Città del Vaticano , 01 July, 2023 / 12:30 AM
Ci sono due riflessioni che nascono dalla annual disclosure, ovvero il bilancio annuale dell’Obolo di San Pietro presentato il 30 giugno scorso. La prima: dopo che il bilancio dello IOR ha mostrato un dimezzamento dei fondi liquidi a disposizione, ci si trova di fronte all’organismo della carità del Papa che raddoppia gli introiti, ma vendendo parte delle proprietà immobiliari, e dunque diminuendo anche il patrimonio immobile. La seconda: lo scorso anno, si leggeva che l’Obolo aveva contribuito per 55 milioni ai 237,7 milioni di spese dei dicasteri vaticani del 2021, quelli che rientravano nel cosiddetto “bilancio di missione”; nel 2022, l’Obolo ha contribuito al 20 per cento delle spese dei dicasteri, inviando 77,6 milioni di euro. Questo significa che le spese dei dicasteri sono di 383,9 milioni, quasi 150 milioni in più dello scorso anno.
Di fronte ad una Curia che costa di più e ad una crisi finanziaria che non accenna a diminuire, insomma, la Santa Sede prova a fare cassa, e sarà da vedere quanto e come avrà investito beni immobili e mobili quando, come succede sempre ad inizio agosto, anche l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica pubblicherà il suo bilancio, insieme al cosiddetto “bilancio di missione” della Segreteria di Stato.
Qualche numero dell’annual disclosure, presentato solo con i numeri del 2022, ma senza possibilità di comparazione con quelli del 2021. Il fondo Obolo ha erogato nel 2022 93,8 milioni di euro. Di questi, 43,5 milioni provengono dalle offerte ricevute nel 2022, mentre gli altri 50,3 milioni sono derivati dalla gestione immobiliare.
Le entrate dell’Obolo nel 2022 sono state di 107 milioni di euro, e solo 43,5 milioni sono frutto di donazioni, che vengono sia dalla raccolta della giornata dei Santi Pietro e Paolo, ma anche da donazioni dirette e lasciti ereditari.
Come detto, 77,6 milioni sono stati destinati al sostegno delle attività della Santa Sede (si tratta di 70 dicasteri, enti ed organismi), e questo non deve sorprendere, perché questa era la destinazione iniziale della raccolta, che ha origini antichissime e che prende nuovo vigore nel XIX secolo, dopo la caduta degli Stati pontifici, proprio per dare sostegno al Santo Padre. I restanti 16,2 milioni sono stati invece destinati a progetti di assistenza diretta ai più bisognosi.
C’è comunque un disavanzo tra la raccolta dell’Obolo e la destinazione ai più bisognosi. Il Papa, infatti, ha erogato 36 milioni, e solo 16,2 sono stati finanziati dall’Obolo. Questi 36 milioni sono inclusi nel “Sostegno Missione Apostolica”, che ha sostenuto 192 progetti in 72 Paesi diversi.
Il 40,1 per cento dei progetti era in Africa, il 22,4 per cento in Europa, il 19,8 per cento in America, il 16,1 per cento in Asia e solo l’1,6 per cento in Oceania.
Di questi progetti, la grande maggioranza (il 65,4 per cento) sono stati destinati a progetti sociali, per una cifra di 10,6 milioni di euro. Invece 3,3 milioni di euro sono stati destinati al sostegno alla presenza evangelizzatrice delle Chiese locali in situazioni di necessità, e 2,3 milioni alla espansione e conservazione della presenza evangelizzatrice nelle nuove Chiese locali.
In cima alla lista dei Paesi sostenuti, l’Ucraina con gli aiuti destinati alla popolazione colpita dalla guerra. Quindi, gli aiuti invitati al Ciad per il sostegno della popolazione colpita dalle inondazioni dei fiumi Chari e Logone; l’Egitto, che ha ricevuto fondi per supportare il programma giovani “Sewing Your Future”; il Perù, per la costruzione del Centro medico San José, ed Haiti per la costruzione dei reparti di maternità e pediatria del Centro salute Saint Jules. Infine, India e Vietnam hanno ricevuto, rispettivamente, assistenza sanitaria ed alimentare per Covid-19 e la ricostruzione scuola per immigrati a Tan Son Nh.
Altri progetti sostenuti riguardano la formazione delle suore in Malawi, l’istituzione del Seminario propedeutico “Mons. Costantino Maradei Donato” in Venezuela, la realizzazione del Centro Missionario in Guinea, il finanziamento della formazione permanente dei membri per consigli liturgici in Togo, l’Ostello per ragazze nella parrocchia di San Giovanni Battista in Tanzania.
E poi ci sono progetti che puntano a costruire nuove chiese o a manutenere quelle esistenti, che hanno portato a finanziarie – tra le altre cose – la costruzione in Brasile di due cappelle per le comunità indigene, della ristrutturazione di due Chiese in Congo, della costruzione di chiesa in Pakistan e Angola.
L’origine dell’ Obolo è praticamente scritta negli Atti degli Apostoli. Alla fine del secolo VIII, gli anglosassoni, dopo la loro conversione, si sentirono tanto legati al Vescovo di Roma, che decisero di invidare in maniera stabile un contributo annuale al Santo Padre. Così nacque il “Denarius Sancti Petri” (Elemosina a San Pietro), che ben presto si diffuse nei Paesi europei. Questa, come altre pratiche analoghe, passò attraverso molte e diverse vicissitudini nel corso dei secoli, fino a quando fu benedetta dal Papa Pio IX, con l’Enciclica Saepe venerabilis del 5 agosto 1871. All’epoca era il sostegno alla missione della Santa Sede rimasta senza alcun bene dopo la presa di Roma del 1870. E, sebbene l’utilizzo si sia diversificato, resta quello lo scopo principale dell’Obolo.
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