venerdì, novembre 22, 2024 Donazioni
Un servizio di EWTN News

Diplomazia pontificia, la missione di pace in Ucraina

L'incontro tra Zelensky e il Cardinale Matteo Zuppi, Kyiv, 7 giugno 2023

I riflettori diplomatici della settimana sono stati puntati sulla missione di pace del Cardinale Matteo Zuppi in Ucraina. Non è escluso che il presidente della Conferenza Episcopale Italiana possa andare anche a Mosca. Ad ogni modo, continua l’impegno della Santa Sede per la pace in Ucraina.

Lo scorso 6 giugno, l’arcivescovo Gallagher è tornato dal viaggio in Mongolia. Lo scorso anno Mongolia e Santa Sede hanno festeggiato 30 anni di relazioni diplomatiche, ma quella di Gallagher è stata la prima visita di un officiale vaticano di alto livello nel Paese. Il Papa, poi, ci andrà dal 31 agosto al 4 settembre.

In questa settimana: la nomina di un cinese alla Pontificia Accademia delle Scienze; il discorso del Cardinale Parolin alla Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice; una delegazione del Partito Popolare Europeo in visita in Vaticano.

                                                           FOCUS UCRAINA

Il cardinale Zuppi a Kyiv

È tornato da Kyiv il 7 giugno, in tempo per partecipare, come previsto, alla presentazione del libro “Il senso religioso”, ma anche per riferire al Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, della sua missione. Il Cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha sottolineato a margine della presentazione del libro che il suo lavoro non è stato “una mediazione”, ma piuttosto “manifestare interesse, vicinanza, ascolto perché il conflitto possa trovare percorsi di pace”. Tutto il resto, ha aggiunto, sono “attese o speculazioni che hanno alcuni”.

Zuppi ha portato a Zelensky una lettera del Papa, Zelensky ha sottolineato che un cessate il fuoco e un congelamento del conflitto non porteranno la pace”, anzi – aggiunge – “il nemico approfitterà della pausa per riorganizzarsi e lanciare ulteriori attacchi, per provocare una nuova ondata di crimini e terrore. La Russia deve ritirare tutte le sue truppe dal territorio entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale”.

Zelensky ha rimesso al centro la Formula di Pace Ucraina, chiedendo di coinvolgere il maggior numero di Paesi, “compreso il Sud del mondo” nel Summit Globale per la Pace. Su Telegram, Zelensky ha scritto che “solo sforzi congiunti, isolamento diplomatico e pressioni sulla Russia possono portare una giusta pace” e ha chiesto alla Santa Sede “di contribuire ad attuare” i dieci punti del “piano di pace ucraino”, con cui si domanda “il ritiro delle forze russe, risarcimenti e persecuzione della leadership russa di guerra”.

Il presidente ucraino ha anche sottolineato che il Paese “accoglie con favore la disponibilità di altri Stati e partner a trovare vie per la pace, ma poiché la guerra è sul nostro territorio l'algoritmo per raggiungere la pace può essere solo ucraino”.

Il Cardinale ha espresso anche preoccupazione per la distruzione della centrale idroelettrica di Kakhova. Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, padre e capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, in un comunicato ha sottolineato che la distruzione della centrale è “un ennesimo crimine di guerra, un terribile disastro ecologico e un peccato contro Dio creatore che ha chiamato a sviluppare, non a distruggere, il mondo che Egli ha creato”.

Non solo la distruzione della centrale ha provocato migliaia di sfollati, ma rappresenta anche una minaccia per la Centrale nucleare di Zaprizhzhya temporaneamente occupata”.

Nei suoi giorni a Kyiv, il Cardinale Zuppi ha anche incontrato i rappresentanti del Consiglio Pan-Ucraino delle Chiese e delle Organizzazioni Religiose, che rappresenta il 95 per cento delle confessioni religiose ucraine. L'incontro ha avuto luogo il 5 giugno, presso la Nunziatura Apostolica a Kyiv. 

