Città del Vaticano , 27 May, 2023 / 4:00 PM
Per la prima volta, la Santa Sede ha un nunzio in Oman. La nomina del nunzio, che lega la nunziatura di Muscat a quella in Egitto, concretizza l’apertura delle relazioni diplomatiche con il sultanato, allargando così la rete diplomatica della Santa Sede. Ci si aspetta che il Vietnam si unisca presto almeno a quei Paesi che ospitano un rappresentante residente della Santa Sede, allargando ulteriormente la rete diplomatica pontificia, che ad oggi è seconda solo a quella degli Stati Uniti.
L’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano dei Rapporti con gli Stati, sarà invece in Slovacchia per parlare al Globsec Forum, e nell’occasione avrà anche un bilaterale con il ministro degli Esteri di Bratislava.
Il 29 maggio, il presidente italiano Sergio Mattarella sarà ricevuto da Papa Francesco, che gli consegnerà poi il premio internazionale Paolo VI.
PRIMO PIANO
Ecco chi è il primo nunzio in Oman
È l’arcivescovo Nicholas Thevenin il primo nunzio apostolico in Oman. Con la decisione di nominare l’attuale nunzio al Cairo come nunzio in Oman, si unisce così idealmente la neo costituita nunziatura di Oman alla nunziatura di Egitto, una prassi in attesa di definire se ci sarà un ambasciatore residente della Santa Sede a Muscat o perlomeno una sede istituzionale con un attaché tutto dedicato all’Oman.
Si tratta della prima nomina da quando, nello scorso febbraio, Santa Sede e Oman hanno aperto le relazioni diplomatiche, ufficializzando una serie di contatti ad alto livello che avevano portato anche alla liberazione di padre Tom Uzhunnalil, il sacerdote salesiano rapito da terroristi nello Yemen dopo che questi avevano fatto irruzione in una casa per anziani di cui era cappellano uccidendo quasi tutte le suore.
L’arcivescovo Thevenin, francese, dopo la laurea all’ICN Business School, è entrato nella comunità di San Martino a Voltri, per diventare sacerdote nel 1989 come membro della stessa comunità incardinato nell’arcidiocesi di Genova.
Ha studiato poi nella Pontificia Accademia Ecclesiastica, ed è entrato nel servizio diplomatico dlela Santa Sede nel 1994, prestando servizio nelle rappresentanze pontificie di India, Repubblica Democratica del Congo, Belgio, Libano, Cuba e Bulgaria.
Nel 2005, ha cominciato a prestare servizio nella Segreteria di Stato, e quasi subito è stato chiamato a collaborare alla segreteria particolare dell’allora neo-nominato segretario di Stato Tarcisio Bertone.
Nel 2013, è stato nominato nunzio apostolico in Guatemala, in cui si è molto distinto nel suo lavoro per la giustizia e la promozione sociale delle popolazioni locali, mentre dal 2019 era nunzio apostolico in Egitto e delegato presso l’Organizzazione della Lega degli Stati arabi.
Gallagher in Slovacchia
L’arcivescovo Paul Richard Gallagher torna al Globsec Forum di Bratislava, dove era già stato lo scorso anno, dando un breve intervento sulla situazione in Ucraina. Tema del Forum di quest’anno, organizzato dal think tank di sicurezza omonimo, è “Una chiamata per la Soliderietà Globale e la pace”.
L’intervento di Gallagher è previsto il 29 maggio. Il 30 maggio, Gallagher incontrerà il suo omologo slovacco, il ministro per gli Affari Esteri slovacco Miroslav Wlachovský. La delegazione vaticana per il bilaterale vedrà anche la presenza dell’arcivescovo Nicola Girasoli, nunzio apostolico in Slovacchia, nonché di monsignor Jan Maria Chun Yean Choong, responsabile dell'ufficio Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali.
Il ministro degli Esteri slovacco sarà invece affiancato da Marek Lisánsky, ambasciatore di Slovacchia presso la Santa Sede.
