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Linguaggi Pontifici, i riti scomparsi: gli Agnus Dei Benedetti

Uno degli antichi Agnus Dei benedetti di cera

Fino agli anni Sessanta, i Papi benedicevano gli Agnus Dei di cera e li distribuivano. La tradizione rimase fino ai tempi di Paolo VI, che poi smise di attuarla. Ma quello degli Agnus Dei benedetti è uno dei riti scomparsi forse più suggestivi, che ancora viene ricordato tra alcuni dei riti Romani più antichi.

Monsignor Stefano Sanchirico, officiale dell’Archivio Apostolico Vaticano e già prelato d’anticamera di Sua Santità, esperto di cerimoniale pontificio, ricorda che il rito degli Agnus Dei benedetti è fatto risalire da alcuni autori – come il Gaetano Moroni del Dizionario di Erudizione – Storico Ecclesiastica – “alla tradizione di spezzare e poi distribuire al sabato Santo ciò che rimaneva del vecchio cero pasquale, prima di benedire ed accendere il nuovo. A tali pezzi avanzati del cero pasquale si attribuiva protezione dalle tempeste e dai demoni”.

Per questo a Roma era l’arcidiacono a benedire una certa quantità di cera proveniente dal cero pasquale dell’anno precedente, la ungeva con l’olio e sopra vi scolpiva una immagine dell’agnello per poi distribuirla al popolo.

La benedizione – racconta monsignor Sanchirico – “avveniva la mattina del Sabato Santo, ma la distribuzione alla Messa della domenica in albis”, vale a dire la domenica successiva a quella di Pasqua. Ben presto, oltre agli agnelli, si cominciò ad imprimere sulla cera anche l’immagine di San Giovanni Battista.

La tradizione papale di benedire questi Agnus Dei di cera e di distribuirli la domenica in albis è piuttosto antica. Monsignor Sanchirico ricorda che “tale tradizione viene ininterrottamente riportata dagli Ordines romani. Infatti ne descrive la cerimonia l’Ordo XI che è dell’inizio del XII secolo fino al cerimoniale di Agostino Patrizi Piccolomini (secolo XV), pur con delle variazioni quanto ai luoghi ed ai tempi”.

Chi imprimeva l’immagine degli Agnus Dei? Dal XIV secolo in poi se ne occupa il Sacrista di Sua Santità, tradizionalmente un agostiniano insignito della dignità episcopale. Questi, racconta monsignor Sanchirico, porterà quasi sempre il titolo dell’antica diocesi fenicia di Porfireone. L’ultimo Sacrista di Sua Santità sarà l’olandese Canisio van Lierde che lasciò l’incarico nel 1991. Questo incarico, spiega monsignor Sanchirico, “comportava anche la cura pastorale dei palazzi apostolici, eretti in parrocchia da Leone XII (1823-1829)”

Clemente VIII invece affiderà il compito di imprimere gli Agnus Dei in maniera esclusiva ai monaci cistercensi di Santa Pudenziana a Roma. Saranno loro a mantenere la funzione fino alla scomparsa del rito.

Monsignor Sanchirico sottolinea che è “inoltre, significativo che tale rito almeno a partire con certezza dal XIV secolo, scandisse il tempo del pontificato, infatti, il papa benediceva gli agnus Dei al primo anno di pontificato e poi ogni sette anni”.

E aggiunge: “Sarebbe interessante da punto di vista antropologico e simbolico accostare tale tradizione anche ai rituali che fin dall’antico Egitto, per esempio la festa del Sed, accompagnavano a scansioni regolari le tappe del regno del monarca, quasi a voler ‘rivitalizzare’ tale regno, e a ridare forza a colui che era chiamato, regnando, a garantire non solo l’ordine sociale, ma quello cosmico”.

È la spiegazione che faceva il Cardinale Stefano Borgia. Il Cardinale Borgia notava che questi Agnus Dei “sono di cera vergine e si vogliono in tal maniera dimostrare l’umana natura di Cristo, assunta nel purissimo ventre di Maria Santissima, senza alcuna macchia di colpa, hanno la figura impressa dell’agnello immacolato, che per la salute del genere umano si sacrificò sulla croce, s’immergono nell’acqua benedetta, essendo questo un elemento del quale servissi Dio nell’antica e nella nuova legge per operare molti prodigi. Vi si mescola il balsamo per significare il buon odore di Cristo, di cui i redenti devono spargere sé stessi. Il crisma che vi si infonde adombra la carità”.

Chiosa Monsignor Sanchirico: “Tutto questo è pur definito nella formula di benedizione. Infatti, il richiamo alla concezione verginale del Cristo ed il suo mistero Pasquale adombrano il ritorno dell’umanità e della creazione a quello stato di grazia che il peccato originale ha infranto, a quell’ordine salutare del paradiso terrestre”.

