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Un servizio di EWTN News

Letture, perché non riprendere in mano i grandi classici?

L’antica Roma, la Lombardia del Seicento, Marsiglia, Parigi e le misteriose isole più remote dell’arcipelago toscano, le steppe sconfinate della Russia e le sue città-simbolo, Mosca e San Pietroburgo, nei decenni tra Ottocento e primi del Novecento…Scenari unici, esperienze mozzafiato: chi può mai proporre e organizzare viaggi tanto straordinari? E’ più facile di quanto si possa immaginare: basta prendere in mano le più varie edizioni di capolavori letterari e partire per viaggi che nessun altro tour operator potrà proporre ed eguagliare. Viaggi della mente e dell’anima, i viaggi più importanti e gravidi di conseguenze.

Una riflessione che si è fatta via via più radicata in questi giorni di caldo, di afa, di chiacchiere, anche di esasperazione. Con il solito refrain in sottofondo: leggiamo di più, leggiamo per distrarci, per alleggerirci lo spirito e il cervello. Non avventuriamoci in letture complesse e pesanti. Che vuoi fare sotto l’ombrellone, nelle spiagge superaffollate, tra stormi di bambini urlanti e adulti blateranti eternamente al cellulare, mentre altoparlanti rovesciano sui bagnanti musica martellante e ossessiva? Tutt’al più un giallo, un thriller di quelli praticamente scritti in serie, romanzi osannati dalla critica con dialoghi tipo: “Che c’è?”, “Ah beh”, “Che cavolo vuoi’”, e via di questo passo.

Siamo proprio sicuri che siano queste le scelte migliori? Che bisogna per forza svuotarsi in tutti i sensi per sentirsi più leggeri e sereni? Ci permettiamo di raccontare un episodio personale. Diversi anni fa, durante un’estate torrida, in cui forzatamente ci si trovava in una spiaggia italiana ad alta densità di presenze.

Dopo vari tentativi di alleggerimento, appunto, affidandoci a libri appena pubblicati e fortemente reclamizzati, delusi e irritati giravamo svogliati tra gli scaffali di una libreria aperta anche di sera, per caso lo sguardo cadde sulla copertina di un vero e proprio ‘mattone’. Ovvero Il conte di Montecristo di Alexandre Dumas. Ci venne da sorridere, perché si trattava di un libro accuratamente scansato negli anni, anche a partire dalle dimensioni. Mettersi a leggere 500-600 pagine traboccanti di storie improbabili, di chiaro stampo ottocentesco? In uno stato d’animo già tanto provato? Ma, d’altra parte, non c’era più niente da leggere e buttare via altri soldi e tempo, per titoli sicuramente deludenti…insomma, perché non tentare con un classico? Al massimo si metterà via e si riprenderà un giorno o l’altro… E nella notte afosa, con le finestre spalancate su una movida incessante, è iniziato un viaggio incredibile, esaltante, che scorreva in parallelo alla vita da spiaggia e alle banalità di quella routine, irrorandola segretamente di nuova vitalità e bellezza. Viaggio continuato per giorni e giorni, imprimendo a quella vacanza un po’ subita, un segno unico e denso di emozioni, sulla scia delle avventure e dei tormenti del Conte di Montecristo, comprendendo una lezione fondamentale: quali che siano le ingiustizie subite, i torti più terribili, una vita votata alla vendetta non riscatta nulla, non riempie il cuore se non di desolazione e di rancore, non lenisce la pena ma la fa perennemente sanguinare come una ferita mai rimarginata. Non è una lezione di poco conto, incisa nella mente e metabolizzata, grazie anche alla potenza della scrittura e dell’inventiva.

Ecco, dunque, l’invito ad usare queste ultime settimane estive per intraprendere questi viaggi dell’anima, seguendo il fiume di parole di grandi scrittori. Dumas, appunto, e poi ancora Henryk Sienkiewicz, autore di “Quo vadis?”, che in tanto, troppi, non hanno mai letto e che quasi tutti identificano con i filmoni hollywoodiani. Invece si tratta prima di tutto di un grande e avvincente romanzo storico, sullo sfondo della Roma imperiale, mentre tiranneggia Nerone e in cui si consuma il bagno di sangue dei martiri cristiani. Su questo sfondo si dipana la tormentata e impossibile storia d’amore fra Ligia, cristiana, e Marco Vinicio, patrizio romano, nel contrasto profondo tra i loro mondi, il decadente e sfolgorante tempo dell’impero, e quello intessuto di fede e di amore dei cristiani, un universo di luce anche se costretto nell’oscurità e nell’angoscia delle catacombe. Nel tempo, molti secoli dopo, possiamo imbatterci nelle vicende intricatissime  della figlia di François Clary, un commerciante di sete che è riuscito a trasformare la sua bottega in uno dei più eleganti negozi di Marsiglia, Bernardine Eugénie Désirée, il cui destino si intreccia con quello di un giovane militare di grandi ambizioni e dal destino immortale, Napoleone Bonaparte, raccontato in modo avvincente da Annamarie Selinko.

Nella Lombardia del Seicento si svolge l’immortale storia dei Promessi Sposi, che riserva sempre grandi emozioni e che rappresenta anche una sorta di itinerario spirituale illuminato da una fede semplice e insieme profonda, alla prova della storia e delle vicende personali, che i protagonisti – e il lettore con loro – spesso non comprendono ma che accettano, sicuri che "Dio non turba mai la gioia dei suoi figli se non per prepararne una più certa e più grande".

 Questa volta non proponiamo riferimenti bibliografici precisi, dei romanzi di cui abbiamo parlato esistono molte e diverse edizioni. E  queste indicazioni si possono ampliare a dismisura, secondo i propri gusti o degli incontri che si fanno, del tutto imprevedibile.

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