Mattarella da Papa Francesco
È dovuta ad un malore e una febbre, che il Cardinale Parolin ha descritto come una febbre da stress, l’assenza del Papa da impegni pubblici il 26 maggio. Ma è rimasta confermata la celebrazione della Messa di Pentecoste il 28 maggio e soprattutto l’incontro con il presidente italiano Sergio Mattarella il 29 maggio.
Papa Francesco consegnerà al presidente il Premio Internazionale Paolo VI, conferito dall’Istituto Paolo VI di Brescia.
“L'attribuzione al presidente Mattarella del Premio Internazionale Paolo VI intende sottolineare come l'azione politica e il servizio al bene comune nell'esercizio delle diverse funzioni istituzionali siano uno degli ambiti significativi in cui ciò può avvenire”, aveva spiegato in una conferenza stampa in Vaticano don Angelo Maffeis, presidente dell'Istituto Paolo VI di Brescia.
FOCUS UCRAINA
Il Consiglio Mondiale delle Chiese chiede a Kirill di fermare la guerra
La scorsa settimana, una delegazione del Consiglio Mondiale delle Chiese, l’organismo che ha sede a Ginevra e che riunisce le confessioni cristiane, ha fatto visita al Patriarca di mosca Kirill. Parlando dell’incontro al sito dell’organizzazione, il rev. Jerry Pillay, segretario generale del Consiglio, ha detto che la delegazione ecumenica ha detto con forza a Kirill “che la guerra deve finire”.
Pillay ha spiegato di aver raccontato al Patriarca ciò che la delegazione aveva visto nei giorni precedenti in Ucraina, e di aver spiegato “come questa guerra sia priva di senso in termini di scopo e sia una tragica perdita di vite umane, il che è davvero inaccettabile”.
L’incontro tra il Patriarca e la delegazione del Consiglio era durato circa 2 ore e mezza. Si è parlato anche della situazione nella famiglia ortodossa, che già scricchiolava dopo lo “scisma” avvenuto a seguito del riconoscimento dell’autocefalia della Chiesa Ortodossa Ucraina, e che ora è ancora più profondamente diviso anche a causa delle posizioni che il Patriarcato di Mosca ha preso riguardo la guerra.
(La storia continua sotto)
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Per Pillay, gli ortodossi in Russia, grazie anche alla loro quantità, possono “svolgere un ruolo molto significativo e avere un’influenza assolutamente potente nel rispondere alla situazione attuale. Possono parlare contro la guerra; possono parlare a favore della pace”.
Il Consiglio Mondiale delle Chiese ha lanciato l’idea di una tavola rotonda, durante la quale si portino “le Chiese ucraine a discutere il primo giorno, la Chiesa ortodossa russa il secondo giorno e il terzo giorno di riunirle tutte per poter discutere le questioni della guerra e lavorare insieme per restaurare l’unità della famiglia ortodossa”.
Da parte ucraina, c’è stata risposta positiva, mentre Kirill si è detto preoccupato di eventuali “influenze esterne”, in particolare dagli Stati Uniti, in incontri di questo tipo.
Cosa farà il Cardinale Zuppi in Ucraina?
È della scorsa settimana la notizia che Papa Francesco ha incaricato il Cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, come suo inviato speciale in Ucraina e Russia. La notizia era arrivata un giorno dopo una dichiarazione dell’arcivescovo Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali e già nunzio in Ucraina, che sottolineava di non sapere nulla di un eventuale suo ruolo come inviato a Mosca. Ma questo ruolo sarà di Zuppi, ha detto il Cardinale Parolin intervenendo a Bologna ad una tavola rotonda per la pace. "Zuppi - ha detto il Segretario di Stato vaticano - sarà delegato per il Papa non solo a Kiev, ma anche a Mosca. Quindi dobbiamo far sentire il nostro sostegno a chi ha ricevuto un incarico così delicato."