Guidati dal vescovo Vyacheslav Horpynchuk, i rappresentanti hanno detto al Cardinale delle devastanti conseguenze dell'aggressione russa contro l'Europa, espresso la visione delle Chiese per lo stabilimento di una giusta pace in Ucraina e messo in luce diverse questioni umanitarie. Da parte sua, il Cardinale Zuppi ha detto che il ruolo della Chiese sarà considerato nelle future attività di peacebuilding.

Intanto, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha sottolineato che “vedrà il Cardinale Zuppi cosa fare, quali ulteriori passi compiere”, ma che resta comunque “aperta la prospettiva di Mosca, anche se poi concretamente si vedrà”.

Il Segretario di Stato vaticano ha anche sottolineato che la missione del Cardinale Zuppi “era intesa come una collaborazione, un contributo, un ulteriore contributo che la Santa Sede può dare alla pace. Credo che, per quello che è avvenuto lì, non sia avvenuto niente di nuovo rispetto a quanto il presidente Zelensky aveva detto al Papa, a quanto aveva spiegato al Papa”.

Insomma, ha detto il Segretario di Stato, “la posizione dell’Ucraina è sempre quella ma il fatto di parlarsi e di sentire anche posizioni o prospettive un po’ diverse certamente può essere utile e favorevole alla pace. Quali sviluppi ci saranno non lo so”.

L’incontro Zuppi – Moratinos

Tornato dalla “missione di pace in Ucraina”, il Cardinale Matteo Zuppi è stato a Rondine Città della Pace, ad una manifestazione di 3 mila giovani contro la guerra. E lì ha incontrato Miguel Àngel Moratinos, sottosegretario generale delle Nazioni Unite, nella prima delle quattro “giornate disarmanti”, come Franco Vaccari, fondatore di Rodndine le ha definite.

Ha detto Moratinos che “le Nazioni Unite sostengono la missione del Cardinale Zuppi. Se è un dovere morale e politico aiutare il popolo ucraino e condannare l’aggressione russa, occorre anche guardare al futuro e quindi fare tutto il possibile per fermare al più presto la guerra. Perciò abbiamo bisogno di persone che possano favorire il dialogo”.

Moratinos ha portato al Cardinale Zuppi i saluti del segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres. I due hanno avuto un incontro informale. Moratinos ha sottolineato che alle Nazioni Unite sono “ben consapevoli di quanto il Papa e la Santa Sede si siano spesi per la pace fin dal primo giorno della guerra in Ucraina. Nell’ultimo anno ho già incontrato Francesco tre volte. Dovevo vederlo anche sabato prossimo ma è ricoverato in ospedale. La scelta di nominare il cardinale Zuppi è una buona notizia. E considero la sua missione molto importante”.

Il cardinale Zuppi ha invece affermato che “non c’è nessuno che non possa fare qualcosa per la pace. Se è vero, come sappiamo, che chi uccide un uomo uccide il mondo, siamo anche persuasi che chi salva un uomo salva il mondo. E ‘salvare’ non vuol dire soltanto strappare dalla morte ma anche soccorrere chi è oppresso o cercare un futuro nuovo”.

Per il cardinale, questo futuro “non può prescindere dall’imparare a stare insieme”, come dice il Papa nella “Fratelli Tutti”, che significa “ripartire dal ‘mi interessa’, dal ‘non posso fare a meno di te’.”

Secondo i domenicani a Kyiv, la Santa Sede non può giocare un ruolo decisivo in Ucraina

Secondo padre Jaroslaw Krawiec, priore generale dei domenicani di Ucraina, la Santa Sede non può svolgere un ruolo decisivo nella guerra in Ucraina. Padre Krawiec ha fatto questo commento parlando in Svizzera, dove è stato in visita.

(La storia continua sotto)

Le Migliori Notizie Cattoliche - direttamente nella vostra casella di posta elettronica

Iscrivetevi alla newsletter gratuita di ACI Stampa.

Clicca qui

Secondo padre Krawiec, non ci può essere un ruolo decisivo della Santa Sede nella guerra ma “altri sforzi compiuti dal Vaticano sono convincenti, anche se non se ne parla molto nello spazio pubblico, come il suo contributo allo scambio di prigionieri di guerra. Molto apprezzabile e apprezzato anche in Ucraina è l'aiuto umanitario fornito dal Vaticano alla popolazione, tramite il cardinale Krajewski in particolare. E il fatto che Papa Francesco continui a parlare del Paese e a ricordare la sofferenza dei suoi abitanti”.

