seconda, delle Americhe; nella terza, le vittime dei regimi comunisti. Invece le cappelle della navata sinistra sono dedicate ai testimoni della fede in Africa, la prima; in Spagna e Messico, la seconda; alle vittime del regime nazista, la terza.
Con il passare del tempo il pantheon dei martiri cristiani all’Isola Tiberina si arricchisce delle nuove reliquie e memorie. La sera del 6 ottobre, il giorno della memoria di dieci suore martiri del Comunismo è stata portata al santuario una lettera di suor Maria Paschalis Jahn, che insieme a nove compagne della Congregazione di Santa Elisabetta trovò il martirio nel 1945 per mano dei soldati dell'Armata Rossa alla fine della seconda guerra mondiale.
Suor Maria Paschalis Jahn fu uccisa l'11 maggio 1945 durante un tentativo di violenza da parte di un soldato sovietico all'età di 29 anni. Si tratta di una lettera indirizzata ai familiari da suor Maria Paschalis, la più giovane di dieci religiose della Congregazione delle Suore di Santa Elisabetta, che hanno sofferto il martirio nel clima di violenza diffusa durante l'avanzata dell'Armata Rossa in varie località della regione della Slesia (allora territorio tedesco, che ora fa parte della Polonia) e dell'attuale Repubblica Ceca. Dopo l'ingresso delle truppe sovietiche nel territorio tedesco, le dieci suore scelsero di non essere evacuate insieme alla maggioranza della popolazione, ma rimasero nei conventi in cui si trovavano, per continuare ad assistere malati, anziani e feriti loro affidati. Purtroppo, i “liberatori” dell’Armata Rossa si comportavano in maniera brutale con la popolazione civile: rubavano, terrorizzavano la gente, picchiavano e violentavano le donne, senza risparmiare ragazze, anziane né suore. La maggior parte delle suore preferivano morire da martiri piuttosto che venir meno al loro voto di castità.
Tra queste suore c’erano anche le suore di Santa Elisabetta: il processo di beatificazione delle dieci religiose è cominciato nell’arcidiocesi di Breslavia il 25 novembre 2011; la fase diocesana si è conclusa nel 2015, quella romana il 19 giugno 2021 con il decreto in cui Papa Francesco proclamava il martirio delle suore; sono state beatificate l’11 giugno 2022 a Breslavia.
Come spiega il loro biografo padre professor Zbigniew Kijas, postulatore generale dell’Ordine Francescano, già preside della Pontificia Facoltà Teologica San Bonaventura-Seraphicum “le dieci suore, che sono state beatificate come martiri, rappresentano, in un certo senso, l'intero gruppo delle donne martiri. Diverse dozzine di sorelle di S. Elisabetta furono uccise. I soldati sovietici uccisero anche centinaia di suore di altre congregazioni e migliaia di laiche. Sono state selezionate queste dieci perché è stata conservata la maggior parte delle prove sulle loro vite e morti, sulla base delle quali si può dimostrare che hanno effettivamente subito la morte di un martire, che erano pronte a dare la vita e che i loro carnefici erano mossi dall'odio per la fede”
P. Kijas spiega anche perché la morte delle suore fu un martirio per la fede: “La loro fede ha dato loro il coraggio di non scappare, di rimanere con i malati e i bisognosi in una situazione apparentemente senza speranza di fronte all'aggressore che sembrava essere onnipotente. Si sapeva che quello che stavano facendo i soldati dell'Armata Rossa era terribile. Difendendo la loro castità, credendo che Dio le avesse chiamate a farlo, difendevano indirettamente la loro fede. Senza questa fede, probabilmente non avrebbero deciso di morire. Nel caso delle suore di Santa Elisabetta è stato anche possibile provare che l'aggressore le colpiva non solo perché erano donne, ma perché erano religiose, perché indossavano l'abito religioso”.
Per il processo collettivo è stata scelta una suora, Maria Paschalis Jahn, per rappresentare simbolicamente questo gruppo di suore martiri, perché la sua vita e le circostanze della morte erano ben documentate e perché era la più giovane del gruppo. Anche il suo culto era molto forte.
Dal 6 ottobre nel santuario dei nuovi martiri all’Isola Tiberina si trova una lettera della beata suor Maria Paschalis. Durante la cerimonia della consegna presieduta da mons. Daniele Libanori, vescovo ausiliare della Diocesi di Roma per il Settore Centro, è intervenuto lo stesso mons. Libanori e la Madre generale delle suore di Santa Elisabetta, Rafaela; il reliquario è stato portato nella cappella dei martiri del comunismo dalla postulatrice nel processo di beatificazione, suor Paola. Erano presente tante suore che in questi giorni partecipano al capitolo generale della congregazione e i giovani della Comunità di Sant'Egidio, che ogni sera animano le preghiere nella basilica. Le autorità polacche rappresentava l’ambasciatore della Polonia presso la Santa Sede Adam Kwiatkowski.
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