Dettagliando ancora di più sulla missione del presidente della CEI, il Cardinale Parolin ha detto - parlando a margine della presentazione del libro a cura di monsignor Dario Edoardo Viganò “Papi e media. Redazione e ricezione dei documenti di Pio XI e Pio XII su cinema, radio e tv” - che la missione non ha "come scopo immediato la mediazione", ma piuttosto quella di "allentare le tensioni nel conflitto in Ucraina", cercando di "favorire un ambiente che possa portare a percorsi di pace".
Le notizie sull’invio di un rappresentante del Papa si erano susseguite da quando Papa Francesco aveva annunciato una missione riservata per la pace in Ucraina, missione smentita sia da parte russa che ucraina, eppure ribadita più volte dallo stesso Cardinale Parolin, segretario di Stato vaticano.
Ancora non sono state definite le modalità della missione. Il vaticanista Sandro Magister ha notato che il Cardinale Zuppi è membro della Comunità di Sant’Egidio, e che proprio Andrea Riccardi, fondatore di Sant’Egidio, ha avuto posizioni non propriamente filo-ucraine riguardo la guerra, schierandosi prima di tutto perché Kyiv fosse dichiarata “città aperta” (stesso appello fece per Aleppo), e poi organizzò un corteo pacifista il 5 novembre in cui chiese un cessate il fuoco.
Sempre Magister nota che la posizione di un cessate il fuoco immediato è distante da quella dell’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, che è stato in Ucraina e che più volte ha sostenuto la necessità di una difesa armata (ma proporzionata), pur con tutta la prudenza diplomatica della Santa Sede, che ha chiesto più volte soluzioni creative e che da subito ha messo in guardia da una escalation.
Il Papa avrebbe dunque prediletto la diplomazia parallela di Sant’Egidio, che portò tra l’altro all’accordo di pace in Mozambico, di cui Zuppi fu mediatore, ma che è risultata problematica in altre regioni del mondo.
La missione del Cardinale Zuppi ha comunque ricevuto una sorta di endorsement da parte del Cremlino. Un portavoce del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, parlando all’agenzia di Stato Ria Novosti, ha infatti fatto sapere che Mosca valuta “positivamente l’iniziativa di pace del Vaticano”, sebbene finora la Santa Sede non abbia “preso iniziative per il viaggio di un emissario in Russia.
Il ministero degli Esteri ha sottolineato di prendere atto “del sincero desiderio della Santa Sede di promuovere il processo di pace”, aggiungendo che “qualsiasi sforzo in questa direzione avrà senso solo sei terrà conto della ben nota posizione di principio della Russia su possibili negoziati di pace”.
Il ministero degli Esteri ha anche voluto rimarcare che finora Kyiv “rifiuta ancora categoricamente la possibilità di negoziati con Mosca e si affida alla guerra”.
COMECE, un incontro al Parlamento Europeo per parlare della crisi in Ucraina
Lo scorso 25 maggio, la Commissione delle Conferenze Episcopali Europee in Unione Europea (COMECE) ha riunito rappresentanti delle Chiese, legislatori dell’Unione Europea ed attori della società civile al Parlamento Europeo di Bruxelles per discutere della guerra in Ucraina e delle continue sfide alla sicurezza nel lato Est dell’Europa. L’incontro era stato organizzato dal parlamentare europeo Miriam Lexmann.
Tra i partecipanti, c’erano membri della Commissione COMECE sulle Relazioni Esterne dell’Unione Europea. Il vescovo Jan Vokál di Hradec Králové (Repubblica Ceca) è stato chiamato da poco a presiedere la commissione. Nel suo discorso, Vokál ha sostenuto che “l’ingiusta e inumana aggressione militare della Federazione Russa contro l’Ucraina non ha solo portato orribile sofferenza alla popolazione innocente dell’Ucraina, ma ha anche scosso l’intera architettura di sicurezza in Europa e oltre”.
Il vescovo Vokál ha anche chiesto l’elaborazione di una “Strategia di Pace Europea”, chiedendo all’Unione Europea di offrire “una rinnovata visione strategica per la stabilità, la giustizia e la pace, basata sulla base di forti valori e con rispetto per la dignità umana”.
