Roma, 08 September, 2023 / 4:00 PM
Una giornata nuvolosa, fresca, mentre alcuni chilometri più in basso, si
soffoca nell’arsura. Giorno d’estate, giorno comunque ideale per arrivare a Canale d’Agordo in pellegrinaggio sulle tracce di Albino Luciani, papa Giovanni Paolo I, nei luoghi della sua nascita, della sua infanzia, dei primi anni di sacerdozio.
Un paese incastonato tra montagne imponenti di grande e severa bellezza, che in qualche modo costringono a sentire rispetto e
ammirazione e nello stesso tempo evocano domande sul senso della vita, sul mistero del destino umano. Sono le maestose vette del Civetta, Cima Pape, i Lastéi (Focobon), l’imponente Altopiano delle Comèlle e le Cime d’Auta, gruppi montuosi diventati dal 2009 Patrimonio Mondiale UNESCO grazie alla loro bellezza e alla varietà di paesaggio.
La casa natale, a pochi metri dalla piazza principale, era composta un tempo da stalla, fienile e abitazione, dov’è nato e cresciuto il piccolo Albino; la chiesa della Pieve di S.Giovanni Battista (sec. XIV) è il luogo in cui ha ricevuto i sacramenti. Conserva opere del Brustolon, Besarel, Da Pos e alcuni memoriali di Giovanni Paolo I come l’altare dello scultore Dante Moro e la statua dell’artista Riccardo Cenedese, meta di devozione.
La Via Crucis che ha inizio dalla piazza principale e si sviluppa per circa
2 km – è costituita da 15 massi di dolomia su cui sono poste fusioni in
bronzo di Franco Murer. Fu inaugurata in occasione del trentennale
dell’elezione di Luciani. Lungo il percorso si trova un’ancona che ricorda
il legame del futuro pontefice con il santuario di Pietralba, in provincia di Bolzano, dove era solito andare a piedi in pellegrinaggio quando era
bambino.
Case che mostrano con probabile e legittimo orgoglio balconi e terrazze
traboccanti di fiori e di piante, il duomo, la piazza principale, la casa natale del futuro beato e il museo a lui interamente dedicato. Ogni muro, ogni edificio racconta un frammento di una storia unica, che non finisce di stupire, commuovere, spingere a cercare una risposta. Nella canonica, ad esempio, è custodita l’antica biblioteca della Pieve di Canale, ed ed ecco un nuovo, importante capitolo della vita di Luciani.
«Libri scritti in tedesco, greco, arabo, ebraico, perfino una grammatica e vocabolario cinese! Il libro più antico della biblioteca è stato stampato nel 1502, appena cinquant’anni dopo inventata la stampa, a Venezia, nella celebre tipografia di Aldo Manuzio, contiene le poesie del poeta Ovidio. Altri della stessa epoca vengono da Firenze, da Lione, Basilea, dal Belgio, dalla Germania e per la maggior parte sono opere di autori greci e latini. Memorie preziose, che di sè hanno lasciato gli arcipreti passati, sono i libri che esistono in canonica. Sono più di 1.500, trattano di tutte le materie: teologia, filosofia, storia, letteratura, scienze fisiche e matematiche, ci sono perfino trattati di numismatica».
Così la descrive nelle pagine del giornale parrocchiale Il Celentone; l’articolo non è firmato ma è identificabile attraverso lo stile unico, quello che si potrà ritrovare in tante sue opere. Luciane è anche un ottimo scrittore: si consiglia vivamente di leggere – o rileggere – le bellissime pagine di “Illustrissimi”, una galleria di straordinari ritratti di personaggi più o meno celebri, e le sue profonde riflessioni che oggi si dimostrano più attuali che mai, un epistolario che raccoglie le lettere che l’allora patriarca di Venezia aveva scritto – e la rivista «Messaggero di sant’Antonio» puntualmente ha pubblicato mese dopo mese dal 1971 al 1974 – indirizzandole a personaggi storici e mitici di tutti i tempi e luoghi. Da Penelope a Mark Twain, da Maria Teresa d’Austria
a Figaro, da Pinocchio a un... orso, da Péguy a Trilussa, da Scott a Ippocrate, da Quintiliano a Marconi, da Hofer a Goldoni, da santa Teresa a Goethe, da san Bernardino a Marlowe e Chesterton, per finire al più importante di tutti, Gesù Cristo.
Nell’estate del 1931 era stato proprio lui, ancora seminarista, a riordinare e catalogare la biblioteca per incarico del suo pievano don Filippo Carli. E Luciani lo svolse con assoluta dedizione, come attesta il quaderno autografo della catalogazione vergato con la sua minuta grafia, trascritto e pubblicato per la prima volta da Patrizia Luciani nel 2003. «È segno che la nostra parrocchia ha avuto in passato la fortuna di possedere dei sacerdoti dotti e istruiti », commentava ancora il giovane chierico Luciani nell’articolo scritto per Il Celentone, e spiega: «Canale fu fortunata, i suoi parroci avevano avuto la possibilità di fare degli studi regolari e completi nelle scuole di Belluno, scuole che erano state istituite fin dal principio del Trecento che avevano preso grande sviluppo e acquistato rinomanza specialmente dal 1387, anno in cui dal Gran Consiglio della Città era stato chiamato ad insegnare Giovanni da Ravenna, maestro famoso e amico del Petrarca».
Del resto, la Pieve di Canale eretta nel 1456 – come anche nel Museo viene raccontato – è stata terreno fertile per la nascita e la crescita di
importanti personalità in ambito artistico, letterario ed ecclesiastico.
Fino alla seconda guerra mondiale, infatti, la valle del Bios, dove si trova appunto il paese, era un luogo di passaggio e di confine, quindi
naturalmente luogo di vivaci scambi culturali. Anche oggi, grazie alla
presenza quasi palpabile del beato, che aleggia gentile e benevola in ogni angolo di questo territorio oggi avocato al turismo, un turismo -lo crediamo, in questa giornata così intensa- diverso, non invasivo e ottuso, ma spinto dal desiderio di mettersi in cammino, per ritrovare se stessi e il contatto vivificante con il Mistero. Mentre cala il sole pallido, e nuvole striate di rosa si distendono sulle cime vertiginose, sentiamo la necessità di contemplare il paesaggio seduti dinanzi al Duomo, pensando alle preghiere del giovane Albino, al vespero, nella sua chiesa".
Albino Luciani, Illustrissimi, Edizioni Messaggero Padova, pp.336, euro
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