Padre Krawiec ha notato che l’atteggiamento del Papa sulla guerra è comunque “piuttosto criticato in Ucraina” e in particolare il modo di mettere sullo stesso piano “tutte le vittime della guerra, senza designare realmente gli aggressori”. Ma è anche vero che “i notiziari del Paese trasmettono poche notizie del Papa o sul Vaticano”, ed è stata data molta poca copertura anche alla visita del presidente Zelensky in Vaticano.  Un disinteresse che nasce prima di tutto dal fatto che “l’Ucraina non è un Paese cattolico”.

Ha suscitato molta perplessità anche la volontà del Papa di dare segni di riconciliazione, prima con la presenza di una donna ucraina e una russa alla Via Crucis 2022, poi con le testimonianze di un russo e un ucraino utilizzate nella Via Crucis 2023, quindi con la volontà di avere un evento di riconciliazione alla Giornata Mondiale della Gioventù, e infine quando un russo e un ucraino si stringeranno la mano il 10 giugno, alla manifestazione “Not alone” della Fondazione Pontificia Fratelli Tutti.

Di quest’ultima iniziativa non si aveva iniziativa al momento in cui padre Krawiec ha parlato ai media svizzeri. In generale, il priore dei domenicani ha sottolineato che “è difficile incoraggiare il perdono di una persona che ha appena perso una persona cara in guerra o che ha visto la propria casa distrutta. Tanto più che la guerra continua. C'è un tempo per ogni attività. L'esperienza storica tra Russia e Ucraina fa inoltre dire alle persone che la pace, anche se stabilita, non sarà una pace duratura”.

Padre Krawiec ha ricordato che Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, ha sottolineato che un processo di riconciliazione significa fermare i conflitti, ma anche dire chiaramente chi sono le vittime e gli aggressori, e “questo processo di riconciliazione con i russi sarà lungo e difficile”, e lo stesso con la Bielorussia che “non è un aggressore diretto, ma ne consente l'estensione fungendo da base posteriore”.

Il priore dei domenicani ha anche sottolineato che i cattolici in Ucraina hanno diverse dimensioni, che molti della parte orientale si identificano più come polacchi, e quelli della Transcarpazia più come ungheresi, tanto che “parlano e pregano in ungherese e non conoscono la liturgia ucraina. Questo è in parte un retaggio del tempo del comunismo, quando l'esistenza di poche parrocchie cattoliche nell'ovest del territorio era tollerata come parrocchie straniere”.

Per gli ucraini, tuttavia, “essere ucraini significa essere ortodossi o greco cattolici”. Ma ci sono collaborazioni a più livelli”.

Ucraina, Danilov parla di strana posizione della Santa Sede

Oleksiy Danilov, segretario del Consiglio di Sicurezza e Difesa Nazionale ucraino, ha rilasciato una intervista al Corriere della Sera la scorsa settimana, in cui ha definito “strana la posizione della Chiesa”, perché – ha domandato – che Chiesa è quella che preferisce gli assassini di bambin? Se la Chiesa ritiene giusto accettare le condizioni di Satana allora capisco, ma non credo.

Danilov sottolinea anche negoziare con la Russia è impossibile, e chiede di far e di più per l’Ucraina.

Gugerotti in Belarus

Può avere anche un "rimbalzo" sulla diplomazia per l'Ucraina la visita che l'arcivescovo Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali, farà in Belarus per le celebrazioni del 25esimo anniversario dell'incoronazione della Madonna di Budslau, icona del XVI secolo molto venerata in Belarus. L'icona si venera il 2 luglio.

Il prefetto del Dicastero delle Chiese Orientali, che è stato nunzio a Minsk dal 2011 al 2015, avrà anche l'occasione di parlare con le autorità. Gugerotti ha smentito di essere stato considerato per essere inviato del Papa a Mosca.