Alla tavola rotonda è internuta anche padre Ihor Shaban, capo della Commissione Greco Cattolica per il Dialogo Interreligioso e gli Affari Ecumenici, che ha espresso gratitudine per gli sforzi di solidarietà con l’Ucraina e la sua popolazione sofferente, e chiesto che questo supporto continui con una politica comune.
A margine dell’evento, la COMECE ha facilitato una serie di incontri bilaterali tra il reverendo Shaban e rappresentanti della Commissione Europea e dello European External Action Service, in pratica il “ministero degli Esteri” della commissione europea.
Secondo un comunicato delle COMECE, questi incontri di dialogo “sono stati una opportunità di presentare di prima mano l’informazione riguardo la situazione sul territorio, e di scambiare vedute su modi concreti di supporto all’Unione Europea.
FOCUS ASIA
Santa Sede e Cina, quali sviluppi?
Il 24 maggio si è tenuta, come di consueto, la giornata di preghiera per i cattolici cinesi, stabilita da Benedetto XVI nel giorno di Santa Maria Ausiliatrice, venerata nel santuario cinese di Sheshan.
All’udienza generale, Papa Francesco ha assicurato il ricordo ed espresso vicinanza “ai nostri fratelli e sorelle in Cina, condividendo le loro gioie e speranze”, lanciando un pensiero speciale “a tutti coloro che soffrono, pastori e fedeli, affinché nella comunione e nella solidarietà della Chiesa Universale possano sperimentare consolazione e incoraggiamento”.
Inoltre, il Papa aveva invitato tutti affinché “la Buona Novella di Cristo crocifisso e risorto possa essere annunciata nella sua pienezza, bellezza e libertà, portando frutti per il bene della Chiesa Cattolica e di tutta la società cinese”.
Era un messaggio denso di riferimenti, a partire dalla richiesta di libertà religiosa contenuta nella richiesta di poter annunciare la Buona Novella “nella sua pienezza, bellezza e libertà”. Questo significa anche poter annunciare il Vangelo al di là delle strette maglie delle sinicizzazione delle religioni promossa dal governo di Pechino.
Non casuale nemmeno il pensiero a quanti soffrono, perché molti cinesi non riescono a condividere la situazione che si è creata con l’accordo segreto sulla nomina dei vescovi tra Santa Sede e Cina, rinnovato già due volte, che ha portato anche a pressioni da parte di Pechino perché i sacerdoti aderissero alla Associazione Patriottica, l’organismo del governo cinese che raggruppa i vescovi.
Sono state solo sei le nomine episcopali compiute dalla stipula dell’accordo nel 2018, mentre recentemente sono arrivati due “schiaffi” dalla Cina: l’installazione, lo scorso 24 novembre, del vescovo John Peng Weizhan come ausiliare di Jianxi, diocesi che non è riconosciuta dalla Santa Sede, e poi il 4 aprile 2023 il trasferimento, deciso da Pechino ma non dalla Santa Sede, del vescovo Joseph Shen Bin dalla diocesi di Haimen a quella di Shanghai, laddove da anni un ausiliare, Taddeo Ma Daqin, è agli arresti domiciliari, impossibilitato persino ad uscire”.
Alcuni hanno interpretato quest’ultima decisione come una incomprensione, anche perché non si tratta di nomina ma di trasferimento. Resta però il punto: anche la nomina di un vescovo a nuova diocesi va decisa dal Papa, e non può essere decisa a livello amministrativo.
Non solo Shen Bin è presidente dell’organizzazione dei vescovi vicini al governo comunista, ma è anche vicepresidente della Conferenza politica consultiva del popolo cinese, l’organo con oltre duemila delegati chiamato ad approvare le decisioni del presidente Xi Jinping e dalla leadership del partito, ed è anche il capo del Consiglio dei vescovi cinesi, la pseudoconferenza episcopale mai legittimata da Roma che designa ogni nuovo vescovo nei termini dell’accordo segreto del 2018, lasciando al papa solo di approvarlo o no.
