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Con Cristo la croce è ricca di senso. XIII Domenica del Tempo Ordinario

Gesù, che ha donato la sua vita per tutti, ci ha insegnato ad amare senza distinzione alcuna. Tuttavia, oggi nel Vangelo ci ricorda che Lui va amato più di tutti, merita un amore senza misura e senza limiti. Niente e nessuno può prendere il suo posto nel nostro cuore, può essere preferito a Lui; neppure i legami familiari possono entrare in concorrenza con l’amore che a Lui si deve. Lui, infatti, è la misura della validità di ogni altro amore.

Solo alla luce di questa precisazione è possibile comprendere le parole del Signore, che in un’ottica puramente umana appaiono di una durezza incredibile e quasi disumana. In realtà, la sequela di Cristo può provocare l’opposizione di coloro che sono a noi più vicini. E se questo dovesse accadere, Gesù ci chiede di preferirlo. Quella di Gesù è una pretesa che è possibile accettare solo se si riconosce in Lui il Figlio di Dio, la piena e perfetta manifestazione della volontà di Dio. L’amicizia con Cristo è più importante della vita terrena, perché tramite Lui entriamo in relazione con Dio, fonte della vita. Per il cristiano, dunque, l’unico assoluto è Dio e il suo Regno.

L’altro insegnamento che raccogliamo oggi dalla pagina di Vangelo riguarda la Croce. Dice Gesù: “Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me”(Mt 10,38). Con Cristo la croce è ricca di senso, senza di Lui è disperazione. La croce, cioè la sofferenza, come ben sappiamo, non tocca solo i cristiani. E’ un'esperienza che, purtroppo, è comune a tutti gli uomini. Credenti o non credenti, presto o tardi tutti si imbattono nel dolore, nei disagi umilianti della vecchiaia, nella morte. La differenza è che chi non crede, davanti alla sua croce non può che disperarsi o abbandonarsi a un'orgogliosa amarezza. Chi crede invece può "prendere la sua croce" come un mezzo prezioso per purificarsi e affinarsi ulteriormente, per irrobustirsi nell'anima, per collaborare con Cristo alla redenzione del mondo, per disporre il suo cuore a una felicità futura più grande. E’ a partire da Cristo che capisco chi sono, che comprendo il senso della vita, che imparo a leggere la realtà e ad  amare veramente. I Santi in questo ci sono autentici maestri di vita. E’ sufficiente, al riguardo, pensare a Charles de Foucauld, a Teresa di Calcutta, a Giovanni Paolo II, a  Beretta Molla.

Gesù conclude il suo discorso con un invito all’accoglienza reciproca. Il mondo contemporaneo, invece, sempre più frantumato e dominato dall’individualismo, vede nell’altro non una ricchezza, un dono, ma un ostacolo alla propria realizzazione e felicità. Tant’è che ha coniato un’espressione atroce: “L’inferno sono gli altri”. Gesù, invece, propone l’apertura all’altro perché l’altro, chiunque esso sia, è una presenza del Signore. L’accoglienza è la forma sorridente dell’amore che possiamo vivere in qualsiasi ambiente ci troviamo ad operare.

Le parole di Gesù di questa domenica sono un invito ad approfondire la conoscenza di Lui. Sapendo che la capacità comprensiva dell’amore supera quella della pura intelligenza.

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