L'arcivescovo ha una grande conoscenza della Madonna di Budslau, perché ha partecipato varie volte al Festival a lei dedicato quando era nunzio. Le celebrazioni sono dal 2018 patrimonio dell'umanità UNESCO.

Gugerotti era stato a Budslau anche il 13 dicembre 2015, al termine del suo servizio di "ambasciatore del Papa" in Bielorussia. 

In precedenza, l'allora Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, il Cardinale Jean-Louis Taran, aveva partecipato al Festival di Budslav come inviato pontificio speciale nel 2013 in occasione del 400° anniversario dell'apparizione dell'icona miracolosa della Madre di Dio a Budslav, e l'arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schonborn OR nel 2016. in occasione del 25° anniversario della fondazione della metropoli di Minsk-Mohilyov.

                                                           FOCUS ASIA          

Cosa ha fatto Gallagher in Mongolia

Tra il 4 e il 6 giugno, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, è stato in viaggio in Mongolia. Si trattava di un viaggio programmato da tempo, ma che arriva subito dopo l’annuncio del viaggio che Papa Francesco farà in Mongolia tra il 31 agosto e il 4 settembre. Si tratta della prima visita di un officiale vaticano di alto livello da quando Mongolia e Santa Sede hanno stabilito relazioni diplomatiche nel 1992.

Il 4 giugno, l’arcivescovo Gallagher ha celebrato la Messa nella cattedrale dei Santi Pietro e Paolo a Ulaanbatar, capitale del Paese, e che poi ha incontrato la comunità missionaria locale.

Quindi, una serie di incontri con le autorità mongole. Il 5 giugno, l’arcivescovo Gallagher ha incontrato prima Batmunkh Battsetseg, ministro degli Esteri, e poi il premier Luvsannamsrain Oyun-Erden.

In particolare, il ministro degli Esteri Batmunkh ha presentato al suo omologo vaticano gli obiettivi della politica di sviluppo a lungo termine della Mongolia, chiamato “Vision 2025”, e di quello a medio termine “Nuova rinascita”. Inoltre, ha effettuato scambi per arricchire il contenuto delle diplomatiche con la Santa Sede.

Gallagher e Batmunkh hanno riaffermato che Vaticano e Mongolia lavoreranno insieme per superare le sfide della desertificazione, il cambiamento climatico e la degradazione del suolo in collaborazione con la comunità internazionale.

Il 6 giugno, c’è stato invece l’incontro con il presidente della Mongolia Ukhnaagiin Khürelsükh. Prima di ritornare a Roma, l’arcivescovo Gallagher ha visitato il Chinggis Khan National Museum, una moderna struttura inaugurata lo scorso anno che espone oltre 12 mila reperti storici offrendo un’ampia rassegna sull’impero di Gengis Khan e si quelli successivi.

Un cinese accademico del Papa

La nomina di un professore cinese come membro ordinario della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali ha anche un significato diplomatico per la Santa Sede. Papa Francesco ha nominato lo scorso 5 giugno il professor Bai Tongtong come membro ordinario dell’Accademia. Cinquantatre anni, docente della Facoltà di Filosofia presso la Fudan University di Shanghai e alla New York University School of Law, il professor Bai rappresenta una ulteriore mano tesa verso il mondo cinese.

L’Accademia era già stata luogo di scambio con il mondo cinese. Nel 2016, un convegno sul traffico di organi vide la presenza di membri del Partito Comunista Cinese, un segno che il dialogo era aperto a tutti i livelli.

La nomina del professor Bai arriva alla vigilia di un workshop di Casina Pio IV sul tema “Dialogo tra le civiltà e beni comuni”, che si terrà il 27 e 28 giugno con l’obiettivo dichiarato di comprendere Pechino “non attraverso la lente di fonti esterne, ma dalla sua stessa prospettiva”.