FOCUS MEDIO ORIENTE
Bahrein, incontro del ministro per gli Affari islamici con il Comitato per il Dialogo islamo – cristiano
A margine del primo incontro svolto in Bahrein dal Comitato per il Dialogo Islamo-Cristiano, Nawaf bin Mohammed al Maawda ha ricevuto i membri del Comitato, portando ai membri del comitato i saluti del re Hamad bin Isa al Khalifa e del principe ereditario e primo ministro Salman bin Hamad Al Khalifa.
Il Bahrein ha ricevuto Papa Francesco nel novembre 2022, e sta portando da tempo avanti un programma di dialogo interreligioso e tolleranza verso le altre religioni. In Bahrein sorge anche la cattedrale di Nostra Signora di Arabia, a lungo il sogno del vescovo dell’Amministrazione Apostolica dell’Arabia Meridionale Camillo Ballin, scomparso nel 2020.
Il comitato è composto da membri vaticani e membri del Consiglio per gli anziani. Al Maawda ha lodato gli sforzi dello sceicco Abdul Rahman bin Mohammed bin Rashid al Khalifa, presidente del Supremo Consiglio per gli Affari Islamici, per la promozione del dialogo interfede.
Il ministro ha anche sottolineato l’impegno del Bahrein per supportare sforzi ed iniziative con lo scopo di promuovere il dialogo tra le fedi e a costruire ponti di comunicazione tra diversi popoli e culture, contribuendo così al consolidamento dei principi e valori della coesistenza umana, sostenendo lo spirito di tolleranza e diffondendo la pace.
Il Comitato Permanente di Dialogo Islamo cristiano è stato stabilito a seguito di un protocollo di intesa tra il Consiglio degli Anziani, basato ad Abu Dhabi, e il dicastero per il Dialogo Interreligioso, ed è uno dei risultati del Bahrain Forum for Dialogue: East and West for Human Coexistence. Il Forum era stato ospitato dal re del Bahrein in occasione della visita in Bahrein di Papa Francesco e del Grande Imam di al Azhar Imam Ahmed el-Tayyeb, che presiede il Consiglio.
Gallagher incontra i genitori di un giovane israeliano i cui resti sono nelle mani di Hamas
Simha e Leah Goldin, genitori di Hadar Goldin, i cui resti sono nelle mani di Hamas, sono stati in Vaticano la scorsa settimana, accompagnati dall’ambasciatore di Israele presso la Santa Sede Rafael Schutz e dall’ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede Joseph Donnelly.
I due hanno avuto un incontro con l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati. Il 21 dicembre 2022, insieme ai membri di altre tre famiglie israeliane i cui figli sono state vittime di Hamas, erano stati ricevuti da Papa Francesco.
Hadar Goldin, tenente dell’Esercito israeliano, aveva 23 anni quando, l’1 agosto 2014, fu sequestrato e successivamente ucciso soltanto due ore dopo che Hamas aveva accettato un cessate il fuoco in conseguenza dell’operazione militare Protective Edge lanciata dalle forze di difesa dello Stato ebraico.
Hamas continua a detenere il corpo di Hadar, così come i resti di Oron Shaul, un altro militare israeliano caduto nel corso della operazione Protective Edge. Il Papa aveva promesso, incontrando le famiglie dei militari al termine dell’udienza generale dello scorso 22 dicembre, di attivarsi per la restituzione dei loro corpi.
Sven Koopmans in Vaticano
Sven Koopmans, commissario dell’Unione Europea per la Terrasanta, ha incontrato lo scorso 26 maggio in Vaticano l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli stati. Ne ha dato notizia lo stesso commissario in un tweet, in cui ha spiegato che l’incontro ha avuto luogo “per discutere lo status quo dei Luoghi Santi e i possibili contributi religiosi ad una pace globale”.
Lo status quo si riferisce alla gestione dei Luoghi Sacri in Terrasanta, con particolare riferimento alla gestione dei santuari della Basilica del Santo Sepolcro, della Basilica della Natività a Betlemme e della tomba della Vergine Maria e Gerusalemme.
