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Cristo vince il male. XIX Domenica del Tempo Ordinario

La tradizione ha sempre visto in questa barca, lontana dalla riva e sbattuta dalla violenza delle onde, l’immagine della Chiesa che “come nave avanza tra i flutti, non raramente avversi, delle vicende umane” (Giovanni Paolo II, Efeso 1979). E quando le forze avverse sembrano moltiplicarsi nasce nel cuore di coloro che si trovano in essa l’inquietudine, spesso accompagnata dalla paura per le sorti della Chiesa stessa e del mondo. Sintomi che evidenziano una mancanza di fede. La vicenda di san Pietro, al riguardo, è illuminante. L’Apostolo ha potuto camminare sulle acque fino a quando ha tenuto il suo sguardo fisso su Cristo. Comincia ad inabissarsi e a soccombere alla tempesta  non a causa della violenza dei fenomeni naturali ma perchè il suo sguardo da Cristo si è spostato al vento e alle onde minacciose. E così la paura ha di nuovo preso il sopravvento. Questo ci insegna che la fede ci rende partecipi della signoria di Gesù, ci dona sicurezza nella vita  e ci fa scoprire che il Signore può trarre il bene anche da quelle situazioni, che a noi appaiono fallimentari.

Il Vangelo di questa domenica, dunque, costituisce una “buona notizia”. Il Gesù vede che la barca dove si trovano i suoi amici si trova in difficoltà e non rimane indifferente davanti alle loro paure e sofferenze. Alla loro richiesta di aiuto - Signore, salvami! - risponde con parole piene di affetto e di consolazione: “Coraggio, sono io, non abbiate paura”. La parola coraggio, nel suo significa originario, significa “dare il cuore”. Egli, dunque, ci assicura, innanzitutto, che il suo amore non è venuto meno; che il suo cuore è per noi e per la sua Chiesa. Inoltre, dicendoci: Sono io il Signore garantisce la Sua presenza, ci ricorda che la Chiesa è Sua, gode della Sua protezione, soprattutto che noi siamo suoi, apparteniamo al suo Cuore.

Queste parole del Signore ci liberano dalla tristezza e dal pessimismo e ci impediscono di cadere nella trappola a cui vogliono portarci tanti uomini, così detti di cultura, e anche cristiani che danno per scontata la prossima fine della Chiesa e la liquidazione della fede. Si tratta di profezie che vengono ripetute e aggiornate da quando esiste la Chiesa e sono state sempre smentite. Il merito non è nostro, ma di Colui che tiene il timone: Cristo. Il Quale, come è accaduto nel caso degli apostoli, può sorprenderci per il modo con cui si rende presente. Non possiamo essere noi ad indicare al Signore  come intervenire. A noi compete di tenere gli occhi fissi su di Lui. Gesù, tra poco nell’Eucarestia, si renderà presente tra noi e anche a noi, come a Pietro, tenderà la sua mano e ci attirerà a sè per fare con Lui una cosa sola. Scrive san Giovanni Crisostomo: Cristo con me, che posso temere? Mi assalgano pure le onde del mare e l’ira di potenti, tutto ciò non ha più peso di una ragnatela (Omelia prima dell’esilio).

Ma perchè in Gesù abbiamo un sostegno sicuro? Ci aiuta rispondere a questo interrogativo il dialogo tra Cristo e Pietro, che costituisce il cuore dell’episodio. Dialogo che si conclude con la grande professione di fede dell’apostolo: Davvero tu sei il Figlio di Dio. Gesù può camminare sulle acque e mettere a tacere la tempesta, qualunque forma essa assuma, perchè è il Figlio di Dio. Se Gesù non fosse  Dio la fede in Lui non avrebbe alcuna ragion d’essere. Per questo motivo, l’itinerario che ci fa compiere il Vangelo non è finalizzato a farci scoprire l’umanità di Cristo, che appare evidente, ma la sua divinità. Gesù è sulla barca della Chiesa e della nostra vita con la forza onnipotente della sua divinità. Una presenza non eclatante, ma certa ed efficace perchè ci salva dall’abisso del peccato e della morte

Adesso, con la lode nel cuore, accogliamo Colui che si levò un giorno a comandare al vento e al mare e al quale il vento e il mare obbedirono. “ Taci, calmati”. Si tratta di un esorcismo. La scena si trasforma, così, da salvataggio fisico in segno misterioso della vittoria di Cristo sul male.

Tra qualche giorno celebreremo la solennità della Vergine Maria, assunta in cielo. Eleviamo il nostro canto a Lei: “benedetta fra tutte le donne” e chiediamole che, dal cielo, interceda per ciascuno di noi affinché, dov’è lei, anche noi possiamo essere un giorno. L’invito è a ritrovarci tutti, con Lei, in cielo!

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