Roma, 04 August, 2023 / 4:04 PM
Lo scenario è quello idilliaco delle colline di Valdobbiadene, nella bellissima provincia di Treviso, tra le vigne da cui nascono quei vini che hanno conquistato il mondo. Ma anche qui esistono le debolezze umane, la capacità di fare il male, le difficoltà di vivere la vita quotidiana. Eppure, anche quando i fatti sembrano dare ragione alla visione più fosca dell’esistenza, si irradia la luce imprevista, appaiono uomini e storie che rendono ragione di quanto vale la pena di ringraziare per il dono della vita, comunque vada. E proprio qui, in questo angolo paradisiaco delle colline patrimonio dell’Unesco, ha deciso di scegliere come buen retiro per la pensione il viceispettore Giovanni Zanca, che dopo anni di indefesso lavoro in polizia ha cominciato a sentirsi stanco e demotivato. Anche se in fondo al cuore conserva la «speranza che forse, prima o dopo, all'improvviso, sarebbe accaduto qualcosa che avrebbe riportato luce e chiarezza nella sua vita e nel mondo attorno a lui». Proprio la mattina in cui vuole consegnare la richiesta di pensionamento trova sulla scrivania una lettera anonima che denuncia l'esistenza di un vecchio casolare, situato in cima a Col Vetoraz, sopra la valle del Cartizze, in cui si svolgerebbero attività poco chiare. L'inchiesta lo porta non solo a scoprire uno dei luoghi più belli della terra di Valdobbiadene, ma anche a indagare su un furto di arredi sacri e a imbattersi in una serie di storie, tutte diverse e tutte concatenate, in un modo o nell’altro, seguendo la strana logica dell'Osteria senza oste, un luogo che non si può circoscrivere allo spazio semplice di un locale in cui bere e mangiare, per trasformarsi in limpida metafora del mondo. L’immagine dell’osteria, poi, evoca atmosfere alla Chesterton – la sua Osteria Volante - per il quale locali simili a questi mantengono il senso della comunità, la genuinità delle tradizioni, dei rapporti. Tutto questo, e molto altro, si trova condensato nel romanzo “giallo” dal titolo “L’osteria senza oste” , in realtà un atto d'amore verso queste terre e i suoi abitanti e un invito a scoprirle. Invito che, in questo tempo di vacanze e di frenesia di viaggiare, appare più che pertinente, perché quello delle colline del Prosecco del Veneto è un universo da conoscere.
Non è la prima volta che compare sulla scena letteraria nostrana il personaggio di Giovanni Zonca, nato dalla fantasia di Alberto Raffaelli. Il quale è stato per vari anni insegnante di italiano e storia in varie scuole superiori e adesso è preside della Scuola di formazione professionale Dieffe di Valdobbiadene, quindi con una conoscenza profonda dei luoghi descritti nel romanzo. Il vicequestore è stato protagonista anche in “Delitto al Caffè Pedrocchi”, che ha avuto un ottimo successo, ambientato a Padova, mentre "Il maestro vetraio" è ambientato tra Venezia, Mestre, Marghera. “L’Osteria senza oste” in realtà è una ristampa, per le edizioni Itaca, dopo che era uscito diversi anni, sulla scia del successo che ha ottenuto, come si diceva, il “Delitto al Caffè Pedrocchi”.
I suoi romanzi offrono trame ben tratteggiate, molto attente all’ambientazione, molto diverse dai cliché abituali, quasi assente le femmes fatale, ne’ poliziotti duri e scostanti, disillusi e pronti a buttarsi in rapporti amorosi fallimentari in partenza, con storie familiari terribili alle spalle. In questi gialli esistono il male, la violenza, ma non c’è accanimento, non c’è morbosità, ci sono speranze per il futuro, ci sono sentimenti stabili, personaggi positivi, uomini e donne che hanno scelto di donare la propria vita al servizio del Signore e del prossimo, vocazioni religiose dunque, oppure vocazioni artistiche che chiedono di essere prese sul serio, non soffocate o negate. Sotto lo sguardo attento, partecipato e positivo dell’autore, innamorato della realtà, che nonostante tutto si salva e ci salva.
Alberto Raffaelli, L’osteria senza oste, Itaca Edizioni, pp.272, euro 18
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