La vita di questi santuari è inseparabile dalla situazione politica della Terrasanta, situazione che ha portato lentamente allo status quo odierno. Durante il XVII e XVIII secolo, infatti, la Chiesa Greco Ortodossa e le Chiese cattolica sono sempre stati in lotta per la gestione di una serie di santuari, e in particolare per quelli del Santo Sepolcro, della Tomba di Maria e della grotta della natività”.
Al termine di questo periodo, si è arrivati alla situazione esistente, con una dichiarazione ufficiale del 1852, che determina i soggetti proprietari dei luoghi santi e dei luoghi all’interno dei santuari, estende tempi e durate delle funzioni, dei movimenti e dei percorsi all’interno dei santuari, in un regolamento che coinvolge le comunità Cattoliche o di rito latino, Greche, Armene, Copte e Siriache.
Libano, il ministro degli Affari Esteri in Vaticano
Abdallah Bouh Habib, ministro ad interim degli Affari Esteri e degli Emigranti, ha iniziato lo scorso 23 maggio una visita a Roma con un incontro in Vaticano con Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano.
Il ministero degli Esteri di Beirut ha riferito che le discussioni si sono concentrate sulla situazione attuale e sugli sviluppi in Medio Oriente, nonché sulla crisi della vacanza presidenziale in Libano e su come risolverla. Il ministro ha incontrato anche l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri” vaticano, con il quale anche ha discusso dei temi della regione e del Libano.
Papa Francesco avrebbe voluto visitare il Libano lo scorso giugno, ma il viaggio – mai annunciato ufficialmente, ma la cui preparazione era stata ammessa dallo stesso Papa – non ha avuto luogo proprio per l’instabilità nella regione. A settembre 2020, in occasione di una giornata di preghiera per la pace in Libano e Medio Oriente proclamata da Papa Francesco, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, era stato inviato speciale del Papa nel Paese, dove aveva avuto diversi colloqui per l’autorità.
Il Libano è uno dei luoghi cui la Santa Sede guarda con più interesse, tanto che l’arcivescovo Gallagher, in uno degli incontri periodici che ha avuto con gli ambasciatori dell’Unione Europea lo scorso anno, ha chiesto cosa fossero i loro governi disposti a fare per il Libano.
FOCUS AMERICA LATINA
Nicaragua, altri due sacerdoti arrestati
Due sacerdoti cattolici che prestano servizio nel Nord del Nicaragua sono stati arrestati dalla polizia durante l’ultima settimana, e sono ora sotto indagine delle autorità, ha denunciato lo scorso martedì la diocesi di Estelì. I due arresti si aggiungono a diversi altri episodi di attacco alla Chiesa cattolica, il più eclatante dei quali è l’arresto e detenzione del vescovo di Matagalpa Rolando Álvarez, tuttora detenuto.
I due sacerdoti arrestati sono Eugenio Rodríguez Benavides, parroco della chiesa della Divina Provvidenza di Jalapa, e Leonardo Guevara, parroco della cattedrale di Estelì. Padre Rodriguez è stato arrestato il 20 maggio, mentre padre Guevara il 22 maggio, sottolinea un comunicato della diocesi.
Lo stesso comunicato sottolinea che i due sacerdoti furono portati dalla polizia di Managua in “una delle case di formazione della Chiesa”, mentre sono sotto indagini “riguardo affari amministrativi della soppressa Caritas diocesana di Estelì”.
La diocesi sottolinea che i due “sono in salute, però agli ordini delle autorità”. La Caritas di Estelì fu chiusa il 2 febbraio 2022 su ordine del ministero del Governo del Nicaragua a causa di un presunto non compimento delle funzioni. Lo stesso argomento è stato utilizzato per chiudere quasi 3500 associazioni senza fine di lucro, sciolte a seguito delle proteste sociali che hanno colpito il Paese nell’aprile 2018. Altre otto filiali Caritas erano state chiuse del Paese.
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