Tra qualche settimana la Cina sarà al centro di un workshop sul tema “Dialogo tra le civiltà e beni comuni” che la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali terrà a Roma il 27 e 28 giugno. Obiettivo dichiarato dell’appuntamento è quello di comprendere Pechino “non attraverso la lente di fonti esterne ma dalla sua stessa prospettiva”,

Nato a Pechino nel 1970, Bai ha preso un dottorato in filosofia a Boston e si occupa di teorie politiche a partire dal pensiero confuciano. È lui l’interlocutore privilegiato nelle università occidentali per lo studio del modello cinese. Nella sua opera “Against Political Equality: The Confucian Case”, Bao sottolinea che l’egalitarismo, considerato un valore dalle democrazie liberali, a volte entra in conflitto con il bene comune, a differenza della filosofia confuciana, che vive una sintesi tra unità e compressione e offrirebbe un approccio più universalmente applicabile alla società e alle stesse relazioni internazionali.

                                               FOCUS SEGRETERIA DI STATO

Il cardinale Parolin alla Fondazione Centesimus Annus: risposte globali e fraterne

Aprendo il 5 giugno la due giorni di incontro della Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice nel suo trentennale, il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede, ha sottolineato che in un mondo e un’epoca caratterizzati da lacerazioni gravi, c’è la forte tentazione di rifugiarsi nella sfera del privato, voltando le spalle alla crisi.

È un rischio che tocca anche la politica, spinta a concentrarsi su interessi privati piuttosto che porre lo sguardo su un bene comune ampio che tuteli anche quanti non entrano mai nelle decisioni.

Per il Segretario di Stato vaticano, due sono gli antidoti a questa tendenza: l’amicizia sociale e la cultuar dell’incontro.

“Ormai è chiaro a tutti – ha osservato il Cardinale - che i problemi, la ricerca di soluzioni e le aspettative di molti nostri fratelli e sorelle hanno una dimensione globale e richiedono risposte altrettanto globali”. E dunque, prosegue, “per lavorare insieme per il bene della comunità non bastano generici appelli alla pace o alla crescita economica o al bene dell’ambiente”.

Per il Cardinale va “compresa e forse ricompresa la nozione di bene comune” al fine di evitare “politiche o attività che promuovano soluzioni ‘particolari’, poiché queste possono creare esclusione o rivelarsi opportunità perse per tutti”, ed è qui che entrano in gioco amicizia sociale e cultura dell’incontro. La prima perché “è per sua natura inclusiva” e porta a pianificare anche a beneficio di altre comunità; la seconda perché è uno stile di vita, che va al di là di “sporadici atti di carità”, e che rispetta “in modo reale la dignità e la libertà di tutti”.

Il cardinale Parolin ha ricordato che l’enciclica Centesimus Annus di Giovanni Paolo II attribuiva in quel momento storico “grande importanza a valori come la democrazia e la libertà”, oggi quelle parole come democrazia, libertà, giustizia e unità “sono state piegate e modellate per servire come strumenti di dominio, come etichette prive di significato” e buone per tutte le stagioni.

Il cardinale Parolin ha messo in luce come questo indebolimento del complesso di valori è un qualcosa che interroga tutti quelli che prendono decisioni per “salvaguardare gli interessi generali”, mettendo in campo una “responsabilità” che orienta le decisioni e le risorse verso  “la piena realizzazione di tutti gli esseri umani, la loro crescita e le loro aspirazioni, sulla base della loro dignità e identità”

                                                           FOCUS EUROPA

Una delegazione del Partito Popolare Europeo in un seminario a Villa Magistrale

L’8 giugno, una delegazione del Partito Popolare Europeo è stato nella Villa Magistrale dell’Ordine di Malta, ricevuto dal Gran Maestro Fra’ John Dunlap, per partecipare ad un seminario. Il gruppo + formato da circa cento parlamentari, che hanno dibattuto su “Cristianesimo, Europa e la sua missione nel mondo”.

La delegazione è stata guidata dal presidente del Partito Popolare Europeo Manfred Weber. Sono intervenuti: il Cardinale Leonardo Sandri, vicedecano del Collegio dei Cardinali; il vescovo Mariano Crociata, presidente della Commisione delle Conferenze Episcopali dell’Unione Europea (COMECE); e monsignor Miroslaw Wachowski, sottosegretario vaticano per i Rapporti con gli Stati. A loro si è aggiunto Riccardo Paternò di Montecupo, Gran Cancelliere dell’Ordine di Malta.