La benedizione degli Agnus Dei avviene il primo anno di pontificato, come detto, e poi ogni sette, con la sola eccezione del Giubileo, perché anche durante l’Anno Santo si ha la benedizione degli Agnus Dei distribuiti poi ai pellegrini. Dal XV secolo, i tre giorni centrali della settimana in albis saranno destinati a tale rito.

Dal XVI secolo in poi, il rito della benedizione avveniva nella Sala Clementina, nel Palazzo Apostolico Vaticano. Il rito è descritto da Patrizi Piccolomini, e viene ripercorso passo dopo passo da Monsignor Sanchirico.

“Il papa – racconta il monsignore - il giorno della benedizione si reca nella sala a ciò destinata in mozzetta rocchetto e stola bianca, il Fornici nell’ottocento farà omettere l’uso della stola, una volta fatta l’orazione davanti all’altare eretto in quella sala depone la stola e la mozzetta e si lava le mani dal lavabo portogli dal maggiordomo dei Sacri palazzi e si asciuga con l’asciugatoio presentato dal maestro di camera”.

Quindi, il Papa indossa “amitto, camice cingolo e stola bianca e pone sul capo la mitria, così si reca alla sede per lui preparata assistito dai cardinali diaconi, qui deposta la mitria, dopo il saluto liturgico dice l’orazione di benedizione dell’acqua, che comincia con le parole Pater omnipotens, e poi scende ad infondere   il balsamo e il crisma nell’acqua che è posta in un ambio bacile”.  

Il balsamo e il crisma sono infusi facendo un segno di croce, poi l’acqua così benedetta veniva ripartita in altri quattro recipienti, destinati ad i cardinali che avrebbero coadiuvato il papa nel rito di benedizione degli Agnus Dei, i quali venivano immersi nell’acqua benedetta.

Continua monsignor Sanchirico: “Prima dell’infusione nell’acqua il papa risalito sul trono recitava una preghiera su di essi e poi dopo l’incensava. A questo punto il Pontefice indossava la mitra, lo zinale e la bavarola, mentre i camerieri segreti portavano nella conca posta davanti al Papa gli Agnus Dei che con l’aiuto dei cardinali diaconi venivano immersi nell’acqua benedetta, mentre il papa con un cucchiaio d’argento li estraeva dandoli ai camerieri segreti che li ponevano su tavole appositamente preparate e coperte di candide tovaglie affinché si asciugassero, lo stesso avveniva per mano degli altri cardinali nelle quattro conche più piccole in cui era stata versata l’acqua benedetta”.

Infine, “terminata la benedizione degli agnus Dei il Papa torna alla sede e deposto lo zinale e la bavarola conclude con l’orazione e la benedizione, quindi discende  all’altare e lì depone i paramenti e riassume la mozzetta e la stola bianca e dopo breve orazione si ritira”.

Gli Agnus dei, come detto saranno distribuiti la mattina del sabato in albis. Questo avveniva solitamente alla fine della Messa celebrata in Sistina. Dopo la comunione, racconta Sanchirico, “con i paramenti pontificali bianchi assunti in quel momento dal collegio cardinalizio e dai vescovi e abbati mitrati e penitenzieri, l’uditore di rota, suddiacono apostolico, parato in tunicella bianca e preceduto dalla croce papale e dai ceroferari si reca nella cappella paolina a prendere gli Agnus Dei  posti su un vassoio e legati in fasci da fettucce paonazze, giunto in cappella sistina davanti al papa canta per tre volte: Pater sancte isti sunt agni novelli, qui annunciaverunt vobis Alleluia: modo venerunt ad fontes; repleti sunt caritate Alleluia”.

Dopo il canto, il suddiacono porge al papa gli Agnus Dei che vengono da questi distribuiti ai presenti.  I cardinali baciano mano e ginocchio del Papa e poi gli Agnus Dei, deposti nella loro mitra, e così fanno arcivescovi e vescovi, con la differenza che loro baceranno il solo ginocchio o il piede.

Monsignor Sanchirico ricorda che “il papa soleva anche inviare gli agnus Dei benedetti ai sovrani, Patrizi Piccolomini ricorda l’invio da parte di Urbano V del dono all’imperatore bizantino Giovanni Paleologo, con l’aggiunta di versi composti per l’occasione da Andrea Frari che ne illustravano le potenti virtù contro il male ed il maligno”.

Una osservazione a margine: alla fine della Messa del Sabato Santo, il fatto che i membri della cappella papale sono in bianco ricordano che la distribuzione degli Agnus Dei

avvenisse probabilmente in antico durante il pontificale presieduto dal papa, mentre le parole del suddiacono apostolico che in canto presenta al Pontefice gli Agnus dei sono state cantate nella veglia pasquale papale fino ad oggi dopo il battesimo degli adulti.

 

(La storia continua sotto)

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