È previsto anche l’intervento del ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani.

Il 9 giugno, i Parlamentari europei

La mattina seguente i Parlamentari Europei si ritroveranno all’Auditorium della Conciliazione per proseguire la sessione di lavoro ed avranno alcuni incontri in Vaticano. Non ci sarà, ovviamente, l’udienza con Papa Francesco, prevista per il 10 giugno. Papa Francesco è stato infatti ricoverato in ospedale per operarsi per una occlusione intestinale e le udienze sono state sospese almeno fino al 18 giugno.

                                               FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede a New York, la riduzione del rischi di disastri

Si chiama “Sendai Framework”, Quadro di Sendai, ha valore di 15 anni (dal 2015 al 2030) ed è la cornice di riferimento per quanto riguarda la prevenzione dei rischi di disastri. Il quadro è stato discusso il 6 giugno in un incontro di Alto Livello alle Nazioni Unite a New York.

Intervenendo al dibattito, l’arcivescovo Gabriele Caccia, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha offerto qualche considerazione riguardo la Dichiarazione Politica del Quadro che era stato appena approvato.

Prima di tutto, il nunzio ha messo in luce l’importanza di promuovere una cultura per la prevenzione dei disastri attraverso l’educazione e la formazione. In secondo luogo, l’arcivescovo Caccia ha chiesto che si dia maggiore attenzione nella risposta alle perdite materiali e non materiali delle persone e alle comunità colpite in maniera avversa dal disastro, enfatizzando il ruolo essenziale delle comunità locali e delle tradizioni religiose e culturali.

L’Osservatore della Santa Sede ha anche notato che le istituzioni cattoliche giocano spesso un ruolo cruciale nel rispondere ai disastri assistendo le persone colpite e le comunità attraverso azioni che includono la fornitura di servizi di baase come cibo, acqua, tetto e medicine, nonché attraverso la fornitura di cura spirituale e supporto.

                                               FOCUS AMERICA LATINA

Colombia, una convenzione con otto organizzazioni religiose

Il governo nazionale colombiano ha sottoscritto un accordo con otto religiose che dà loro facolàt di celebrare matrimoni con effetti civili, entrare nel sistema spirituale in quello di salute per sostegni spirituale e non essere bloccata nel momento di sviluppare i suoi culti e la sua fede. Nel 1994, fu stabilita la Legge di Stato della Libertà religiosa e di culto, mentre il primo accordo si firmò nel 1998, durante il governo di Ernesto Samper.

Questo accordo estende diritti e benefici alle entità religiose e apre la porta ad altre organizzazioni che continuano a sostenere questa iniziativa che riafferma l’impegno del governo sulla libertà religiosa.

Le religioni firmatarie dell’accordo avranno 11 facoltà: di celebrare matrimoni con effetti civili; di insegnare la religione nelle strutture educative delle religioni; di fondare, organizzare e dirigere centri di educazione a qualunque livello, inclusa la educazione campesina e rurale; potranno sottoscrivere contratti e o accordi con le istituzioni pubbliche sviluppino programmi educativi ufficiali; potranno prestare assistenza spirituale e pastorale ai membri della Forza pubblica e alle persone che entrano nei centri educativi, ospedalieri, assistenziali e carcerari; potranno entrare in tutte le istituzioni che compongono il sistema nazionale penitenziario e carcerari laddove alcuni chiedano assistenza spirituale; realizzare programmi di attenzione sociale diretti ai carcerati del Sistema Nazionale Penitenziario; prestare assistenza spirituale a tutte le persone che lo chiederanno. Viene anche garantito l’uso dello spazio pubblico adiacente ai luoghi dove si celebrano i culti, si potrà usare un luogo ecumenico destinato alla celebrazione dei culti e potranno firmare accordi o contratti con tutte le entità dello Stato che sviluppano programmi di assistenza sociale.

La nostra missione è la verità. Unisciti a noi!

La vostra donazione mensile aiuterà il nostro team a continuare a riportare la verità, con correttezza, integrità e fedeltà a Gesù Cristo e alla sua Chiesa.

Donazione a CNA